La storia di Rodrigo: 11 anni, una malattia rarissima e un videogioco che lo aiuta a esprimersi

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Rodrigo è nato 11 anni fa con una malattia neuromuscolare genetica rarissima: l’artrogriposi lo blocca in carrozzina perché gli provoca contratture articolari in tutto il corpo. Non si muove, non parla, viene alimentato artificialmente. A malapena muove gli occhi.

Sua madre Moira lo assiste da sempre. Con una speranza: “Che riesca prima o poi a comunicare le sue emozioni”. Solo da un anno e mezzo Moira ha il sorriso sulle labbra.

Grazie alla Fondazione TOG onlus (Together To Go) di Milano, Rodrigo ha potuto sperimentare un nuovo sistema di riabilitazione con l’utilizzo di videogiochi. TOP! (Together to Play, così si chiama) è un dispositivo che fa parte della collezione di ausili di UNICO – The Other Design, progettato da Fondazione Together To Go Onlus e OpenDot, in collaborazione con Dotdotdot e WeAreMuesli, con i partner scientifici PhuSe Lab UniMi e Fondazione Mondino di Pavia, ed è stato realizzato grazie al contributo finanziario di Fondazione Just.

“Mio figlio parla con gli occhi” 

Rodrigo prima aveva lo sguardo fisso: senza stimoli non ci pensava nemmeno a muoverlo. “Quando la fondazione mi ha proposto la consolle di videogiochi per cercare di sollecitarlo, mi sono detta: proviamoci – racconta Moira -. Con il centro TOG eravamo entrati in contatto quando Rodrigo aveva un anno e mezzo. Per tutti questi anni abbiamo lavorato utilizzando strumenti diversi, come ad esempio la musicoterapia. L’hanno stimolato in tutti i modi, e solo dopo un po’ di tempo abbiamo capito che era cosciente”.

“Da quando è entrato nella sua vita di tutti i giorni questo nuovo sistema che utilizza videogiochi, un paio di anni fa, Rodrigo ha iniziato a lavorare con gli occhi, li muove e si concentra di più – prosegue la mamma -. La piattaforma va utilizzata spesso, e ci vuole anche molta pazienza. Inizialmente è stato importante far capire a mio figlio come usarla: con piccoli giochini che emanavano suoni, e lui che li seguiva con gli occhi. Da allora ad oggi Rodrigo ha fatto progressi perché è in grado di dare risposte più precise. Ad esempio, se compaiono sullo schermo le immagini di un cane e un gatto e lui, indirizzando lo sguardo verso l’uno o l’altro, ci dice quale preferisce”. 

“Si concentra divertendosi”

Secondo Moira c’è un altro aspetto da sottolineare in questa impresa che si sta sviluppando da un anno e mezzo: “È importante anche per la concentrazione, anche se per Rodrigo è stancante – dice -. Ma si capisce che gli piace molto perché con questo sistema riesce a comunicare, e pure a guardare i cartoni animati. Si allena al centro una volta a settimana, ma lo utilizza anche a scuola e a casa: non più di 40 minuti alla volta”.

“Certamente i giochi a cui ci riferiamo non sono uguali per tutti – conclude -. Ognuno adotta un programma compatibile con il proprio handicap. Rodrigo è un caso complicato: siamo partiti da un livello leggero e stiamo procedendo con calma. L’obiettivo è che riesca a comunicare tutto quello che pensa e prova. Per ora avvertiamo il suo star bene dai segnali che ci dà, con un sì o con un no. Ma vorremmo arrivare ad avere risposte più precise, una comunicazione totale”.

Ecco come funziona il dispositivo 

I giochi TOP! si dividono in tre gruppi: giochi di allenamento (in cui rispondere a input di causa/effetto attraverso l’interazione oculare), giochi cognitivi (che attraverso l’esplorazione sistematica dello spazio consentono la risoluzione di compiti di differenti livelli di complessità) e giochi ludici, studiati in modo da coinvolgere il bambino in attività di puro intrattenimento e finalizzati alla espressione delle sue emozioni.

Così il bambino può essere chiamato ad associare due immagini (tra un bicchiere prima vuoto e poi pieno, una bottiglia e un altro oggetto deve scegliere la sequenza giusta spostando lo sguardo da un oggetto all’altro); altre volte sullo schermo compaiono piccoli percorsi da seguire, come il dover portare un oggetto da una parte all’altra facendo riferimento a piccole impronte. Oppure il piccolo paziente può essere chiamato, semplicemente, a divertirsi, ad esprimere le proprie emozioni attraverso, ad esempio, ai tradizionali giochi di strada riproposti on line. 

Software scaricabile

Il software è stato realizzato con il contributo scientifico del Centro di Neuroftalmologia dell’età evolutiva della Fondazione Mondino di Pavia. Può essere utilizzato in ospedale ma, essendo scaricabile, potranno essere date indicazioni ai genitori perché lo utilizzino a casa. A patto, però, che abbiano un puntatore oculare (eye trekker).

Il programma di giochi, soprattutto per la definizione delle caratteristiche delle componenti dello sguardo, la valutazione di bambini e ragazzi che lo utilizzano e l’analisi dati sulla risposta oculare, consente di calibrare l’eye tracker sul singolo bambino in semplici passaggi e permette il controllo e la gestione della singola sessione di gioco modificando parametri come il tempo, la fissazione o la velocità.

Puntatori di ultima generazione

“I puntatori di ultima generazione – spiega Sabrina Signorini, responsabile del Centro di Neuroftalmologia dell’età evolutiva della Fondazione Mondino di Pavia, che cura in media 900 pazienti all’anno – possono offrire un ulteriore contributo alle attuali metodologie valutative e riabilitative nei bambini con pluridisabilità, essendo lo sguardo uno dei principali mezzi di interazione, comunicazione e conoscenza, fin dalle epoche più precoci della vita. Non parlo di bimbi con ipovisione o non visione, per cui questo strumento non è adatto, ma di quelli per cui il centro visivo non è compromesso”.

La raccolta dati

La fase di raccolta dati, che succede alle sessioni di gioco, si rivela fondamentale per monitorare i progressi del bambino. Tutte le sessioni possono essere registrate e visualizzate, è possibile infatti calcolare delle statistiche – per esempio del tempo in cui il bambino guarda lo schermo, o la percentuale delle fissazioni e dei movimenti saccadici – in riferimento al singolo bimbo o nel confronto con altri pazienti.

“I bambini affetti da patologie neurologiche complesse possono avere difficoltà cognitive importanti, spesso associate anche a disabilità motoria – conclude Signorini – Per questo, spesso, non hanno possibilità di parlare, esprimersi o trasmettere le proprie emozioni e il proprio potenziale comunicativo. Lo sguardo, grazie al suo valore interattivo e comunicativo, può aprire un varco sul loro mondo interiore e consentire un dialogo con la realtà che li circonda”.

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