Lega, tutti gli ostacoli in Ue che Salvini deve superare per entrare nel Ppe

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BRUXELLES – ROMA. Il piano per trasmigrare nel Partito popolare europeo è ormai pronto, passa per Alternativa popolare, brand politico fondato da Beatrice Lorenzin utile a dare un tocco centrista alla nuova Lega di governo. Ci lavora ormai a tempo pieno Giancarlo Giorgetti, aiutato dietro le quinte dall’ex presidente del Senato Marcello Pero. Con Matteo Salvini che al momento lascia fare, senza sbilanciarsi anche se, confidano diverse fonti leghiste, con l’ingresso nel gabinetto di Mario Draghi la svolta dovrebbe essere inevitabile anche agli occhi del “Capitano”. Tanto che lo stato maggiore leghista ha ripreso a lavorare alla tournée di Salvini nelle principali cancellerie europee, a partire da quelle di Francia e Germania, per accreditare la rinascita centrista del Carroccio.

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La partita resta comunque ad alto coefficiente di difficoltà. Non solo perché il segretario non ha ancora dato formalmente il suo via libera al piano, ma anche perché all’interno dello stesso Partito popolare europeo molti partiti sono contrari al matrimonio con Salvini, l’alleato di Le Pen e Alternative Fuer Deutschland, il ministro dei porti chiusi e il teorico del sovranismo anti-euro.

Diversi membri di spicco del Ppe raccontano infatti che al momento quella stessa maggioranza interna al gruppo all’Europarlamento – il più folto a Bruxelles – favorevole all’espulsione di Viktor Orbàn, è anche contraria all’ingresso della truppa leghista. Con una differenza: per cacciare l’ungherese serve il quorum di due terzi del gruppo di Bruxelles, al momento soglia non raggiungibile, mentre per dire “no” a Salvini è più che sufficiente la maggioranza semplice. Non solo, fonti europee spiegano che la Cdu di Angela Merkel, prima forza politica del Ppe, non intende lasciar avvicinare la Lega prima delle elezioni in Germania del prossimo 26 settembre, visto che gli elettori non capirebbero l’aspra lotta in patria contro i sovranisti di Afd, e la partnership a Bruxelles con Salvini, oggi loro alleato all’Eurocamera. Infine la stessa Cdu al momento appare riluttante a far entrare un secondo partito italiano nel Ppe che sommando i suoi 29 eletti agli 8 di Forza Italia regalerebbero l’egemonia all’interno del gruppo alla delegazione italiana, scalzando proprio i tedeschi.

L’analisi

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Insomma, la cautela è tale che al momento i big del Ppe cercano anche di evitare un dibattito pubblico sulla Lega. Eppure il Carroccio ha bisogno di muoversi, come ha dimostrato il voto di ieri sera del Parlamento europeo sul lancio del Recovery Fund, che ha decretato la spaccatura all’interno del gruppo sovranista di estrema destra guidato dalla Lega (Identità e democrazia): mentre i padani dopo la svolta europeista pro Draghi per la prima volta si sono espressi a favore, i francesi di Marine Le Pen si sono astenuti e i tedeschi di Afd hanno votato contro. Una frattura destinata a riproporsi su ogni voto sensibile a Bruxelles.

La Lega si attrezza a gestire questa “separazione in casa” almeno per un anno, visto che se dovesse uscire dal gruppo guidato proprio dal padano Marco Zanni in attesa del (non certo) approdo nel Ppe dovrebbe passare al misto, perdendo soldi, cariche e visibilità politica.Scenario che il leader vuole evitare. Intanto tra Roma e Bruxelles il corteggiamento dei popolari procede a pieno ritmo.

Come visto, un apparentamento immediato al Ppe non sembra possibile, ma è evidente che in vista delle europee del 2024 se l’emorragia di voti di Forza Italia dovesse proseguire, i popolari avrebbero un problema di rappresentanza (e di seggi) in Italia. Ecco su cosa punta la Lega, garantire un ampio numero di eletti alle prossime europee per contribuire a far restare il Ppe primo partito  dell’Assemblea Ue. Però accelerando i tempi rispetto a un ingresso a ridosso del voto continentale.

Il cavallo di Troia individuato dalla Lega porta il nome di Gianluca Rospi, deputato a Montecitorio eletto nei 5Stelle ma passato al gruppo misto ma soprattutto detentore del simbolo di Alternativa popolare, partito fondato dall’ex ministro Lorenzin associato al Ppe. L’idea è di fondere la Lega ad Alternativa popolare: sarebbe il passepartout per agevolare in qualche modo l’ingresso nei popolari evitando la forca caudina del voto del Congresso e del gruppo. Intanto è stato affidato a Paolo Alli, altro deputato di Alternativa popolare, di preparare l’organizzazione sul territorio della svolta centrista della Lega.

L’idea di Giancarlo Giorgetti è di completare l’operazione prima delle elezioni politiche in Italia e subito dopo dell’elezione del nuovo presidente della Repubblica. Dunque un orizzonte temporale di circa un anno, ben prima delle europee del 2024. Per sostenere politicamente l’operazione, è tornata in auge l’idea di quel tour nelle cancellerie europee per accreditare la svolta europeista di Salvini, con lo stato maggiore del Carroccio che punta forte su Merkel e Macron.

In parallelo il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, ha ricevuto mandato a lavorare a un incontro, una sorta di bilaterale, con Markus Soeder, potente presidente della Baviera, presidente della Csu, partito gemello della Cdu di Merkel, e possibile candidato cancelliere a settembre. A quel vertice intende partecipare Matteo Salvini. Insomma, un intenso lavoro diplomatico al quale sottotraccia contribuisce anche Marcello Pera, ex presidente del Senato teorico della svolta centrista della Lega che non a caso nelle ultime settimane è tornato ad apparire in tv. 

Il piano è pronto, le incognite restano, con Salvini che al momento lascia andare avanti l’anima centrista della Lega. Ma su questa partita si gioca la leadership e il suo futuro politico.

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