La vaccinazione tra i giovanissimi: un esempio di cittadinanza attiva

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Tra i miei amici in molti, in questi giorni, hanno prenotato il vaccino accedendo agli open day. Anch’io ho strappato un biglietto vincente per una dose di AstraZeneca a Roma, in una sessione per over 18, dopo alcune ore confuse in cui il sistema informatico sovraccarico sembrava impazzito. Ho atteso con perseveranza il deflusso dell’alto numero di richieste che intasava il server. Mi era già successo con il bonus bici. Ma la pazienza mi ha ripagato. 

Dunque è iniziata la corsa ai vaccini, per chi vuole ottenerli. E, da quello che percepisco dai racconti e dalle testimonianze dei giovani che conosco, c’è grande entusiasmo e fermento. Il green pass, che permette di muoversi senza tamponi dopo due settimane dalla dose che completa l’efficacia del vaccino, è ormai la soluzione al ritorno al movimento. Il green pass ora è ambito più di una prima fila a un concerto della band preferita. 

Ma non c’è solo la voglia di viaggiare. Il continuo ricorso al tampone impatta a livello economico sui giovani che non possono permettersi di sostenere a lungo spese così elevate. Soprattutto chi lavora in situazioni animate, in comunità, penso ad esempio alle realtà assemblearistiche e a quelle di attivismo collettivo, vuole tornare a circondarsi di persone, fare rete, sviluppare progetti tramite un contatto diretto. 

L’altro ieri si è tenuto a Roma un importante festival, Next Gen It, la festa della Repubblica dei giovani, durante il quale molti hanno ribadito la propria sofferenza per essere stati privati così a lungo degli eventi in presenza. Grande era la felicità per aver partecipato al nostro primo appuntamento pubblico dal vivo. Per come sono fatto, io ho sempre preferito rimanere più defilato, in silenzio. Al di là di esserne toccato o meno a livello intimo, psicologico, o di aver vissuto direttamente la sofferenza per la perdita o la malattia di persone care, non ho mai voluto in pubblico demonizzare la pandemia. 

Assisto a qualcosa di più grande di me, ripongo la mia fiducia nelle buone notizie che, messe in fila, danno l’idea che stiamo facendo progressi e questo mi fa stare meglio. Non mi sono mai sentito bloccato, perché mi sono sempre considerato in grado di adattarmi ai vari eventi della vita: sia per quello che riguarda le mie decisioni, sia per come mi adatto a quello che succede.

Con i miei giovani occhi vedo che la pandemia ha inciso profondamente nel sistema in cui viviamo, fatto di interscambi, viaggi sfrenati, allevamenti intensivi, metropoli in espansione, eccetera. Di questo sistema, di cui non comprendo le dinamiche più complesse, colgo però un aspetto semplice: in passato ho potuto godere di molti privilegi e vorrei che potessero tornare. Penso all’accesso alle informazioni, tranne quelle segrete, ovviamente; ai viaggi europei a prezzi modici; alla contaminazione tra le culture, un processo antico, che inizia con la storia dell’uomo, ma che considero fondamentale per la mia identità globalizzata, multilingue, ricca di opportunità e di scelte per i gusti personali. 

La possibilità di muoversi, fondamentale per sfuggire al precariato, è alla base della mia vita e di quella dei miei coetanei, poiché nella mia generazione, come mai prima, le risposte alle nostre esigenze arrivano trasportate da un vento intercontinentale. Potrei sbagliarmi, ma secondo me la reazione eccitata dei giovani agli open day — così numerosi da mandare gli hub in overbooking — fornisce un esempio importante di cittadinanza attiva. Noi giovani siamo pronti a ripartire e a farlo su più fronti: dal rumore roboante della vita alle notti raminghe fino ai progetti di innovazioni, che (lo dico per iperbole) fanno tremare le poltrone dei più vecchi.

Gramsci diceva che nella vita dalla delusione nasce la speranza. Sono sicuro che resteremmo molto delusi se questa non fosse un’occasione per ripartire con speranza e idealismo. Di questo i giovani hanno bisogno. E di segnali di speranza hanno bisogno anche da parte degli adulti. Se quello che abbiamo vissuto è stato un punto buio del nostro divenire, quella degli open day è speranza ed è da qui che nasce la nostra splendida esuberanza.

L’autore ha 24 anni e ha pubblicato per Einaudi Stile Libero “Mio fratello rincorre i dinosauri” e “Gli squali”

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