Si sospira scoprendo che in Francia la tv pubblica ha aperto CultureBox, un canale tv “effimero” per definizione, nel quale ogni sera passano performance, live oppure no, una sera a settimana per teatro, musica, arte, street art eccetera. Da noi aspettiamo con fiducia la Netflix della Cultura (fa talmente colpo sentirlo dire che poi pazienza se non si farà mai), i canali culturali che già esistono – vedi quelli Rai – rispondono piccati alle istanze ministeriali facendo presente che ogni santo giorno, sera, notte, loro mandano quella programmazione, che esistono Rai5, Rai4, Rai Storia e più in generale un dipartimento che si chiama Rai Cultura. A Sky hanno Sky Arte che, a patto di non dare mai, ma proprio mai, immagini scadenti che richiamino musei polverosi, e rendendo obbligatorio lo sfavillìo delle luci sul bello di cultura e arte, fa il suo dovere per un pubblico pagante.
Il problema, storico, è quello del rapporto tra gli italiani e la televisione, che risente di incrostazioni secolari. A ogni passo si trovano frange di spettatori in perenne lamentazione per l’assenza di programmazione culturale o comunque di livello: per il novanta per cento di loro significa che non c’è nulla, o c’è pochissimo, su RaiUno, Due e Tre. Il resto non esiste, sui canali paralleli del digitale terrestre, da Rai5 in giù, puoi anche mandare Laurence Olivier resuscitato e impegnato nell’Amleto e comunque sembrerà una cosa in periferia, mentre dieci minuti su uno dei tre canali principali consacrano all’eternità.
Alla base, e in origine, c’è una questione pressoché storica, ormai, un vero Comma 22: da vent’anni almeno, la Rai sparpaglia su vari canali un sacco di bella programmazione, se ai tempi se ne fosse realizzato uno, e uno soltanto, con il meglio di tutto quel ben di Dio – dal jazz al futurismo, al cinema indipendente etc. etc. – ne sarebbe uscito un canale sontuoso. Che a quel punto, però, avrebbe tolto fatalmente spettatori a RaiTre, tipo, portandosi appresso orribili effetti sugli introiti pubblicitari e sulla concorrenza diretta con la tv commerciale. E quindi guai, e quindi non se n’è mai fatto nulla. E siamo ancora qui. E anche se la pandemia e la chiusura di tutto dovrebbero aguzzare tutti gli ingegni possibili, scoprire che in Francia, semplicemente, hanno un progetto, lo pensano e lo realizzano ci fa apparire quella realtà come appartenente a un iperuranio o anche di più.
Sul Venerdì del 12 febbraio 2021
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