Kosovo, scende la tensione: rinviato di un mese il divieto di usare documenti serbi

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Il governo del Kosovo ha rinviato di un mese, al primo settembre, l’entrata in vigore delle nuove norme che vietano l’utilizzo di documenti di identità e di targhe serbe nelle regioni del Nord a maggioranza serba, secondo quanto riferisce l’agenzia russa Tass. L’annuncio del divieto, che doveva entrare in vigore oggi, aveva scatenato violente reazioni dei serbi del Kosovo e riacceso pericolosamente le tensioni tra Pristina e Belgrado. Nella notte i manifestanti avevano bloccato le strade e uomini armati avevano sparato in aria. 

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Ieri mentre si consumavano le tensioni più forti la forza internazionale Kfor a guida Nato ha emesso un comunicato per annunciare che “controlla da vicino” la situazione al confine tra Kosovo e Serbia ed è “pronta a intervenire se la stabilità è messa in pericolo” in base al suo mandato, sancito dalle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. E ha sttolineato di essere in contatto sia con la parte kosovara sia con quella serba, lanciando un appello al dialogo e riaffermando che “adotterà qualsiasi misura si renderà necessaria per mantenere la stabilità”. 

L’Alto Rappresentante Ue per la Politica Estera, Josep Borrell, ha “accolto con favore la decisione del Kosovo di spostare le misure al 1° settembre. Ora ci si aspetta che tutti i blocchi stradali vengano rimossi immediatamente”. “Le questioni aperte dovrebbero essere affrontate attraverso il dialogo facilitato dall’Ue e l’attenzione sulla normalizzazione globale delle relazioni tra Kosovo e Serbia, essenziali per i loro percorsi di integrazione nell’Ue”, ha aggiunto Borrell su Twitter. L’idea di posporre le misure era stata proposta anche dall’ambasciatore americano in Kosovo.

Bacchetta invece il primo ministro del Kosovo Albin Kurti, Richard Grenell, ex inviato speciale degli Stati Uniti per i negoziati di pace tra Serbia e Kosovo. “Ho molti amici in Kosovo che sono molto arrabbiati con Kurti”, ha twittato Grenell. “Il popolo merita un leader che vuole un lavoro, non un conflitto. Il Kosovo merita di meglio”, ha scritto.

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