La foto sbagliata dei Bronzi di Riace. Così il web ha “deciso” che un manichino è un’opera d’arte

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Una foto si aggira per l‘Europa, ed è sbagliata. La pubblicano autorevoli quotidiani, influencer e divulgatori, siti di gossip e perfino fonti ufficiali molto distratte. E questa è la storia di una piccola ossessione, e anche di certi meccanismi pigri dell’informazione. Intorno al Cinquantenario del ritrovamento dei Bronzi di Riace è rinato un grande interesse: gli oltre duemila visitatori al giorno al Museo, l’orgoglio per i due guerrieri sistemati su una piattaforma antisismica in marmo di Carrara che mai si muoveranno, per motivi di sicurezza, da Reggio Calabria, gli spettacoli e i festival, il libro di Alberto Angela che Repubblica offre in edicola. Una celebrazione che rimbalza sui canali sociali, diventa motivo di dibattito e scambio, valorizzazione stessa della bellezza. Quindi tutto molto positivo.

Naturalmente il Cinquantenario è anche una palestra per le polemiche fra studiosi, che nemmeno si citano a vicenda. Tornano in ballo teorie bislacche, Vittorio Sgarbi chiede che vengano portati in giro, l’ex ministro Bray ricorda quanto sia stato difficile e rischioso spostarli di un chilometro e mezzo dopo l’ultimo restauro: si tratta di statue uniche e fragilissime, basta guardare le gambe. Fu proprio una commissione del Ministero (non una ribellione localistica) a fissare il luogo di esposizione definitivo. C’è chi consiglia la mostra delle copie di New York più che una visita agli originali. Del resto la storia dei Bronzi si presta all’archeo-contesa, perché i misteri sono tanti, il primo dei quali resta: come sono finiti lì, in quella spiaggia di sabbia, quattro chilometri a sud dell’antica Kaulonia?

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Succede però, per uno strano effetto a catena, che venga spesso pubblicata una foto sbagliata, in cui è ritratto una specie di manichino in vetroresina alto circa 1,85, tenuto in piedi da due persone: a destra, quello che scopriremo poi essere un operatore televisivo, in muta rossa, e un’altra persona non identificata, in posa e non propriamente attrezzato per i ritrovamenti subacquei. La foto è palesemente errata, anche e solo per un semplice motivo: sullo sfondo si intravede un tratto di costa. E questo naturalmente contrasta con la posizione di Riace, dove le due statue furono avvistate 6-8 metri sott’acqua il 16 agosto del 1972, che davanti ha solo il blu e l’orizzonte, in quella Locride dove continuano ad arrivare le carrette del mare.

Succede però che la foto appaia sempre nelle prime posizioni su Google se si usano i termini “ritrovamento” “recupero” e simili dei Bronzi di Riace: ha bei colori, un mare quasi verde, sembra quasi un peccato non pubblicarla. Che la statua sia palesemente finta diventa un particolare non decisivo. Le foto originali del ’72 sono invece tutte in bianco e nero o hanno un colore sbiadito.

E qui scatta l’ossessione: ogni volta che un profilo social pubblica questa immagine, chi scrive cerca di segnalare l’errore con un messaggio che suona più o meno così: “Desidero segnalare che quella foto non si riferisce al ritrovamento dei Bronzi ma a un test effettuato a Briatico, sul mar Tirreno, a nord di Vibo Valentia. Si tratta di una copia, peraltro riuscita male”.  Il bello sono le risposte: alcuni ringraziano, altri rispondono male, quasi nessuno la cambia. Il motivo è semplice: un profilo twitter come quello @JamesLucasIT – peraltro benemerito e seguito da oltre centomila persone – su quella foto ha totalizzato quasi settemila like. Quindi diventa vera.

Il sito Dagospia pubblica integralmente il servizio di copertina del Venerdì e piazza anche la foto sbagliata! A questo punto l’ossessione diventa disappunto, perché quel servizio – senza errori – l’abbiamo firmato noi. Ci casca anche Canale 5, un profilo specializzato in anniversari con decine di migliaia di follower, l’elenco è lungo. Si smarca solo la generazione Instagram, dove domina il selfie col Bronzo Vero. Ma su Facebook, Twitter e siti vari succede, e purtroppo ancora succederà. Come se un giornale pubblicasse l’immagine di uno che somiglia a Topo Gigio con una maglia tarocca del Milan e nella didascalia ci fosse scritto: nella foto, Gianni Rivera.

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Grazie alle controrepliche, alle segnalazioni (non tutte lievi, non tutte educate), si arriva poi anche all’origine della famosa foto di Briatico. Succede che nel 1991 il celebre regista Pippo Cappellano giri una serie intitolata “Nel mare degli antichi”. Cappellano è un fuoriclasse: istruttore subacqueo, skipper, pilota, esperto di biologia marina. Vengono così creati questi finti Bronzi in vetroresina, più bassi e ovviamente poco fedeli agli originali, per sceneggiare il ritrovamento, una fiction artistica con nobili intenzioni. Le due copie tendono a galleggiare, e così vengono riempite di sabbia. Chi era sott’acqua quel giorno ricorda la strana scia di granelli sotto i piedi delle statue, i finti carabinieri, i curiosi in costume intorno. Comunque, una giornata particolare. Da non confondere con quei giorni dell’agosto 1972, quando la spiaggia di Riace si trasformò in una Curva, le statue furono portate a riva una dopo l’altra nei giorni successivi, distese, trasferite a Reggio e poi a Firenze per il primo restauro. Quelle sono le immagini vere. Fra un Bronzo di 2500 anni fa alto 1,97 e una copia marroncina resta una certa differenza.

Mai arrendersi però, magari per il Centenario sulla foto sbagliata sarà fatta giustizia.

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