MILANO —Inizia il ponte di Ferragosto e il silenzio vacanziero invade i palazzi del potere e degli affari: ma il dossier Telecom resta spalancato. Trovare i miliardi, specie d’estate, non è mai agevole, specie se ne servono una decina, da investire in un settore che soffre da anni, e spalmati su due aziende rivali nella rete fissa (l’altra è Open Fiber, dove via Cdp il Tesoro ha il 60%).
Tale è l’ordine della cifra che gli addetti ai lavori stimano serva per rilanciare i due marchi, a cui serve finanza fresca per ridurre l’indebitamento, sostituire i vecchi cavi in rame o posare la fibra, incentivare altri esodi, e nel caso di Telecom scorporare la rete.
La quadratura va trovata in quaranta giorni, perché il 25 settembre c’è il cda di Open Fiber, per ricevere aiuti sonanti dal governo sui bandi del Pnrr e così rifinanziare i debiti bancari che vessano la società. Entro fine settembre, invece, dovrà riunirsi il cda di Tim, per discutere l’offerta di Kkr, che diventerà vincolante. Per questo i “lavori” riprenderanno molto prima: e secondo alcune fonti già dopo la pausa ferragostana potrebbe entrare nell’agenda del governo un incontro con Yannick Bolloré, erede della dinastia bretone che tramite Vivendi ha una storica minoranza di blocco, al 23,75% di Telecom.
I soci francesi, sempre contrari a scorporare la rete, cercano soluzioni soft che al limite consentano di farlo senza depauperare l’ex monopolista delle tlc, da anni in cattive acque.
La scelta del Mef, di firmare l’accordo per investire fino a 2,6 miliardi per entrare al 20% nella futura società che acquisirà la rete fissa delle tcl è un segnale di sostegno, finanziario ma più ancora politico, al fondo Usa Kkr, che ha offerto 21 miliardi, elevabili a 23, per rilevarla. Ma firmare una carta, non significa appianare una matassa aziendale che da 20 anni tormenta ogni governo italiano in carica.
La firma con Kkr appare tra l’altro come l’ennesima sconfessione governativa alla strategia avviata nel 2017 dalla Cdp (di cui il Tesoro ha la maggioranza) sulla rete rivale di Open Fiber. Quei cavi sono già costati al Tesoro oltre 2 miliardi in conto capitale: e Cdp è anche socio in Telecom, con quasi un miliardo per il 9,8%. Solo che Of, come e peggio di Telecom, ha seri problemi a far quadrare i conti degli investimenti nella fibra, dato che gli italiani continuano a non usarla.
Risulta che i vertici della Cassa, insediati dal governo Draghi nel 2021, fossero del tutto all’oscuro dell’alleanza siglata giovedì tra Tesoro e Kkr. Un altro sintomo anche della scarsa fiducia nel governo verso il management della Cdp, il cui rinnovo si annuncia complesso tra nove mesi. Tra l’altro, la Cassa potrebbe entrare tra gli investitori della società della rete scorporata, insieme a F2i, con quote minoritarie accanto al Mef.
Logico che il garbuglio telefonico inquieti le più alte istituzioni del Paese. Non escluso il Quirinale: anche se ieri l’ufficio stampa della presidenza della Repubblica ha definito «totalmente infondate» le indiscrezioni della vigilia secondo cui il presidente Sergio Mattarella avrebbe raccomandato all’esecutivo prudenza sulla vicenda.
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