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La destra impresentabile

Può una coalizione che produce le candidature di Enrico Michetti a Roma e Luca Bernardo a Milano ambire seriamente a governare il Paese? Può una coalizione che annovera cultori del fascismo tra i suoi dirigenti e rappresentanti nelle istituzioni presentarsi come una affidabile destra di governo? Le due domande si incrociano e si amplificano in questa vigilia elettorale che rischia di essere un passaggio molto doloroso per i due grandi partiti sovranisti italiani, Lega e Fratelli d’Italia. Sebbene premiati da tempo da tutti i sondaggi nazionali sulle intenzioni di voto alle Politiche, Matteo Salvini e Giorgia Meloni sono riusciti nell’impresa al rovescio di presentarsi alle elezioni comunali con lo sfavore del pronostico nelle grandi città. Colpa di candidati più che sbagliati: impresentabili. Certo, bisogna ancora votare e nulla è scontato, ma per immaginare Michetti o Bernardo alla guida delle due principali città italiane bisogna presupporre che la disperazione o il disagio di ampie fette di elettorato si sia trasformato in pura pulsione suicida. Per fortuna, non si tratta di uno scenario probabile.

C’è un problema ciclopico di classe dirigente, vale per tutti i partiti, ma senz’altro di più per Lega e FdI. Problemi incrociati e speculari quelli delle due forze principali della destra nazionale. La Lega ha ancora sul territorio una classe dirigente solida, oltre che un’ala convintamente governista che ha voglia di avvicinare il partito al popolarismo europeo, non di inseguire le sirene dei neofascisti tedeschi, polacchi o ungheresi. Ma ha anche un leader che, dall’euforia del Papeete in poi, non ha azzeccato una mossa disperdendo il consenso accumulato alle Europee del 2019 con una velocità imprevedibile. Un capo senza grammatica politica, è stato necessario l’intervento di Giancarlo Giorgetti per spiegargli che non si può entrare al governo e poi fare le barricate sul Green Pass e in generale comportarsi come una forza di opposizione. Un capo contornato al Sud da signori delle tessere riciclatisi da ogni direzione, mentre nel suo cerchio magico si agitano folcloristici marescialli passati da No Euro a No Vax pur di perpetuare la loro visibilità da tribuni del ridicolo. Un capo pasticcione, impermeabile al principio di non contraddizione al punto da invocare il garantismo sulle disgrazie del suo braccio destro Luca Morisi e poche ore dopo inondare la sua comunicazione social, pur orfana del guru, di post per inneggiare alla condanna in primo grado di Mimmo Lucano.

Opposta la situazione di Fratelli d’Italia. Qui l’astro ascendente di Meloni è servito a nascondere il livello scarso della compagine che guida. Non c’è solo il marcio confermato dall’inchiesta di Fanpage, con esponenti di FdI che trafficano tra finanziamenti illeciti e apologia di fascismo, con la seconda anche più grave dei primi, dato che essere onesti e nostalgici del Ventennio non aiuta a risolvere il problema. C’è proprio l’inadeguatezza di una forza politica che ha raccolto consenso come il vecchio Movimento 5 Stelle, sull’onda di un’opposizione urlata e facilona, senza preoccuparsi di costruire o attirare figure in grado di passare dalla comodità della critica alla concretezza delle soluzioni. Quando il partito che si fa vanto del suo nazionalismo e patriottismo offre per la capitale del Paese una figura come Michetti significa o che non ha a cuore la patria o che non ha un candidato decente. Nel primo caso mente, nel secondo bara sulla pelle dei romani.

Salvini e Meloni hanno una sola chance di trarre vantaggio da queste elezioni. Se il Pd si illuderà sul risultato, se scambierà il possibile successo matematico nelle città per l’anticipo di una vittoria alle Politiche, considerando risolte le molte ambiguità sulla coalizione (prima su tutte quella del rapporto con il M5S, naturalmente), sull’identità e il progetto da offrire al Paese, allora i leader sovranisti avranno lo spazio per prendersi la migliore delle rivincite. Perché, a dispetto dei loro guai, hanno sempre un consenso nazionale e una legge elettorale che li aiuta. “L’Italia del riscatto”, come recita lo slogan di Meloni per queste comunali, seduce ancora milioni di elettori e potete scommettere che il riscatto da pagare, se i sovranisti sequestrassero il Paese, sarebbe molto alto.



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