“La sostenibilità passa anche attraverso una comunicazione corretta e trasparente”

Pubblicità
Pubblicità

“Il rapporto fondamentale se si vuole realmente parlare di sostenibilità ed etica nel vino è quello tra politica e consumatore. Che passa attraverso il produttore, come anello di mezzo della catena. La politica deve mettere in condizioni il produttore – vinicolo o meno che sia – di mettere in atto determinate politiche, e il consumatore di capirle e fruirne”. A parlare è Federico Lombardo di Monte Iato, rappresentante della proprietà e responsabile comunicazione delle Cantine Firriato. Ovvero rappresentante vivo e passionale di quella viticoltura eroica che sulla Montagna siciliana combatte ogni giorno con l’ignoto, con le difficoltà ambientali di un vulcano, con quelle sociali di un sud ancora in difficoltà, con quelle burocratiche di una politica che non sempre aiuta. E che da questo pulpito naturale ha deciso di farsi testimone, più ancora che portavoce, di un modo diverso di approcciare al vino e alla sostenibilità. 

Perché sostenibilità è una parola di gran moda, ma anche un concetto spinoso da approcciare. “L’etica del vino è scindere quello che racconta il produttore al consumatore dalla verità. E far capire che quest’ultima esiste solo se c’è un ente terzo che garantisce rispetto a ciò che viene dichiarato. In mancanza di questo”, sottolinea con estrema chiarezza Lombardo di Monte Iato, “non si può parlare di etica, ma di mero claim di marketing. Con Firriato nel 2019 abbiamo raggiunto la Carbon Neutrality, ovvero abbiamo abbassato a zero il bilancio delle emissioni, ma quando abbiamo preso questa decisione non ci siamo limitati a farci fare un calcoletto delle emissioni prodotte dell’azienda e a piantare l’equivalente in alberi in qualche parte del mondo. Ho chiamato il DNV, il più importante ente certificatore di settore al mondo, per valutare quanto carbonio effettivamente immettevamo nell’atmosfera utilizzando la ISO14064, la CarboFootPrint di organizzazion”. Una scelta che ha permesso all’azienda di rimanere “agnostica rispetto al prodotto. Anche questa è etica” sostiene colui che rappresenta la nuova generazione dell’azienda fondata da Salvatore Di Gaetano, in quanto “quando si richiede la certificazione per un prodotto si è naturalmente portati a presentare il prodotto con le performance migliori. Al contrario, presentando l’azienda non si cade in tentazione, e si abbraccia una filosofia produttiva. Tutto questo succedeva nel 2014, da allora abbiamo impostato delle azioni per ridurre l’impronta del 40% entro il 2017, dopodiché abbiamo deciso di andare in Carbon Neutrality. A questo punto sempre con l’ente certificatore side by side, abbiamo portato il bilancio a zero piantando alberi nella foresta pluviale e portando le energie rinnovabili nel terzo mondo. Tutto provato e provabile, progetti certificati dalla VCS”. Questa è sostenibilità ambientale, ma diventa etica ed economica “nel momento in cui si riesce a comunicarlo al consumatore e creare un circolo virtuoso”. 

Perché è la coscienza di sistema che manca. “Si parla molto di sostenibilità ambientale e di etica, ma manca di fatto la volontà di mettere in atto le belle parole, di fare il salto manageriale che permetterebbe di calare questo concetto apparentemente astratto sulla realtà produttiva”. Firriato da anni quando progetta un nuovo vigneto o una nuova cantina, si muove in modo che “la sostenibilità sia già un prerequisito del progetto”, senza il quale quest’ultimo non può andare avanti. Non un bollino che si aggiunge sull’etichetta a posteriori, ma qualcosa che appartenga già al dna del prodotto. Il passo fondamentale per far sì’ che tutto questo lavoro non vada perso e che sempre più aziende abbraccino questo punto di vista è che “tutto il mondo vino, dal produttore al comunicatore, riesca a trasmettere” la profonda importanza di queste azioni al consumatore finale. “In modo che certificazioni, leggi, conformità, filiere agricole e processi di tracciabilità affidabili possano effettivamente avere un peso, un ruolo”. Fare la differenza.   

Fare la differenza per trasmettere quale realmente sia il peso lavorativo di alcune aziende e come le difficoltà debbano, per una società equa, trovare un corrispettivo economico. E non c’è migliore esempio in questo caso di Firriato, per disegnare i confini di questa problematica. “Noi sull’Etna ci sentiamo ospiti. Basti pensare che l’eruzione del 2012 è arrivata a 300 metri dal mio vigneto e in un altro appezzamento territoriale aziendale, di fatto le vigne crescono su un cratere del paleolitico. Tutto questo può cambiare all’improvviso, ne siamo perfettamente consapevoli. E nonostante questo, è solo una parte di ciò che aiuta a definire il nostro lavoro “viticoltura eroica”, definizione giuridica che esprime il suo massimo nel lavoro di Firriato in quanto viticoltura montana e su terrazzamenti” che esistono da sempre, bonificati di generazione in generazione, con tempi di attesa lunghissimi, di decenni magari, prima di poter piantare anche una sola vigna su un appezzamento di terreno. Poesia, realtà umane, ma soprattutto impatto economico, “perché sui terrazzamenti il lavoro meccanico è ridotto al minimo. Questo sicuramente conserva le competenze sul territorio, ma rende anche ancor più difficile” trovare la giusta collocazione sul mercato. Nonostante “l’Etna vinicolo oramai si stia facendo un nome”, sottolinea Montalto di Monte Iato “siamo ancora molto al di sotto di quello che sarebbe un prezzo equo per il lavoro che facciamo su questa montagna dal microclima quasi unico nel suo genere”. 

Il passaggio finale? Andare a toccare anche l’altro aspetto della sostenibilità, quello sociale: “Fare cioè in modo che la politica renda possibile per le aziende la comunicazione delle attività che fa perché il proprio prodotto sia socialmente etico. L’unica via è una totale trasparenza comunicativa”. 

Pubblicità

Pubblicità

Go to Source

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *