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In Italia arriverà il 13% degli ucraini in fuga. Ecco il piano dell’Ue per la crisi

BRUXELLES – Redistribuzione dei profughi, riconoscimento dello status di paese a rischio per l’Ucraina, facilitazioni per le procedure di espatrio e un altro stanziamento per affrontare l’emergenza. Ecco il piano che l’Europa sta preparando per gestire la prevedibile ondata di ucraini in fuga dalla guerra.

Oggi ne discuteranno i ministri degli Interni dell’Ue convocati a Bruxelles proprio per mettere in piedi una struttura iniziale che possa amministrare l’esodo già in corso dal Paese sotto attacco.

Il primo passo allora sarà di prevedere aiuti e erogare una prima somma a favore degli Stati limitrofi: Polonia, Ungheria, Slovacchia e Romania. Il secondo sarà quello di capire quanti effettivamente saranno i profughi. Le stime attuali arrivano a 200 mila, ma è evidente che cresceranno ulteriormente nei prossimi giorni. L’ambasciatrice Usa all’Onu aveva parlato nei giorni scorsi di 5 milioni.

Il terzo passo sarà forse quello decisivo: verificare che tutti i 27 si dichiarino ufficialmente disponibili all’accoglienza. L’Italia, ad esempio, ha già fatto sapere di essere pronta. E non potrebbe essere altrimenti visto che nel braccio di ferro sui migranti che partono dall’Africa aveva sempre esortato gli alleati alla solidarietà a differenza di altre capitali adesso coinvolte nella crisi come Varsavia e Budapest.

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Se comunque la risposta sarà unanime – come molti prevedono – allora scatterà un meccanismo di redistribuzione paritaria tra i 27. La regola sarà quella di assegnare la stessa quota fissata dal Bilancio europeo. Ad esempio: l’Italia riceve il 13 per cento dei fondi iscritti nel bilancio comunitario e accoglierà il 13 per cento degli ucraini in fuga. Questo criterio comporterà, però, una serie di camere di compensazione. Molti di quelli che scappano dalle bombe russe, infatti, cercheranno di ricongiungersi con i familiari già espatriati e che lavorano in altri paesi dell’Unione. Dentro la quota, allora, saranno compresi anche quelli che chiederanno il ricongiungimento. Solo in Italia ci sono 248 mila ucraini.

Tutto questo ha bisogno di snellire e modificare le procedure burocratiche. A cominciare dall’inserimento dell’Ucraina nella lista dei paesi a rischio per consentire ai suoi cittadini di essere riconosciuti come rifugiati in maniera pressoché automatica.

Questo piano potrebbe subire delle variazioni se oggi, al Consiglio europeo dei ministri degli Interni, ci fosse un solo membro dell’Unione che si dichiara contrario all’accoglienza. Allora, a quel punto, le quote redistributive saranno volontarie e stabilite con una scelta “politica”.

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Va considerato un altro aspetto: molti degli ucraini in fuga che non hanno familiari già espatriati in altri Paesi europei, chiederanno o comunque proveranno a rimanere nelle terre di confine per poi tornare il prima possibile a casa. Ossia in Romania, Ungheria, Slovacchia, Polonia e Moldavia. Alcuni degli aiuti saranno diretti anche Chisinau sebbene non faccia parte dell’Ue.

La Commissione europea è pronta ad effettuare delle variazioni nel bilancio per stanziare una cifra corposa per questa ennesima crisi migratoria. In queste ore si parla di una cifra che si dovrebbe attestare sul miliardo di euro. Il tutto va accompagnato con un controllo ulteriore delle frontiere. Per evitare ingressi indesiderati (condannati in fuga dalla carceri) e infiltrazioni (terroristi o spie).

Questa vicenda, però, sta aprendo un capitolo nuovo sull’annosa questione migranti. Dopo il caso Bielorussia, di nuovo i Paesi che più si erano opposti ad una gestione solidale dei flussi migratori dal sud, chiedono il sostegno dei partner comunitari. Una situazione che potrebbe sbloccare il Patto su migranti e asilo fermo da oltre un anno. Accompagnandolo con una revisione del trattato di Schengen sulla libera circolazione.



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