Legge elettorale, Rosatellum come si vota: domande e risposte

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Terza puntata con le risposte alle vostre domande sulla legge elettorale con cui voteremo il 25 settembre. Tra i temi trattati in questa uscita: come si calcola la ripartizione proporzionale dei seggi, la possibilità del voto disgiunto (in sintesi: non c’è). E ci concediamo anche una chiusura fantapolitica.

Partiamo dalla domanda più tecnica e dalle conseguenze di quel tecnicismo. Antonino F. chiede: Quale metodo di calcolo viene usato per l’assegnazione dei seggi al proporzionale:  metodo d’hondt o quello hare-niemeyer??

Risponde Alessandro Chiaramonte, docente all’Università di Firenze.

La ripartizione dei seggi proporzionali (in totale: 245 alla Camera, 122 al Senato) avviene mediante il metodo del quoziente naturale (o Hare) e dei più alti resti, applicato a livello nazionale alla Camera e a livello di ogni singola regione al Senato. Partecipano a tale ripartizione le liste singole e le coalizioni di liste che hanno superato le soglie di sbarramento. Una volta determinato il totale dei seggi spettanti a ciascuna coalizione (e, in seguito, a ciascuna lista all’interno di essa) e lista singola, questi seggi vengono “ribaltati” prima nelle circoscrizioni e poi nei collegi plurinominali (alla Camera), oppure direttamente nei collegi plurinominali laddove presenti (al Senato), attraverso un complesso meccanismo di calcolo che consente di rispettare il numero di seggi che devono essere assegnati a livello territoriale in base alla popolazione residente. E’ nei collegi plurinominali che, infine, i seggi attribuiti alle liste consentono di individuare i candidati eletti per ognuna di esse, sulla base del rispettivo ordine di presentazione. 


Gianna V. chiede: Vorrei sapere se è possibile votare un partito nel plurinominale e astenersi nell’uninominale.

Purtroppo non è possibile, perché la scheda elettorale è la stessa e il voto dato nel plurinominale è obbligatoriamente riversato al candidato uninominale sostenuto.


Palumbo L. domanda: So che lista votare per il proporzionale ma non voglio votare il candidato che mi hanno proposto nel collegio uninominale. Come posso fare?

Non può farci nulla, per lo stesso motivo che dicevamo nella risposta qui sopra. Non esiste il voto disgiunto né la possibilità di votare solo su una componente dell’elezione. Può solo decidere di punire il suo partito per il candidato uninominale che hanno scelto e votare per un partito di uno schieramento diverso.

Il Rosatellum dà poca libertà all’elettore, è una delle maggiori critiche a questa legge sin dal 2018.


La domanda di Sergio D. nasconde qualcosa che non è chiaro se sia una speranza o un timore: Se a Bologna si fa la croce su Casini all’ uninominale il voto finisce lì? 

Non siamo sicuri di aver interpretato correttamente il “finisce lì”: sembrerebbe l’inverso della domanda precedente. Sergio vuole votare per Casini ma non vuole che il suo voto vada ai partiti che lo sostengono? Se è così, la risposta è la stessa: non può evitare che il suo voto venga ‘spartito’ tra le liste della coalizione.

Il Rosatellum prevede che in caso di coalizione, tutti i voti dati direttamente al candidato uninominale (ovvero facendo un segno direttamente sul suo nome) vengono divisi tra i partiti della coalizione. Non in quote uguali però, bensì in proporzione ai voti presi dai partiti della coalizione in quel collegio.

L’esempio numerico è il seguente. Nel collegio uninominale di Bologna, 1000 elettori decidono di dare il proprio voto direttamente a Casini, e non ai partiti. Casini però è sostenuto da 4 liste: Pd, Sinistra Verde, +Europa e Impegno Civico. Ipotizziamo che gli elettori che hanno scelto il centrosinistra in quel collegio si sono divisi come segue: al Pd l’80% dei voti della coalizione, a Sv il 12%, a +Europa il 6% e a Ic il 2%.

Quei mille voti andranno quindi divisi così: 800 al Pd, 120 a Sv, 60 a +Europa e 20 a Impegno civico. Ecco dove finirebbe il voto dato solo a Casini.


Camillo T. chiede un aspetto ipertecnico. Supponiamo che il partito A di una coalizione prenda lo 0.99% dei voti totali, ottenuti indicando espressamente il simbolo del partito. Può superare l’1% con i voti del solo candidato uninominale, suddivisi in proporzione? Ovvero, per superare la soglia dell’1%, contano solo i voti espressi sulla lista del partito?

Sì, può in linea teorica succedere. Perché la distribuzione tra le liste di una coalizione dei voti presi dal singolo candidato uninominale avviene prima del calcolo delle soglie di sbarramento. Quindi in teoria può succedere.


Ci sono poi due lettori che sostanzialmente chiedono la stessa cosa, domande che vertono più sulla prassi costituzionale che sulle norme della legge elettorale

Giuseppe T. chiede: “E’ più importante dare il voto al PD o posso anche tranquillamente votare gli alleati di coalizione? In pratica se il PD prendesse anche un solo voto in più  di FDI, o di qualsiasi altro partito a chi verrebbe affidato il compito di formare un nuovo governo, al partito o alla coalizione che prenderebbe un voto in più?”

E Luigi S. si lancia in uno scenario (ci consenta) un po’ da fantapolitica: E’ tecnicamente possibile, nel caso in cui tutti gli elettori esprimessero un voto opposto per i due rami del parlamento (ad esempio: coalizione di sinistra per la Camera dei Deputati e coalizione di destra per il Senato, o viceversa) ottenere il risultato di “costringere” le maggiori forze politiche (che si troverebbero, quindi, ipoteticamente, ad avare la maggioranza in uno dei rami del parlamento ma non dell’altro), a trovare un tavolo di lavoro comune per governare (a prescindere poi da chi possa essere il Presidente del Consiglio)?

Proviamo a rispondere. Una volta insediate le nuove Camere, sarà il Presidente della Repubblica nella sua autonomia a decidere a chi affidare il compito di formare il nuovo governo, una volta sentite le forze politiche nelle consultazioni. Il Presidente dovrà valutare però non chi è il primo partito, bensì l’esistenza di una maggioranza. In pratica: se anche il Pd fosse il primo partito ma i partiti del centrodestra avessero la maggioranza assoluta di Camera e Senato, il Presidente della Repubblica dovrebbe incaricare la persona che i partiti del centrodestra indicano come futuro premier. Allo stato attuale, Giorgia Meloni, se Fratelli d’Italia si confermasse primo partito della coalizione.

Diverso sarebbe se la coalizione di centrodestra non ottenesse la maggioranza assoluta dei seggi in entrambe le camere o se si dividesse in maniera irreparabile sul nome da sostenere. A quel punto solo Mattarella sarà in grado di trovare una quadra soddisfacente.

Quindi, Giuseppe, non esiste un automatismo per cui al partito più votato va garantito il tentativo di formare un governo.

E per rispondere a Luigi. La legge elettorale non ha al suo interno un meccanismo che possa escludere il fatto che tutti gli italiani si mettessero d’accordo per dare la maggioranza di una Camera a una coalizione e la maggioranza dell’altra Camera alla coalizione opposta. Perché l’Italia è una Repubblica parlamentare, e a quel punto la patata bollente finirebbe al Quirinale, che dovrebbe trovare tra i partiti un accordo. Oppure sciogliere di nuovo le Camere, se fosse impossibile trovare un’intesa.

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