La scienza? Un gioco da ragazze

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Uguaglianza di genere ed emancipazione delle donne: siamo nel 2022, il programma di sviluppo sostenibile lanciato dall’Onu si chiama Agenda 2030, eppure sembra quasi di parlare di temi “novecenteschi”. Per questo il manifesto della Giornata internazionale delle ragazze e le scienze, l’11 febbraio, ha quest’anno tre parole chiave (Equity, Diversity and Inclusion: equità, diversità e inclusione) e un grande progetto globale (Water Unites Us: l’acqua ci unisce), che dalle Nazioni Unite spiegano così: «L’accesso paritario in ambito scientifico, matematico e tecnologico è fondamentale perché le donne sono agenti di cambiamento e il loro contributo è centrale nell’accelerazione del progresso mondiale in generale. E di uno dei nostri obiettivi strategici in particolare: progetti che rendano l’acqua accessibile e pulita per tutte e tutti».

Un’immagine del progetto artistico di Leslie Sheryll, dedicato a Elizabeth Wolstenholme Elmy, femminista e attivista inglese. 

L’Onu riporta dunque le ragazze al centro della riflessione del mondo scientifico, che troppo a lungo le ha costrette a rivestire un ruolo da outsider e che solo negli ultimi anni si sta aprendo al loro potenziale sottoutilizzato. Nonostante i recenti progressi, il divario di genere è ancora notevole, e la strada per colmarlo e incrementare la partecipazione delle donne passa attraverso una maggiore accessibilità alle Stem (scienze, tecnologia, ingegneria e matematica), un aumento dell’offerta di training per donne di ogni età, e la promozione di un accesso equo nelle professioni scientifiche.

Nonostante siamo ormai nel pieno della Quarta rivoluzione industriale, l’Onu segnala che le donne continuano ad essere sottorappresentate: solo il 28% fra i laureati in ingegneria e appena il 21% in informatica. I numeri faticano a crescere, il divario salariale non diminuisce, tantomeno il Matilda effect, (quel pregiudizio che penalizza il lavoro delle scienziate che non ottengono mai lo stesso riconoscimento e gli stessi premi dei colleghi uomini). Eppure cresce la sensibilizzazione in materia.

Non è passata inosservata, infatti, l’assenza di donne nei Nobel assegnati nelle discipline scientifiche nel 2021, soprattutto dopo l’entusiasmo che aveva suscitato nel 2020 il riconoscimento attribuito a Emmanuelle Charpentier e Jennifer Doudna per la chimica e Andrea Ghez per la Fisica, quando sembrava che le cose stessero prendendo un nuovo corso. Casualità o conseguenza della ridotta rappresentanza femminile nel settore? La seconda ipotesi è quella più accreditata. 
«Esiste un problema sistemico», spiega l’organizzazione americana Association for Women in Science (AWIS) impegnata a promuovere la piena partecipazione femminile in ambito scientifico: «Il pregiudizio per cui le donne non sarebbero tagliate per le scienze sembra duro a morire. Quel vecchio stereotipo secondo cui alle ragazze non piacerebbe la matematica o non siano portate per l’informatica, e quindi per fattori culturali verrebbero inconsciamente ed erroneamente indirizzate verso altre discipline già in giovane età». Ecco perché negli ultimi anni gli sforzi si stanno concentrando sul lancio di programmi che puntino ad avvicinare giovani e giovanissime alle Stem, per creare una robusta pipeline capace di colmare il divario.

L’11 febbraio è il giorno dedicato dalle Nazioni Unite alle ragazze e alle scienze. Il manifesto 2022 ha tre parole chiave: equità, diversità e inclusione. Un’immagine del progetto artistico di Leslie Sheryll, dedicato a Elizabeth Wolstenholme Elmy, femminista e attivista inglese.  Negli Stati Uniti lo sforzo compiuto nell’offerta formativa è notevole, con programmi e borse si studio al femminile: fra le università Berkeley, per esempio, offre la MPower Financing Women in Stem scholarship, Stanford il Vpue Stem fellows program, l’MIT il AAUW Grant. Anche le aziende tech, sotto stretta sorveglianza per quanto riguarda temi come l’inclusione e la diversità, si sono attrezzate con programmi ad hoc: tra le big troviamo la Adobe Research Women-in-Tech Scholarship, la Amazon Future Engineer, la VMware Achieve Scholarship. Anche Microsoft finanzia borse studio per donne in ambito scientifico, mentre Google è presente con la Generation Google Scholarship for Women.

Un’immagine del progetto artistico di Leslie Sheryll, dedicato a Elizabeth Wolstenholme Elmy, femminista e attivista inglese. 


Atenei italiani, il podio è questo 

Torino, Milano, Trento, Udine: le eccellenze secondo il Censis

di Deborah Ameri

Scienze, tecnologia, ingegneria  e matematica: sono le 4 materie che raggruppa l’acronimo inglese Stem. Scegliere la facoltà e l’ateneo giusti  è cruciale per le prospettive future. Secondo l’ultima classifica del Censis  la migliore università per studiare ingegneria è il Politecnico di Torino,  così come il capoluogo piemontese  è il migliore per le materie scientifiche, mentre per tecnologia al primo posto c’è il Politecnico di Milano e per studiare matematica al massimo livello è consigliabile iscriversi all’Università di Trento. Per Informatica e Scienze Informatiche da quest’anno viene segnalato anche l’ateneo di Udine.
In Italia le ragazze iscritte a facoltà Stem oggi sono poco più del 39%,  ma la percentuale può scendere fino  al 18% in certe facoltà di Ingegneria. E se si guarda alle laureate, allora i numeri sono allarmanti: solo il 17% (rispetto  al 36% dei maschi) riesce ad arrivare effettivamente alla fine del corso  di studi. La buona notizia è che i numeri comunque sono in costante crescita. E in certi atenei (in particolare nelle facoltà di Biotecnologie) le donne sono addirittura la maggioranza, secondo uno studio di Talents Venture. A distinguersi sono il San Raffaele a Milano (con il 78% di ragazze), l’Università di Teramo (67%) e il Campus Biomedico di Roma (61%).

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