MILANO — A meno di un anno dal lancio dei servizi di intelligenza artificiale generativa (AI), McKinsey interpella i manager di 1.684 aziende di vari settori, e un terzo degli intervistati (913 manager) afferma che sta già utilizzando queste tecnologie in almeno una funzione aziendale. In 12 mesi l’intelligenza artificiale è diventata una realtà e una priorità per tutti: quasi un quarto dei vertici aziendali utilizza strumenti di Ai generativa; più di un quarto di quelli che la utilizzano affermano che è un tema all’ordine del giorno dei loro cda; e il 40% di loro ha aumentato gli investimenti nell’AI.
«È incredibile quanto velocemente si sia evoluta la conversazione sull’AI generativa– spiega Alex Singla, partner di McKinsey – Un terzo delle aziende la utilizza già in almeno una funzione aziendale. Ciò testimonia che le aziende comprendono e accettano che è uno strumento di business». La vera questione e come si passerà dall’accettarla a sfruttarla per creare valore. «Fare il passo successivo, dove l’AI da esperimento diventa motore aziendale, comporta una vasta gamma di problemi – prosegue Singla – tra cui l’identificazione delle opportunità nell’organizzazione aziendale, quale governance e modello operativo adottare, come gestire cloud e fornitori, e come affrontare un’ampia gamma di rischi». Il primo è l’inaccuratezza di questi sistemi, a cui le aziende stanno però già ponendo rimedio.
Gli intervistati prevedono poi cambiamenti significativi per il personale: tra cui tagli in determinate aree e grandi riqualificazioni. Tuttavia per ora l’AI rimane confinata a un piccolo numero di funzioni aziendali. «Siamo agli inizi dell’AI generativa e le aziende stimano un significativo impatto sui talenti, l’apertura di nuove opportunità di lavoro, un cambio del modo di lavorare e la nascita di nuove figure professionali – spiega Lareina Yee, senior partner di McKinsey –. Uno dei maggiori pregi dell’Ai generativa è che può aiutare quasi tutti al lavoro».
Il 79% degli intervistati ha avuto una certa esposizione all’AI, sia al lavoro che fuori, ma solo il 22% la usa regolarmente in ufficio. E se l’uso è simile per i manager di tutte le età, è più alto tra le donne, per chi ha sede in Nord America, e chi lavora del settore tecnologico. Tre quarti degli intervistati si aspetta cambiamenti significativi nei prossimi tre anni, ma se molti comparti subiranno un certo mutamento, non sarà uguale per tutti. I settori che dipendono dal lavoro fisico sono al riparo, tecnologia, servizi finanziari e opere di ingegno sono più a rischio, ma potrebbero cavalcare questa rivoluzione come un’opportunità.
Il comparto tecnologico stima che l’impatto dall’AI potrebbe far lievitare del 9% il proprio giro d’affari: ma anche banche e servizi finanziari (fino al 5%), farmaceutica e ricerca (fino al 5%) o l’istruzione (fino al 4%) potrebbero avere notevoli vantaggi. Al contrario industrie manifatturiere, come l’aerospaziale, l’automotive e l’elettronica, potrebbero subire effetti meno dirompenti. «Al contrario dell’AI tradizionale, quella generativa riguarda un numero ridotto di persone, come nell’apprendimento automatico, il data science o la robotica – prosegue la Yee –. Oggi è difficile assumere esperti e ci sarà bisogno di personale qualificato. È una rivoluzione come quella del passaggio dai computer mainframe ai pc. Abbiamo visto solo la superficie delle potenzialità dell’AI generativa ma il suo utilizzo accelererà».
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