Il sangue di Amarena l’orsa-star dell’Abruzzo uccisa da un allevatore:“Ho fatto una scemenza”

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SAN BENEDETTO DEI MARSI (L’Aquila) — Un colpo di fucile, uno solo, e l’orsa dal pelo grigio scuro, piuttosto grande per la razza, alza un verso al cielo. Si accascia. Prova a rizzarsi sulle zampe posteriori, crolla. Tenta di allontanarsi dal retro di Villa Leombruni, un cascinale casa-lavoro non ancora finito dove si producono salami e porchette. Lì vive con moglie e figlia il titolare, Andrea Leombruni, 56 anni, cacciatore, cercatore di tartufi. Ha sparato lui.

Foto dell'orsa Amarena ormai morta, pubblicata dal Parco Nazionale d'Abruzzo Lazio e Molise sul suo profilo Facebook

L’orsa Amarena arriva, ormai strisciando, al cancello elettrico dell’ingresso e lì si spegne, con un buco nel ventre. Intorno all’animale più famoso del Parco dell’Abruzzo, Amarena che amava le ciliegie, ci sono i due cuccioli, sei mesi a testa. Incapaci di avvicinarsi alla mamma agonizzante, incapaci di scappare. Sì, il signor Leombruni era sceso alle undici di giovedì sera dal primo piano di casa, il fucile carico. Quando, esploso il colpo, ha visto alle spalle le due guardie del Parco dell’Abruzzo, da ore sulle tracce dell’orsa, ha scosso la testa: «Ho fatto una cazzata».

Abruzzo, l’orsa Amarena sbuca da un vicolo con i cuccioli: cerca cibo in paese tra i turisti

I marsicani più audaci, dei settanta autoctoni del Parco dell’Abruzzo, in questa stagione scendono dal Monte Argatone perché assetati: devono prepararsi all’ibernazione invernale. «Con la fine di agosto le chiamate di allarme si sono moltiplicate», dice Luciano Sammarone, direttore della struttura nata nel 1923. Una pattuglia di guardiaparco nella giornata di giovedì si era spostata proprio verso San Benedetto, la frazione più depressa dell’area rurale cresciuta intorno a Pescina. In quel largo insediamento agricolo-artigianale, campi di mais e laboratori con il tetto sfondato, l’orsa Amarena stava lasciando i segni: recinzioni divelte, latrati di cani alla catena. L’ultimo testimone racconta: «L’ho vista all’ingresso della città alle 22 e 15 e ho telefonato ai carabinieri. Era impaurita e le ho lasciato attraversare la strada, i due cuccioli sempre dietro. È entrata in un giardino privato e ho sentito i proprietari uscire di casa e salire in auto: hanno iniziato a suonare i clacson, le hanno sparato gli abbaglianti in faccia. Si stava avvicinando al loro pollaio».

L’orsa Amarena e i suoi cuccioli mangiano le ciliegie a Villalago e il sindaco chiude la strada. Oipa: “Fugatti prenda esempio dal Parco Nazionale d’Abruzzo”

La prima dissuasione allontana Amarena, ma un cammino incerto conduce il piccolo branco verso la casa dei Fratelli Leombruni, “Trasformazione carni”. Mamma orsa entra dal retro e punta le galline, stipate dentro un furgone senza ruote riattato abusivamente a pollaio. Lo starnazzare, e i cani, richiamano Andrea, che prende il fucile, lo carica — in questa fase di fermo caccia, arma e proiettili dovrebbero essere separati e lontani —, scende in cortile, mira, colpisce. «Era entrata nella mia proprietà, ho avuto paura», dirà ai carabinieri forestali. La lunga preparazione fa ipotizzare, piuttosto, una reazione rabbiosa e meditata.

Uccisa a fucilate l’orsa Amarena in Abruzzo. Identificato chi ha sparato: “L’ho fatto per paura”. L’ira del Parco: “Non siamo affatto modello”

Il vicino di attività, Vincenzo Di Genova, lui carrozziere, conferma il curriculum senza macchia dello sparatore: «È una persona precisa, un lavoratore organizzato. Non si può parlare di un violento». Ottavio Di Genova, il cognome è diffuso, chiede la parola e racconta: «Gli orsi sono entrati anche nel mio orto, quell’uomo ha fatto bene a difendersi con il fucile».

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A San Benedetto dei Marsi, che è insieme una periferia del parco, lontano dieci chilometri, e una provincia periferica dell’Abruzzo, gli orsi marsicani non sono di casa. «Ho 66 anni e non ne ho mai visto uno», dice Camillo Ranieri, impiegato in Comune. Individua, così, due strade per la spiegazione di un gesto: la novità spaventa, uno. E, due, a San Sebastiano dei Marsi, venti chilometri da qui, dove quattro giorni fa Amarena scendeva le scalinate del paese protetta dagli uomini e dai bambini, la convivenza con l’animale simbolo è diffusa e sincera. Qui no. Il presidente del Parco, Sammarone, è duro: «Quello sparo è un atto di una gravità incredibile. L’orsa Amarena era prolifica, in due cucciolate aveva fatto sei piccoli. Uno, Juan Carrito, è morto investito nella galleria di Roccaraso. Se sei spaventato non scendi da casa con il fucile, in quella casa ti ci chiudi. Temo per i due cuccioli, non hanno l’esperienza per sopravvivere». Ci sono dodici uomini a cercarli, stanno usando anche i droni.

Le idee

Orsa Amarena, stanno uccidendo un Paese. Non un animale

Dal 1970 al 2022 nel Parco dell’Abruzzo sono morti 132 orsi, solo un quinto per cause naturali. «Non ho mai parlato di un’area modello», dice il direttore, «la convivenza tra gli abruzzesi e gli orsi è diffusa, non universale. E resta complessa». Andrea Leombruni ora è accusato di aver ucciso un animale senza giusta causa.

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