La protesta dei Navigator che rischiano di restare senza lavoro. “Serve una proroga a fine 2021”

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MILANO – “Serve la proroga dei contratti almeno per tutto il 2021. I navigator sono ragazze e ragazzi che lo Stato ha formato per esser di supporto alle politiche attive. Non sono stati messi nelle condizioni di operare al meglio e la pandemia ha reso il 2020 un anno ingiudicabile. Ma possono e devono essere il centro della riforma delle politiche attive che il prossimo governo deve mettere in agenda, insieme a quella degli ammortizzatori sociali”. Silvia Simoncini della Nidil Cgil è in presidio accanto ai navigator che a Roma e presso le prefetture nazionali stanno chiedendo di sventare il paradosso: coloro che devono cercare il lavoro ai disoccupati rischiano di ritrovarsi senza un contratto.

Assunti da Anpal Servizi attraverso le convensioni con le Regioni, alla fine di aprile vedranno terminare il loro rapporto di lavoro. Da tempo chiedono alla ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo, di provvedere a una proroga. “L’abbiamo incontrata anche ieri, è in una situazione particolare e non può prendere un impegno in tal senso: ci ha assicurato che segnalerà queste istanze al suo successore”, spiega Andrea Borghesi, segretario nazionale del sindacato della Cgil che si occupa proprio di precari. Secondo i calcoli di Simoncini, considerando che il 2020 è stato l’unico anno di “pieno” lavoro dei Navigator e per loro erano stati postati 130 milioni, al netto dei 50 già spesati per il 2021 ne servirebbero “una ottantina” per estendere i contratti alla fine dell’anno.

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Stando ai dati di Anpal Servizi pubblicati a settembre, su 1,23 milioni di persone tenute al “patto di servizio” nell’ambito della percezione del Reddito di cittadinanza, le firme sono state 318 mila e le offerte di lavoro recapitate 220 mila. Già la Corte dei Conti, basandosi sull’attività del 2019, sottolineava come i Centri per l’impiego non stessero dando prova di sostituirsi a quei “canali informali” che spesso regolano il reclutameto in Italia. “Dati che mostrano chiaramente come le politiche attive abbiano dei problemi – spiega Simoncini – che però non si possono in alcun modo addossare ai lavoratori. E’ difficile dare una valutazione del loro operato, banalmente perché l’anno in cui avrebbero dovuto portare avanti la fase 2 del Rdc è coinciso con lo scoppio della pandemia. Ci sono problemi di sistema: le banche dati non comunicano tra di loro, le informazioni in possesso dei Comuni per quel che riguarda l’attivazione dei servizi sociali non si possono incrociare con quelle dei Centri per l’impiego per discrepanze territoriali. I navigator si sono ritrovati in mano elenchi di aziende datati e non aggiornati: prima hanno dovuto scremarli per poter iniziare a contattarle e capire se fosser interessate ad assumere persone”, spiega ancora Simoncini. La chiusura dei Cpi da marzo a dopo l’estate non ha certo aiutato.

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Borghesi e Simoncini rispondono all’unisono su quale ruolo affidare ai navigator: “Dipende da come si ridisegneranno le politiche attive. Era un tema centrale nel Recovery plan di Conte e lo sarà ancora in quello di Draghi. I navigator sono risorse dello Stato che non vanno disperse”. Un sistema da rifondare all’origine. “Come nel campo sanitario, la delega alle Regioni sulle competenze per l’impiego ha creato confusione – spiega Borghesi – Un pezzo per volta questi equilibri vanno rivisti, ma intanto teniamo le professionalità formate nel sistema per essere utili a un nuovo ruolo nei servizi pubblici per l’impiego”.

Già, servizi ‘pubblici’. Da tempo le Agenzie per il lavoro dicono di conoscere meglio di chiunque altro questo mercato e chiedono maggior peso nella partita. “Hanno già un ruolo, ma lo Stato l’onere e onore di occuparsi di tutta la platea di persone che hanno bisogno di occupazione. La differenza è questa: nella presa in carico del pubblico ci sono soggetti che effettivamente hanno difficoltà ad esser ricollocati, mentre il privato ha il vantaggio di selezionare i più occupabili. Il vero rafforzamento delle politiche attive passa per il pubblico”, chiosa Simoncini.

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