Len Blavatnik, il patron di Dazn che vuole conquistare il calcio italiano

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Dazn, la media company digitale che distribuisce sulla sua app eventi sportivi in più di 100 paesi del mondo, sta cercando l’affondo sul mercato italiano. I suoi manager hanno da poco presentato alla Lega Calcio un’offerta da 840 milioni per acquistare i diritti in esclusiva di sette partite della Serie A per tre anni a partire dal campionato 2021-2022, più altre tre partite in co-esclusiva. L’offerta è superiore a quella presentata da Sky e dunque proprio oggi un’assemblea della Lega sta valutando a quale offerta dare corso.

Dazn era sbarcata sul mercato italiano tre anni fa aggiudicandosi tre partite del campionato in esclusiva per 193 milioni, ora cerca di ribaltare i ruoli rispetto a Sky e giocare la parte del leone. Ma, a parte i dubbi infrastrutturali riguardanti la rete internet italiana che secondo diversi esperti non sarebbe ancora pronta per sopportare una visione in streaming di un numero così elevato di partite con collegamenti in contemporanea su singoli contenuti di milioni di utenti, è utile cercare di capire meglio la solidità economica e finanziaria di Dazn (scrutinata dai report di diverse banche d’affari), visto che da essa potrebbero dipendere le fortune o le sventure di molte squadre di calcio italiane.

Il gruppo Dazn è nato nel 2016 come una costola del più ampio e consilidato Access Industries, il gruppo dell’imprenditore russo, ma con passaporto americano, Leonard Blavatnik, che nel 2019 aveva attività valutate circa 20 miliardi di dollari in diversi settori, dall’immobiliare al tecnologico, dal petrolchimico fino ai media e all’entertainment (ha acquistato per 3 miliardi di dollari la Warner Music, ha investito in Snapchat, Spotify, Zalando). Fondata nel 1986 Access Industries riesce ad emergere dopo il crollo del Muro di Berlino grazie alla famosa “guerra dell’alluminio” scatenatasi a seguito della massiccia privatizzazione delle aziende statali sovietiche nei primi anni ‘90. E da lì Blavatnik costruisce il suo impero che lo ha portato in circa venti anni a diventare, secondo la rivista Forbes, l’uomo più ricco del Regno Unito con 27 miliardi di dollari di patrimonio personale. Altri passaggi cruciali nella crescita di Access sono stati l’acquisto nel 2010 del colosso della chimica statunitense LyondelBasell, che ha poi quintuplicato il suo valore dagli 1,8 miliardi di investimento iniziale, la vendita della partecipazione nella società èpetrolifera Tnk-Bp per 7 miliardi di dollari e l’acquisto, nel 2011, della Warner Music, terza casa discografica del mondo, per 3 miliardi di dollari.

Ma seppure sia ormai considerato un uomo d’affari internazionale di alto livello Blavatnik non ha potuto cancellare del tutto i suoi legami originari con oligarchi russi vicino a Vladimir Putin, come erano i suoi soci Viktor Vekselberg e Oleg Deripaska nella Uc Rusal, il colosso dell’alluminio di cui Access Industries ha detenuto una partecipazione importante fino al 2010. E più recentemente il nome di Blavatnik è stato oggetto di attenzione negli Stati Uniti per aver assoldato come lobbisti due alti funzionari dell’amministrazione Trump a proposito delle interferenze russe nelle elezioni americane del 2016.

Insomma Dazn ha alle spalle un gruppo molto grande e diversificato in cui il suo principale azionista ha investito pesantemente per inseguire il sogno della app di sport visibile via internet sui cellulari di tutto il mondo. Per attirare abbonati e far conoscere il brand Dazn ha sviluppato anche altri due filoni di business: la vendita di pubblicità ai siti di proprietà come Goal.com, Sporting News e SoccerWay e ad altri siti digitali di sport, e gli accordi con società proprietarie di diritti per strategie di produzione, distribuzione e marketing. I tre filoni di business hanno portato tra il 2016 e il 2018 il gruppo Dazn a un fatturato di 373 milioni di sterline (la società è basata a Londra) al netto dello spin off di Perform Content, la società produttrice di contenuti per le media company che è stata venduta nel 2019 all’americana Vista Equity Partners per circa un miliardo di dollari.

