In attesa dell’ultimo capitolo che conclude la saga dell’archeologo eroe i segreti e i dietro le quinte di quarant’anni di cinema d’avventura. Questa sera al festival di Cannes sfila sulla Montée de Marche il cast al completo di Indiana Jones e il richiamo del destino: Harrison Ford che a 80 anni potrà dire addio al suo amico Indy non ha nessuna intenzione di ritirarsi, la “figlioccia” Phoebe Waller-Bridge, Antonio Banderas, Mads Mikkelsen, il regista James Mangold sulle note – naturalmente – del maestro John Williams che tanto ha contribuito al successo della saga con la sua colonna sonora fin dal primo titolo I predatori dell’arca perduta nel 1981.
Aspettando che il film arrivi anche nelle sale italiane dal 28 giugno tutti e quattro i capitoli della saga saranno disponibili dal 31 maggio su Disney+. Per arrivare preparati ecco dieci cose sul franchise che (forse) non sapevate.
Indiana Jones e il Quadrante del Destino, a Cannes e poi in sala l’ultima avventura di Harrison Ford
1. Indiana Jones ha due papà: George Lucas e Steven Spielberg
L’idea per una saga che modernizzasse i film d’avventura in serie è venuta a George Lucas negli anni Settanta. Voleva portare sul grande schermo un eroe come quelli con cui era cresciuto e una nuova mitologia; insieme allo sceneggiatore Philip Kaufman scrisse una storia che aveva al centro la mitica Arca dell’Alleanza e un archeologo alla ricerca di manufatti con poteri sovrannaturali. Lucas in vacanza su una spiaggia hawaiana con l’amico Steven Spielberg (e alle prese con un film che lo appassionava ancora di più, Guerre stellari) che gli confidò che sognava di dirigere un film di James Bond. Lucas gli disse: “Ho di meglio! I predatori dell’arca perduta” e Spielberg: “Facciamolo!”.
2. Chi ha battezzato Indiana Jones
I riferimenti culturali per creare il protagonista furono molti: un personaggio storico come l’archeologo americano Hiram Bingham (a lui si deve la scoperta della città inca di Machu Picchu), ma ma anche Roy Chapman Andrews (che divenne direttore del museo di Storia naturale) e Sir Leonard Woolley (archeologo celebre per i suoi scavi in Mesopotamia). Poi quelli cinematografici: i film di Clint Eastwood e una pellicola francese L’homme de Rio, diretta da Philippe de Broca e il cui ruolo principale, quello di un soldato a Parigi, era interpretato dall’attore Jean-Paul Belmondo, un film che Spielberg aveva amato molto. La scelta del nome del protagonista fu invece un po’ più casuale: il nome Indiana (soprannome di Henry) viene da cane di razza alaskan malamute di George Lucas (nel terzo film si scoprirà che anche il cane del dottor Jones si chiamava Indiana) ma inizialmente il cognome sarebbe stato Smith. Smith però a Spielberg non piaceva e Lucas disse: “Chiamalo Indiana Jones o come ti pare, il film è tuo ora”.
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3. Il casting di Harrison Ford
Steven Spielberg voleva Harrison Ford fin dall’inizio ma Lucas non era convinto: temeva che il pubblico potesse fare confusione con il personaggio di Han Solo di Guerre stellari. Valutano Nick Nolte, Jeff Bridges, Bill Murray, prima di scegliere Tom Selleck, ancora poco conosciuto. Selleck però aveva appena firmato per Magnum P.I. e dovette rinunciare. Ford riuscì a negoziare un cachet a sette cifre, una percentuale dei profitti lordi e la possibilità di riscrivere dialoghi poi si impegnò in un intenso trainign per migliorare il suo fisico e si allenò per diverse settimane sotto il coordinatore degli stunt Glenn Randall per imparare a usare la frusta. “Uno degli aspetti del successo della saga è il fatto che Indiana Jones non ha rispetto per l’autorità – ha raccontato anni dopo Harrison Ford – diciamocelo è un po’ un mascalzone di tanto in tanto ma nel profondo del suo cuore è un buono che fa del bene alle persone. L’umorismo è un elemento fondamentale della natura del personaggio e quei momenti di leggerezza sono importanti da condividere col pubblico”.
