Irma Testa battuta ai punti: “Resta il podio, ora lo sento mio”

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TOKYO – Nonsolocaffè Reload di Corso Vittorio Emanuele, Torre Annunziata dormiva ancora. Si sono messi davanti alla tv in due. Lui, 56 anni di attività con la Boxe Vesuviana, e lei, Lucia, la titolare del locale e sorella maggiore di Irma Testa, che dall’altra parte del mondo prendeva a pugni, ricambiata, la filippina Nesthy Petecio. Li avranno sentiti urlare dalle case basse intorno, dalla macelleria di fronte, la ferramenta poco più avanti si affitta o si vende, indifferentemente.

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Avranno sentito il maestro Zurlo dire “ha vinto, ha vinto”, lui era convinto, e anche lei, Irma, forse. Il gong l’ha trovata che sorrideva e faceva di sì al suo angolo, Renzini le diceva “aspetta”, senza il caschetto e la cuffia i capelli le sono precipitati subito sulle spalle. Petecio anche, esultava, e in quegli attimi in cui si crede e si finge un po’, per convincere i giudici, a Irma è passato in mente tutto: “I sacrifici che ho fatto e che ho fatto fare ai miei maestri, a starmi dietro”. La prima ripresa l’aveva vinta. Poi la filippina le ha lanciato uno sguardo. “Sì, è come se avesse voluto dirmi “credi che continuerò così?”. Ha cambiato stile, si è messa a picchiare da vicino, era molto forte, era la campionessa del mondo”. E così, per quattro giudici su cinque la semifinale dei pesi piuma l’ha vinta la pugile al red corner. L’altra. Zurlo era convinto del contrario.

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Irma è bronzo, e adesso la medaglia è ufficiale, la seicentesima della storia olimpica italiana. “Solo ora posso iniziare a sentirla mia, finché ero nel torneo volevo giocarmela, non ci pensavo, pensavo alla finale, volevo giocarmela”. La notte era trascorsa serena, “ho dormito molto bene”, la mattina è volata in un lampo, “nessun istante per l’introspezione, tra tampone e peso”. Ha combattuto, ha perso, la storia l’aveva già fatta vincendo il suo quarto di finale, sarà la prima donna azzurra a salire sul podio olimpico della boxe, avverrà martedì, dopo la finale tutta asiatica tra una filippina e una giapponese. Ci sarà da aspettare, e poi si potrà partire e tornare a Torre, come dice lei, e una festa è già organizzata per questa figlia del popolo oplontino. Aveva 12 anni quando iniziò per imitare la sorella, ha proseguito lei sola, Butterfly, passando per la delusione di Rio, una crisi e l’altra Olimpiade, quella del riscatto, che non arrivava mai.

La prossima ci metterà meno, ma non c’è più niente da riscattare. La sua avversaria filippina aveva iniziato a boxare nel mito di Manny Pacquiao per aiutare economicamente la famiglia che moriva di fame. Nel 2018 aveva avuto una crisi e la fame nella casa a Baguio, nell’isola di Luzon, era tornata. Contro la giapponese Irie c’è in gioco più di una medaglia. È la boxe, che ieri ha messo di fronte nei leggeri un armeno e un azero, che hanno combattuto con altri mezzi la guerra che c’è tra i loro popoli e alla fine si sono ignorati. È la boxe che ha dato un mondo a Irma. In una foto di qualche tempo fa, lei compariva accanto a Marvin Hagler, The Marvelous, scomparso a marzo. “Mi tremavano le gambe dall’emozione. Questo è l’effetto che fa un uomo che ha scritto un pezzo di storia”. L’effetto che farà lei, a Torre, quando tornerà.

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