Di questi 373 milioni di sterline di ricavi una parte riguarda l’Italia visto che Dazn ha cominciato a operare nel nostro paese da agosto 2018, e secondo stime attendibili il fatturato di Dazn Italy in quell’anno è stato di 75 milioni di euro. Spalmando questi numeri in ragione d’anno e i risultati in termini di abbonati negli anni 2019 e 2020 si arriva alle seguenti considerazioni. Dazn oggi ha un numero di abbonati in Italia che varia tra 1,5 e 1,9 milioni e che portano non più di 190 milioni di ricavi se si calcola che l’abbonamento alla app costa 9,99 euro. Circa due terzi di questi abbonati arrivano però da Sky, con cui Dazn ha stretto un accordo commerciale per permettere a chi poteva vedere le 7 partite su Sky anche le altre 3 sempre su satellite o digitale terrestre. Dunque in questi tre anni di esperienza nel calcio italiano Dazn ha più o meno coperto il costo dei diritti ma non i costi per impiantare la sede e il personale, le produzioni e i costi di pubblicità e marketing, i testimonial come Diletta Leotta.

Su queste basi si possono fare due calcoli su cosa succederebbe alla app di Blavatnik se riuscisse a vincere la partita dei diritti italiani, che prevede una spesa di 840 milioni più gli altri costi con i quali si arriverebbe a superare facilmente il miliardo. L’abbonamento per tutta la serie A a Dazn (7 partite in esclusiva e 3 non co-esclusiva) dovrà per forza salire nell’intorno di 25 euro e dunque per andare a pareggio la app digitale dovrà raggranellare almeno 4 milioni di abbonati. Un compito assai arduo tenendo presente che Sky cercherà di tenersi i suoi 2,9 milioni di abbonati appassionati di calcio o attraverso un accordo con la stessa Dazn per la distribuzione via satellite oppure offrendo loro servizi e contenuti in più. 

Dunque una bella sfida, quella italiana, per il magnate russo e i suoi uomini. L’amministratore delegato di Dazn Simon Deyer ha puntato molto sull’Europa e sul calcio anche in tempi di Covid, che ha messo a dura prova la sopravvivenza della società in quanto molti degli 8 milioni di abbonati nel mondo hanno disdetto l’abbonamento nel periodo in cui gli eventi sportivi erano sospesi. Nel giugno 2020, per esempio, Dazn si è assicurata i diritti per 106 partite all’anno della Bundesliga, da trasmettere in Germania, Austria e Svizzera, andando a far concorrenza a Sky. E sempre in giugno la app digitale ha acquistato i diritti rimanenti della Premier League per Canada, Giappone e Spagna. Secondo esperti del settore Dazn al momento spende per l’acquisto di diritti nel mondo circa 1,6 miliardi all’anno e ha in programma di spenderne fino a 2,5 miliardi entro il 2025. Nel 2019, cioé prima della pandemia, secondo un articolo di SportBusiness dello scorso dicembre, Dazn a livello globale ha fatturato 878 milioni ed è andata in rosso per 1,4 miliardi.

Queste perdite per il momento sono state finanziate dagli azionisti, Access Industries per prima con il suo 76%, il gruppo giapponese Dentsu con il 10% (acquistato nel 2018 per 300 milioni di sterline e dunque valutando la società 3 miliardi) e per il resto dal management e dai dipendenti della società. Blavatnik ha dichiarato di aver investito sinora 4,5 miliardi per il lancio e lo sviluppo di Dazn ma a settembre 2020 si rincorrevano le voci che Access stava cercando un acquirente per una quota importante della società oppure anche per venderla del tutto. Il fondo americano Tpg stava valutando l’acquisto del sito Goal.com per 125 milioni di dollari e la Goldman Sachs si stava attivando per piazzare 500 milioni di obbligazioni del gruppo. Poi in autunno gli eventi sportivi hanno ricominciato, seppur faticosamente, a svolgersi e in questo quadro si inquadra la nuova scommessa italiana. Di una società con un azionista dalle spalle forti ma ancora economicamente fragile e che sta facendo il pieno di diritti in Europa per poi tentare il colpaccio della quotazione in Borsa.

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