Insegnamento di sostegno nel caos, il 70% degli alunni cambierà docente

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Il prossimo mese di settembre sette docenti di sostegno su dieci cambieranno scuola. E si troveranno al cospetto di un altro alunno. In sostanza il 70% degli alunni con handicap dovranno abituarsi a un nuovo docente specializzato, ammesso che abbiano la fortuna di incontrarne uno in possesso di titolo. Perché, per carenza di docenti col titolo, non sempre il ministero riesce a mandare in classe uno specializzato. I numeri di quello che si può definire un vero e proprio disastro educativo emergono dagli ultimi trasferimenti del personale docente, pubblicati lo scorso 17 maggio dal ministero dell’Istruzione, e dai dati sulle supplenze assegnate quest’anno dagli uffici scolastici regionali. Un gigantesco turn over, senza eguali nell’istruzione statale italiana, che ricade sulla testa degli alunni più fragili all’interno delle classi italiane e delle loro famiglie.

Se la continuità didattica nelle classi è minacciata dall’enorme numero di precari (circa 200mila) che ogni anno il ministero è costretto a nominare per coprire tutte le cattedre disponibili, sul sostegno di fatto la continuità didattica non esiste. Un destino determinato da precise scelte dai governi che si sono succeduti nel corso degli ultimi decenni e che hanno deciso di puntare sulla precarietà. Al punto che nel corso di un’intera carriera scolastica un alunno o una alunna affetta da disabilità può cambiare anche venti e più docenti di sostegno. Ben oltre i tredici anni di istruzione, dalla primaria alle superiori, che diventano sedici se si contano anche i tre anni di scuola dell’infanzia. 

Spulciando i dati dei docenti che hanno ottenuto il trasferimento per il prossimo anno scolastico, emerge che sono oltre 20mila quelli di sostegno che cambieranno scuola fra tre mesi e mezzo. Una fetta dei titolari, gli assunti a tempo indeterminato, che sono circa 77mila. Quest’anno, i supplenti nominati a vario titolo sono circa 116mila che assieme ai 20mila titolari che cambieranno scuola determinano il totale di coloro che si sposteranno d’istituto: circa 136mila su un totale di 193mila. Il 70%. Nel corso degli anni, la presenza di alunni disabili a scuola è notevolmente cresciuta: nell’anno in corso  sono quasi 278mila, vent’anni fa erano 135mila, meno della metà. Ma cosa comporta questo continuo cambio di insegnanti per gli alunni più fragili?

Claudia Frezza, è la mamma di una ragazza disabile che frequenta il secondo anno del liceo scientifico nella provincia di Teramo. “Mia figlia ha 17 anni ed è affetta dalla sindrome di Down. Finora – racconta – ha cambiato diciannove docenti di sostegno. Fino al primo anno della scuola superiore non sapeva ancora leggere e scrivere: in questi casi il problema principale è la continuità didattica. Da quest’anno, grazie a un dirigente scolastico illuminato, la ragazza legge le sillabe. Se fosse stata seguita in altro modo sarebbe arrivata a leggere e scrivere anche semplici parole. Ma questi continui cambi non le hanno fatto certo bene: un anno si rifiutava di scendere dal pulmino perché la docente aveva metodi troppo bruschi. La norma – continua – dovrebbe prevedere almeno tre anni di continuità per ogni ordine di scuola. Perché altrimenti i danni diventano irreparabili. Per fortuna gli altri docenti della classe, con cui si lavora in équipe, non cambiano. Ma non basta”.

A spiegare le ripercussioni di questi continui cambi di docente è Evelina Chiocca, presidente del Coordinamento italiano insegnanti di sostegno. “I docenti – spiega – fanno le loro scelte ed è normale che cambino scuola per avvicinarsi a casa. Ma la continuità si spezza. Questo cambiamento comporta criticità sul versante delle relazioni: per l’alunno disabile il docente di sostegno è un punto di riferimento”. Eppure quella italiana è una delle poche scuole al mondo in cui gli alunni disabili vengono inseriti nelle classi con i compagni normodotati. Si inizia nel 1977, prima i disabili frequentavano le classi differenziali. E nel 1992 arriva la legge numero 104 il fiore all’occhiello dell’inclusione scolastica a livello mondiale.

Ma, secondo Chiocca, “in realtà siamo una scuola che si affaccia all’inclusione”. Per superare il problema “bisognerebbe che nel percorso formativo iniziale di tutti i docenti si prevedesse l’acquisizione di competenze per lavorare con tutti gli alunni, anche i disabili. In questo modo cambierebbe l’impianto culturale”. Attualmente, sono previsti corsi di formazione di 25 ore anche per i docenti su posto comune. “La formazione è una cosa seria e si fa seriamente – replica Chiocca – Nelle grandi aziende si distacca dal servizio il lavoratore che si dedica alla formazione. Da noi ai docenti si chiede di lavorare e contemporaneamente di formarsi con ore di lavoro extra. E questo non è sostenibile”.

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