La cautela del Fmi sulla ripresa: Covid, colli di bottiglia nelle forniture e prezzi rischiano di farla rallentare. Italia promossa

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MILANO – Il Fondo monetario internazionale alza il livello di cautela sulla ripresa economica, la cui marcia è messa a dura prova dalle possibili conseguenze di nuove varianti di Covid – in particolare nelle parti del mondo dove le campagne di vaccinazioni languono – e dai colli di bottiglia che frustrano la produzione industriale e minacciano di rendere più forte la corsa dei prezzi. Nell’aggiornare le sue previsioni sull’andamento globale, l’istituzione di Washington – che ha appena confermato la fiducia alla direttrice Georgieva, sospettata di aver favorito la Cina quando era alla guida della Banca Mondiale – lima leggermente la stima sul Pil del 2021 e suona alcuni campanelli d’allarme. Un quadro d’insieme nel quale, almeno nei numeri, si distingue positivamente l’Italia che vanta una delle migliori revisioni rispetto alle stime dello scorso luglio.

La crescita scende sotto il 6%, ma per l’Italia un balzo in avanti

“La ripresa globale continua ma la spinta si è indebolita, azzoppata dalla pandemia”, esordisce nel suo blog la capo economista del Fondo, Gita Gopinath. Rispetto alle stime di luglio, la previsione sul Pil mondiale del 2021 scende al 5,9% e quella per il prossimo anno rimane ferma al 4,9%. Ma dietro questi numeri complessivi ci sono grandi spostamenti, che disegnano una forbice tra aree geografiche ed economiche che si allarga sempre più.

Da una parte le economie avanzate, dove le campagne vaccinali sono arrivate a numeri importanti e lo spauracchio maggiore sono piuttosto i problemi nelle forniture, i prezzi dell’energia e delle materie prime in genere. Dall’altra quelle in via di sviluppo o povere. In quest’ultimo caso, ad esempio, il 96% della popolazione non è ancora vaccinato, mentre nei Paesi ricchi il 60% e oltre ha completato il suo ciclo: un quadro da “great vaccine divide”, in cui la disponibilità del siero sta facendo da discrimine per le prospettive economiche. Non a caso, mentre l’output delle economie avanzate è atteso riprendere il sentiero di crescita pre-pandemico già nel 2022, nei mercati emergenti e in via di sviluppo resterà 5,5 punti percentuali sotto la traiettoria immaginata ante-Covid ancora nel 2024.

In questo scenario, l’Italia spicca perché registra una delle migliori performance rispetto all’ultimo documento del Fondo. La crescita italiana è ora indicata al 5,8% per il 2021, in linea con i maggiori previsori internazionali: significa un miglioramento di 0,9 punti su luglio. La media dell’Eurozona è del +5% e secondo il Fondo solo la Francia, tra le maggiori economie, farà meglio. Spicca in particolare il taglio di mezzo punto dato alla Germania, prevista ora al +3,1%. Un taglio che però viene restituito il prossimo anno, quando Berlino crescerà del 4,6% (+0,5 su luglio). Per l’Italia, invece, la previsione del 2022 resta ancorata al +4,2%. Fuori dal Vecchio continente, la crescita Usa è rivista in calo dal 7 al 6% per quest’anno e sale leggermente al 5,2% il prossimo.

Nel documento si dà l’aggiornamento anche degli altri grandi numeri dell’economia italiana. Il debito pubblico è visto in calo nel 2021 al 154,8% del Pil rispetto al 155,8% del 2020. E continuerà a calare anche nel 2022 al 150,4%, fino a toccare il 146,5% nel 2026. Il deficit è visto in aumento dal 9,5% del 2020 al 10,2% di quest’anno e al 4,7% nel 2022 (al 2,4% nel 2026). Anche in questo caso, si tratta di passi in avanti rispetto a luglio quando gli esperti di Washington avevano previsto un debito al 157,8% e un deficit all’11,1%.

Lo spauracchio dell’inflazione e l’equilibrismo supporti-rischi finanziari

L’inflazione si conquista poi le prime pagine del report, dove si annota che la crescita dei prezzi è stata più forte del previsto in importanti economie come gli Usa, la Germania e alcune emergenti. Sebbene il Fondo creda che nel 2022 la spinta dell’inflazione possa tornare a bada, concede che le prospettive restano incerte e nel complesso annota come i rischi sulla ripresa pendano al ribasso. “Le nostre previsioni sono per un picco dell’inflazione annuale nelle economie avanzate al 3,6% in media nei mesi finali di quest’anno, prima di regredire nella prima metà del 2022 al 2%, in linea con gli obiettivi delle banche centrali. I mercati emergenti vedranno aumenti più rapidi e l’inflazione raggiungerà il 6,8% in media, per poi scendere al 4%”, dettaglia il report.

In questo contesto macroeconomico, il rischio di un’accelerazione al rialzo dei prezzi potrebbe chiamare le Banche centarli a un’azione anticipata sui tassi. Ai policymaker – annotano gli esperti del Fondo – tocca un difficile equilibrismo: continuare ad assicurare supporto nel breve termine alla ripresa globale, ma insieme evitare che si creino rischi finanziari pericolosi. Un lungo periodo di condizioni di finanziamento estremamente favorevoli, per quanto necessario a sostenere la ripresa, ha fatto sì che le valutazioni degli asset (sui mercati) diventassero elevate, si legge nei documenti di Washington. Se questa super-valutazione dovesse continuare, la vulnerabilità finanziaria ne sarebbe incrementata.

Ricorda concludendo Gopinath che “i più recenti sviluppi hanno chiarito abbondantemente che la pandemia non sarà sconfitta da nessuna parte finché non sarà finita in ogni parte del mondo”. E se il Covid dovesse avere un impatto ancora a medio-termine, il rischio è di ridurre il Pil cumulato di 5.300 miliardi di dollari nei prossimi cinque anni, rispetto alle attuali previsioni. “Non deve andare così. La cominità internazionale deve aumentare l’impegno a garantire l’accesso ai vaccini per ogni Paese, a sconfiggere la ritrosia verso i vaccini dove ci sono le scorte sufficienti e ad assicurare migliori prospettive economiche per tutti”.

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