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4. Sul set con Harrison Ford
Le riprese principali sono iniziate nel giugno 1980 e si sono concluse a settembre sui set degli Elstree Studios, in Inghilterra, e in location principalmente a La Rochelle, in Francia, Tunisia e Hawaii. “Ho bellissimi ricordi delle riprese di I predatori dell’arca perduta, è stata una delle lavorazioni più belle di tutta la mia vita – ricorda Steven Spielberg – è stato un revival di quei film tv in bianco e nero che vedevamo quando avevamo 7 o 8 anni… poterlo realizzare su grande schermo in Technicolor è stato stupendo”.
5. Le donne di Indy
Per il ruolo di Marion, figlia del mentore di Jones Abner con cui Indiana Jones aveva avuto una relazione, erano state inizialmente pensate Amy Irving e Debra Winger. Il ruolo poi è andato a Karen Allen. Spielberg ha commentato: “Karen Allen è stata magnifica nel film. Ho sempre pensato a Ford come a un moderno Humphrey Bogart e che la dinamica tra loro somigliasse un po’ a quella tra Ric e Ilsa di Casablanca“. Col secondo capitolo Indiana Jones e il tempo maledetto per interpretare il nuovo interesse amoroso di Indy Willie, vengono fatte audizioni a mille attrici, tra cui Sharon Stone. Alla fine a spuntarla sarà Kate Capshaw che in seguito non avrà una grande carriera nel cinema ma diventerà la signora Spielberg.
6. Il tesoro di Indiana Jones
Con un budget di 20 milioni di dollari, il film ha incassato 209 milioni di dollari eguagliando il miglior incasso dell’anno precedente, L’Impero colpisce di Lucas e poi è tornato in sala varie volte raggiungendo un incasso totale in patria di 248 milioni di dollari. Nel corso del tempo la saga ha continuato a incassare: Indiana Jones e il tempio maledetto ha fruttato 179 milioni di dollari, Indiana Jones e l’ultima crociata 197 milioni di dollari e Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo di quindici anni fa 317 milioni di dollari. Inoltre negli anni sono stati realizzati cortometraggi, videogiochi e una serie tv Il giovane Indiana Jones.
7. Sean Connery è il papà di Indy
Spielberg aveva già in mente Sean Connery quando ha suggerito di introdurre il padre di Indiana nella saga ma inizialmente non ne ha parlato con Lucas che ha sviluppatoo il ruolo di un professore “pazzo ed eccentrico” che assomigliava a Laurence Olivier con un rapporto più da maestro – allievo che padre e figlio. Spielberg era un fan di Connery nei panni di James Bond e d’altronde lì si doveva arrivare fin da quando Spielberg aveva espresso il desiderio di fare un film di 007.
8. Tanti archeologi di professioni cresciuti con Indiana Jones
Tra le eredità della saga anche il fatto che il film ha portato a un aumento degli studenti che studiano archeologia e molti archeologi moderni hanno citato il film come ispirazione. Rhys-Davies, che nella saga interpreta lo scavatore egiziano Sallah e torna anche in quest’ultimo capitolo, ha detto di aver incontrato oltre 150 docenti, professori e archeologi che gli hanno detto che il loro interesse nel campo è iniziato con il film.
9. Spielberg e quell’incontro con gli alieni che non voleva
Indiana Jones è l’ultima crociata del 1989 con Sean Connery nei panni del padre di Harrison Ford avrebbe dovuto essere l’ultimo capitolo, la fine della trilogia. Spielberg ricorda: “Ho scelto di finirlo con Ford che cavalca verso il tramonto perché per me la trilogia era conclusa ed ero convinto che saremmo andati oltre, saremmo maturati verso un altro tipo di cinema, pensavo che non avremmo più visto film di Indiana Jones. Ma Ford è stato tenace e ha chiamato George e George ha chiamato me e io dicevo: ‘Io ho chiuso con la saga, è stato bello, andiamo oltre’. Alla fine ne abbiamo fatto un altro che aveva come idea di base l’incontro tra il mondo di Indiana Jones e gli alieni, era un’idea di George. Io gli ho detto che non ne volevo sapere di alieni, avevo già fatto E.T., Incontri ravvicinati del terzo tipo ma ha tanto insistito che voleva rifare quei film anni Cinquanta sull’invasione aliena che mi ha convinto”.
10. Sette Oscar e un posto nella storia del cinema
Cinque Oscar per I predatori dell’arca perduta, uno per Indiana Jones e il tempio maledetto, uno per L’ultima crociata. L’ultimo capitolo con Cate Blanchett è quello che ha incassato di più ma ottenuto più critiche, il primo film del 1981 è tutt’oggi considerato uno dei migliori della storia del cinema. La Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti lo ha selezionato per la conservazione nel National Film Registry nel 1999.
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