Le relazioni pericolose della galassia 5 Stelle. Ecco il Sistema del blog

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C’è una data dalla quale è necessario partire per ricostruire il rapporto tra Vincenzo Onorato, il patron della Moby, Beppe Grillo e Davide Casaleggio. Una data che segna la linea d’ombra della storia di un Movimento che sulla carta non accettava grandi finanziatori. Ma che in realtà quei finanziatori li dirottava nelle “srl” personali. Il sito di Beppe Grillo, dice oggi la procura di Milano. Ma – a leggere gli atti della Guardia di finanza – soprattutto la Casaleggio associati. Quella data è il primo marzo del 2020. Quel giorno viene risolto consensualmente, infatti, un contratto firmato nel 2018, “per un corrispettivo pari a 600mila euro della durata di due anni”, tra la Moby e la Casaleggio associati. Un contratto che aveva lo scopo di “sensibilizzare le Istituzioni sul tema dei marittimi”, e che Onorato aveva stipulato anche con, nemesi per i 5 Stelle, la fondazione Open di Matteo Renzi.

Ma perché a marzo del 2020 Onorato decide di non proseguire il rapporto di consulenza? Facendo una ricerca su fonti aperte, balza agli occhi una circostanza: da tempo sui giornali un bel pezzo di 5 Stelle fanno trapelare che il rapporto con la casa madre deve risolversi, ognuno per la sua strada. A causa delle consulenze ingombranti della società milanese ma pure delle divergenze politiche, con il “pianeta Rousseau” ostile al centrosinistra. Appare chiaro a tutti che l’influenza di Casaleggio sul Movimento, e quindi anche sul governo in carica, è terminata. E così forse per caso o forse no si interrompe anche il finanziamento. Questi atti sono, ora, all’attenzione della Finanza e dalla procura di Milano. Che, però, ha deciso di non iscrivere nel registro degli indagati il giovane Casaleggio. Il perché in realtà è una condanna politica: gli investigatori ritengono, almeno per il momento, che le ragioni del contratto siano corrette. Che quei fondi incassati da Casaleggio, come da dicitura, fossero effettivamente per attività di lobbying. E che la società era stata dunque pagata per il lavoro che, effettivamente, aveva realizzato: lobby nei confronti del partito anti-lobby per eccellenza.

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Diversa è invece la situazione di Grillo. Gli investigatori annotano “un trasferimento” da parte della Moby “in favore di Beppe Grillo srl in relazione a un accordo avente finalità” commerciali, “di euro 120mila della durata di due anni”. I soldi sono per pubblicità. E, effettivamente, sul sito di Grillo appaiono alcuni banner pubblicitari. Il punto è che si tratta di una cosa straordinaria: secondo gli atti analizzati fin qui dalle Fiamme gialle, infatti, Moby è l’unico inserzionista del sito di Grillo in quel momento. Che, per il resto, intasca invece pubblicità dai motori di ricerca. Perché allora quel contratto con Onorato? Di più: negli stessi giorni in cui c’è traccia dei bonifici, c’è il giro di messaggi da Onorato a Grillo. E da Grillo ad alcuni suoi deputati. E ministri. Il tutto mentre il banner “Moby” che rimanda al sito per comprare online i biglietti lampeggia sul sito. Un pasticcio, sospetta la Finanza. Che tra l’altro ha acquisito tutti i bilanci della società.

Quello della Casaleggio ha alcuni aspetti interessanti. Innanzitutto nei numeri: nel momento in cui, siamo nel 2020, tutte le società che si occupano di digitale, e in particolare di e-commerce, hanno avuto un boom (la pandemia, l’esplosione del commercio da casa eccetera), la Casaleggio associati perde il 25 per cento del fatturato (chiuso a 1,7 milioni), chiudendo per la prima volta con una perdita di circa 300mila euro. Questo dopo che nei due anni precedenti aveva fatto registrare un raddoppio del fatturato, passando da 1,17 del 2017 ai 2,24 del 2019. A pesare è stato sicuramente l’abbandono del contratto con Moby, che rappresentava quasi un terzo dell’intero giro di affari. A conferma che l’accordo con Onorato non era uno qualsiasi.

D’altronde la società di navigazione non era stata la sola a credere alla Casaleggio in quello stesso periodo. È un fatto che nel 2017, col vento in poppa per il M5S, i bilanci della società di consulenza avevano ripreso fiato. Dopo tre anni di rosso, avevano cominciato a chiudere con il segno più. Erano entrati clienti importanti: Poste e Microsoft, ma anche Sap, Mashfrog, Mail Boxes etc. e Webperformance. Tra il 2017 e il 2020, “in diverse fatture”, la Philip Morris bonifica alla Casaleggio associati 1.950.166 euro per la sua attività di azienda, perché – spiegò la multinazionale – “Philip Morris non finanzia partiti, fondazioni o movimenti politici in Italia”.

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Casaleggio non ha mai voluto rendere noti i nomi di tutti i suoi clienti durante i governi 5 Stelle. Questione di privacy dei clienti, disse. Ma agli atti c’è un’interrogazione del Pd che chiede conto di un finanziamento (con cifre molto diverse, inferiore ai 10mila euro) di Deliveroo, società di food delivery. Per questo l’allora ministro del Lavoro, Luigi Di Maio, fu accusato dai collettivi di rider di aver ammorbidito la propria linea in difesa dei ciclofattorini. Altra epoca comunque. Oggi, si racconta nei corridoi parlamentari, Casaleggio associati rischia grosso. Ragioni di scarsa influenza.

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