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L’allarme di Federvini: “Con la guerra in Ucraina si rischia di perdere tutto il mercato orientale”

I risvolti della guerra voluta da Putin sono sempre più drammatici e pesanti e si riversano anche sulla filiersa vitivinicola italiana e mondiale. “Penso prima di tutto alla tragedia umanitaria, ai tanti morti, alla devastazione di città e campagne, a chi è costretto a fuggire dalla propria casa. Ma dopo tanti giorni, è tutto il sistema che si sta sgretolando”. A parlare è Micaela Pallini, presidente di Federvini e alla guida dell’azienda di famiglia, l’unica grande distilleria rimasta attiva a Roma. “Con la sfida del gas, con la svalutazione del rublo e il tentativo di imporre questa moneta per i pagamenti da parte dei russi, con i prezzi delle materie prime saliti alle stelle, ci sono sempre più prodotti e settori che entrano in crisi – spiega la presidente -. Non si tratta più di calcolare la perdita di valore e di risultati, ma di valutare con grande cautela ciò che accadrà nelle prossime settimane, perché le incognite sono tantissime”.

Micaela Pallini, presidente di Federvini 

Il mercato del vino sta risentendo molto gli effetti di questo sciagurato terremoto. Negli ultimi anni le case italiane avevano puntato molto su Mosca e l’Italia rappresenta il primo fornitore di vino in Russia, ma anche in Ucraina: nel 2021, gli acquisti di vino italiano da parte di questi due Paesi è stato di circa 400 milioni di euro, quasi il 6% di tutto l’export di vino del Bel Paese. “Il pacchetto di sanzioni comminato alla Russia dal Consiglio europeo ha di fatto risparmiato il vino, sancendo un divieto alle spedizioni verso Mosca solo per le bottiglie sopra i 300 euro, ma il mercato è comunque paralizzato e non c’è all’orizzonte alcuna prospettiva – continua -. La progressiva escalation ha innescato ulteriori tensioni sui prezzi di tutte le materie prime comprese quelle agricole, sia come diretto riflesso del ruolo dell’Ucraina e della Russia nelle forniture globali, sia indirettamente come risposta dei mercati all’instabilità politica e alle incertezze conseguenti agli effetti delle sanzioni”.

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L’Italia esporta in Russia vini e mosti, inclusi i vini aromatizzati, per un valore pari a 345 milioni di euro (dato Agenzia Ice). Gli spumanti rappresentano quasi la metà del valore. Gli spirits raggiungono un valore pari a circa 30 milioni. “Le imprese del settore spumantistico, prevalentemente concentrate nelle Regioni settentrionali del Paese, sono quelle più colpite – dice Micaela Pallini -. In particolare, la Russia rappresenta una destinazione molto rilevante per la denominazione Asti, con un valore nel 2021 pari a circa 21 milioni di euro. Anche i vini aromatizzati, in particolare il Vermouth, hanno una presenza consolidata con trend di crescita importanti e un valore di circa 18 milioni”. Più contenuti – ma pur sempre significativi – i numeri dell’Ucraina. Nel 2021 l’Italia ha raggiunto un valore dell’export pari a circa 64 milioni di euro, di cui un terzo è rappresentato dai vini spumanti con un valore pari a quasi 23 milioni.

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“I fidi in Russia sono stati tutti cancellati, i pagamenti sono bloccati e le vendite sono ferme – sottolinea la presidente di Federvini -. Ci sono difficoltà nella quotazione dei prezzi e si è bloccata la programmazione del piano degli investimenti Ocm dedicati al vino. Auspichiamo quanto prima la fine del conflitto e il ritorno del dialogo, ma anche una politica attenta ad evitare le speculazioni sui prezzi. Il rischio maggiore è che arrivino contro sanzioni che rendano ancora più difficile continuare a commerciare con quel Paese. Perdere il mercato orientale sarebbe gravissimo per le nostre aziende”.



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