L’intelligenza artificiale che prova a far finire la guerra

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Nel 2009, al culmine della tecno utopia, quando in molti credevamo che Internet avrebbe portato soltanto cose buone, a Stanford, l’università dove dieci anni prima era nato Google, era stato fondato il Peace Innovation Lab, un laboratorio con l’obiettivo di studiare come l’innovazione potesse contribuire a portare la pace nel mondo.

Il primo risultato fu una pagina che in tempo reale segnalava il numero di amicizie che si stabilivano su Facebook in zone dove c’era la guerra. Il laboratorio di Stanford esiste ancora ma anche le guerre, nel frattempo le Nazioni Unite hanno deciso di provare sul campo come le tecnologie digitali possono aiutare due fazioni in lotta a capirsi e a trovare punti di incontro.

La decisione di affiancare i “peacekeeper” con la tecnologia è stata presa due anni fa, ne resta traccia in un rapporto, e adesso si vedono i primi risultati. In particolare viene fuori che in due regioni dove i conflitti si trascinano da più tempo, Yemen e Libia, i mediatori dell’Onu si sono fatti aiutare dalla piattaforma di intelligenza artificiale di una startup di New York.

La startup si chiama Remesh, è stata lanciata nel 2014, con l’obiettivo di aiutare le grandi aziende a trasformare in tempo reale le conversazioni dei clienti su un dato prodotto, in dati utili per prendere decisioni. In questo caso la pace, o almeno il dialogo, è il prodotto; e i principali esponenti delle fazioni in guerra sono i clienti.

Remesh funziona via smartphone: fino a mille persone vengono invitate a rispondere, in forma anonima, a delle domande su cosa vogliono davvero, possono rispondere anche in un dialetto locale, e in meno di un’ora il diplomatico ha il quadro esatto di quale potrebbe essere la base per un accordo.

Prima per condurre ricerche di questo tipo ci volevano settimane, a volte mesi durante i quali i conflitti si trascinavano spesso fino al punto di rendere impraticabile la via per la pace. Il salto in avanti è evidente, ma da qui a dire che l’intelligenza artificiale farà finire le guerre nel mondo ce ne passa. Intanto perché quel lavoro resta essenzialmente umano; e poi perché gli algoritmi non sono perfetti ma riflettono le visioni e i pregiudizi di chi li ha progettati. Ma soprattutto perché per fare finire le guerre occorrerebbe porre fine prima alla ingiustizie sociali che le provocano: e per questo non basta una bella startup. 

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