Lampedusa, la disperazione per la bimba morta e per i dispersi. Nella notte salvate quasi 600 persone

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Boza, boza, “evviva, vittoria, siamo arrivati”, cantavano Yahe e le altre mamme prima che il barchino di latta su cui viaggiavano si schiantasse sugli scogli a pochi metri da Lampedusa e il mare strappasse via figli, fratelli, mariti, sogni. Boza, Boza era il grido che si levava dai ponti del maxipeschereccio arrivato nella notte sull’isola, raggiungeva le motovedette che lo scortavano, superando anche il rumore dei motori con la forza di 576 persone che si sanno vive, salve.

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Ancora una volta Lampedusa è crocevia di speranza e tragedia, di lutto e progetti per il futuro. Mentre Yahe e altre donne piangevano figli e mariti persi fra le onde, nella notte a centinaia si incolonnavano sul molo Favaloro, dopo aver viaggiato pressati per giorni tutti insieme sull’ennesimo peschereccio partito dalla Libia. “Potenziali stragi galleggianti” le chiamano ormai i soccorritori, consapevoli che quei “mostri” non sono caso o eccezione, ma nuovo trend lungo le rotte che partono dalla Libia. Quello arrivato nella notte è il sesto solo nell’ultimo mese e mezzo.
Su quella tunisina, con la processione di barchini di latta ripartita dalle coste di Sfax, già si tornano a contare i morti. Di certo una bimba, ma ci sono altri otto dispersi, fra cui due bambini, spariti fra le onde quando il barchino si è schiantato sugli scogli di Capo Ponente e improvvisamente si è rovesciato. “Pensavamo di essere arrivati, che il peggio fosse passato”, ripeteva ieri notte Yahe sul molo. Guineana, vent’anni appena nel naufragio in un attimo ha perso il marito e solo grazie alla forza della disperazione ha stretto a sé la sua piccolina di appena un anno e otto mesi, tentando di tenerla a galla.

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Ma tutti i suoi sforzi non sono bastati, quando l’equipaggio della Guardia costiera le ha soccorse e portate a bordo la piccola respirava ancora, ma a stento, poi si è arresa. Troppo il freddo, troppa l’acqua che ha riempito i polmoni e l’ha uccisa. “Pensavamo di avercela fatta”, diceva ieri e scuoteva la testa, zuppa e inconsolabile, mentre i volontari di Mediterranean Hope – programma migranti della Federazione chiese evangeliche in Italia – cercavano di riscaldarla, confortarla, sostenerla. Attorno, altre donne piangevano, figli, mariti e fratelli, altri sopravvissuti con gli occhi sbarrati sembravano chiedersi “perché proprio io”.
Già nella notte gli psicologi della Croce rossa hanno iniziato i primi colloqui per aiutarli a superare lo shock. Si continuerà anche oggi, soprattutto con chi spera che il mare restituisca una speranza o almeno un corpo da piangere. Su quello della piccola, in mattinata si effettuerà l’ispezione cadaverica. Ma non c’è giallo sulla sua morte: del Mediterraneo trasformato in tagliola da politiche di frontiera sempre più restrittive sono quasi sempre i più piccoli a pagarne le spese.

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“La notizia della morte di una bambina di due anni – dichiarava ieri sera poco dopo il naufragio Debora Diodati, vicepresidente della Croce rossa italiana – è quantomai tragica, soprattutto oggi in cui ricorre la Giornata per i diritti dell’infanzia”. Di bambini e ragazzini, inclusi tanti che hanno affrontato il viaggio da soli, l’hotspot è pieno, ma per i numeri precisi bisognerà attendere.

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Dopo i nove arrivi di ieri, le procedure di identificazione sono ancora in corso. E tutti sono arrivati stremati. Gli ultimi 576 sono partiti dalla Libia che si conferma inferno di detenzione e abusi per chi ci passa, con la prigionia che rimane business criminale buono per estorcere denaro ai familiari dei prigionieri, filmati mentre vengono torturati e abusati per costringere i loro cari a pagare.
Di quell’orrore da settimane ormai Refugees in Libya, la rete che riunisce chi ha attraversato quell’orrore e chi sta cercando di farlo, pubblica i filmati che i parenti dei prigionieri ricevono, chiedendo un intervento immediato al governo libico, “interlocutore e partner dell’Unione europea” e facendo appello a Unhcr, Unicef e le altre agenzie internazionali presenti in Libia. Ma al momento tutte le richieste sono cadute nel vuoto.

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