Il trapper Baby Gang resta in carcere, il giudice: “L’uso di cannabis non causa dipendenza, non servono i domiciliari”

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Baby Gang non è tossicodipendente e quindi deve rimanere in carcere. A deciderlo è stato il gip Guido Salvini secondo il quale l’uso di “cannabinoidi” in questo caso non è “qualificabile come dipendenza in senso stretto ma piuttosto espressione di uno stile di vita” comune “all’enorme maggioranza di coloro che fanno parte del mondo dei trapper o frequentano luoghi di incontro come corso Como” e allo stesso modo il “consumo di alcol” è “uso voluttuario” per “momenti di incontro o di esibizione musicale”.

Guerra dei trapper, Baby gang e i suoi “si muovono come una banda che si fa giustizia da sola”. Ecco perché restano in carcere

Il gip ha respinto una richiesta di arresti domiciliari presentata dalla difesa di Zaccaria Mouhib, più noto come Baby Gang, finito in carcere lo scorso ottobre con altri tra cui il rapper Simba la Rue (ora ai domiciliari), per la sparatoria avvenuta tra il 2 e il 3 luglio in via di Tocqueville, vicino corso Como, zona della movida milanese, durante la quale due senegalesi erano stati gambizzati.

Il legale del giovane, l’avvocato Niccolò Vecchioni, aveva chiesto che fosse collocato ai domiciliari presso una comunità per “affrontare i problemi relativi all’abuso di sostanze”. Per il giudice, però, agli atti non ci sono relazioni su “alcun consumo problematico di sostanze psicotrope” da parte del trapper. Secondo il legale, è un “provvedimento fortemente criticabile perché nega il diritto di cura ad un 21enne e sminuisce la sua condizione patologica, assumendo che l’uso di droga e alcol sarebbe un fatto ordinario da parte di un rapper e quindi che si tratta di una situazione non meritevole di alcun intervento terapeutico”.

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Per l’avvocato, “il giudice individua come motivo della necessità del mantenimento in carcere il fatto che il mio assistito rappresenterebbe un modello negativo per il suo pubblico, avendo sfruttato i proprio comportamenti illegali per costruire il suo successo come artista, senza considerare che si discute di un soggetto sostanzialmente incensurato che ha avviato un serio percorso di revisione critica del proprio stile di vita”.

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