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“Il prezzo non è giusto”. Gli azionisti frenano l’ondata di delisting

MILANO – In tempi di crisi anche le offerte finalizzate al delisting di Astm, Carraro, Cerved, Creval e Guala Closures stentano a decollare, perché gli investitori vogliono premi più generosi. L’ondata di delisting a Piazza Affari, cioè di operazioni volte a togliere una società dalla Borsa, è partita negli ultimi mesi approfittando di denaro a sconto e corsi azionari depressi, ma i grandi fondi non sono disposti a fare sconti.

La famiglia Gavio insieme al fondo Ardian ha deciso di ritirare l’azienda di concessioni autostradali e costruzioni Astm proponendo un’Opa a 25,6 euro per azione, con un premio del 28,8% rispetto all’ultimo prezzo e del 36,3% rispetto alla media degli ultimi sei mesi.

Il premio, generoso rispetto a un business colpito dalla pandemia, non lo è in valore assoluto o almeno non per Lazard (al 5,5% del capitale) che ha fatto sapere che non accetterà l’offerta. Gavio e Ardian, avendo già due terzi del capitale, potrebbero arrivare al ritiro forzoso attraverso una fusione tra il veicolo che lancia l’offerta e l’azienda quotata, ma il prezzo di Borsa – che dal 22 febbraio è rimasto sopra quello dell’offerta – sta a dimostrare che i fondi scommettono in un ritocco all’insù.

Chi non potrà invece ritirare Guala Closures dal mercato, salvo alzare ancora l’offerta, è la Investindustrial di Andrea Bonomi. Il fondo di private equity nel 2020 aveva promosso un’Opa parziale a 6 euro per azione e a dicembre, dopo aver raggiunto il 50,1% della società dei tappi per alcolici e vini, ha promosso un’offerta obbligatoria a 8,2 euro per azione.

Peccato che in questi giorni, mentre partiva l’offerta, il fondo Peninsula (padrone del 9%) si è messo insieme con il management (che controlla il 14% del capitale e il 24,2% dei diritti di voto), arrivando ad avere il 33% che blocca il ritiro forzoso del gruppo a Piazza Affari.

Lunedì 29 marzo la famiglia Carraro ha lanciato un’Opa finalizzata al delisting sull’omonima azienda che produce sistemi di trasmissione per macchine agricole e di movimento. L’offerta di 2,4 euro per azione sul 26,76% del capitale rappresentava un premio dell’1,27% sull’ultima quotazione, dell’11,88% sull’ultimo mese e del 38,69% sull’ultimo anno. Ma il fondo Albemarle Asset Management, che di Carraro ha l’1%, ha replicato che l’offerta è troppo bassa.

Il caso di Cerved, provider di informazioni commerciali e finanziarie, è leggermente diverso perché la Ion Investment, che fa capo ad Andrea Pignataro, insieme al fondo Fsi, partecipato da Cdp e guidato da Maurizio Tamagnini, ha lanciato un’offerta pubblica sul 100% del capitale. Il prezzo offerto è di 9,5 euro per azione: il 20% in più rispetto agli ultimi valori di mercato e il 43% rispetto alla media dei dodici mesi precedenti.

Ma l’offerta che a prima vista pareva generosa potrebbe non avere successo perché un po’ di fondi (tra cui Morgan Stanley che per conto terzi ha rilevato il 5,4%) sarebbero pronti a battere cassa: secondo gli analisti Cerved senza la divisione Npl – per cui c’era già una trattativa avanzata con Centerbridge – può valere di più.

Anche Isagro, specializzata in prodotti chimici per l’agricoltura, punta al delisting, ma con un premio del 118% rispetto agli ultimi valori di mercato difficilmente incontrerà resistenze. Chissà invece se sulla piccola Panaria qualcuno si farà sentire. Il socio dell’azienda di ceramiche, la Finpanaria (69,3%) della famiglia Mussini, ha lanciato un’Opa a 1,85 euro con un premio pari al 20,8% rispetto all’ultimo valore di Borsa (e del 71,1% sulla media degli ultimi sei mesi).

Nel 2020 la famiglia Zanetti per il delisting della società del caffè Segafredo ha dovuto fare un rilancio del 10% sull’offerta iniziale (passando da 5 a 5,5 euro). Per ritirare Ubi dal mercato con un’offerta tutta in carta, Intesa Sanpaolo ha aggiunto in zona Cesarini un premio in cash del 27% sull’offerta iniziale.

Con questa idea in testa il consiglio di amministrazione di Creval, supportato da alcuni azionisti di peso, ha detto che l’Opa del Credit Agricole non rende giustizia all’istituto di Sondrio. E vero però che quando la banca francese ha offerto 10,85 euro per azione il titolo ne valeva circa la metà, ovvero 6,8 euro.



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