Villaggio di Mala Rogan, Kharkiv. Foto di Sergey Bobok / AFP
Il cartello dice “Un occupante russo è sepolto qui”. La tomba è stata scavata dagli abitanti di un villaggio vicino a Kharkiv. Non è semplice stabilire se alla pietà del gesto si accompagni un che di beffardo o vendicativo nella frase della lapide di carta. Fatto è che la sepoltura non è stata negata. E questo è sempre un labile tratto umano nel trionfo dell’inumano. Mi è tornato in mente il titolo di un romanzo, il capolavoro del grande scrittore argentino Ernesto Sabato: “Sopra eroi e tombe”.
Ma chi sono gli eroi nella furia della violenza della Storia, in Argentina e dappertutto? Chi sono gli eroi nel fiume di sangue sparso dalle guerre? Restano le tombe. E resta lo strano, sconcertante, imperituro silenzio di chi esce dalla guerra, di chi cade fuori dal tempo. Nel 2003, parlando a duemila bambini, Sabato spiegò che l’unico modo per non rassegnarsi alle tombe disseminate dalla guerra è
Mantenere accesa nell’anima, cari bambini, la fiammella di questo dolore dell’umanità, ed esservi fedeli.
Se sapremo tener ferma questa determinazione, sarà incrollabile.
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