L’Italia perde 7 miliardi all’anno di tasse per colpa dei paradisi fiscali europei

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L’Italia perde quasi 10,4 miliardi di euro l’anno di gettito che dovrebbe andare all’Erario (il 2% del totale) per colpa dei paradisi fiscali: tre dei quali in piena Europa, e due fanno parte dell’Unione. I primi sei paradisi fiscali al mondo, messi in fila dal “Corporate tax haven index” 2021 pubblicato da Tax Justice Network, sono in ordine di rilevanza le Isole Vergini Britanniche, le Isole Cayman e Bermuda, Olanda, Svizzera, Lussemburgo. Qui si volatilizzano 200 miliardi di euro di tasse l’anno che dovrebbero finire nelle casse nazionali, e sarebbero risorse quanto mai preziose in un tempo come l’attuale. Si tratta di una quota rilevante dei 360 miliardi di euro a cui ammonta l’evasione mondiale, pure stimata da Tax Justice Network in uno studio dello scorso novembre,

Sono i paradisi europei a penalizzare l’Italia

Il conto per l’Italia, anche decurtato dall’importo dei 3,5 miliardi di benefici ottenuti ai danni del fisco di altri Paesi – dato che pone l’Italia al 27° posto nella classifica compilata biennalmente dall’organizzazione di attivisti e ricercatori britannici, con l’1% degli abusi fiscali totali – è comunque salato: 6,77 miliardi di mancato gettito annuo, per circa due terzi a carico delle imprese, il resto dei privati. Affligge di più il fatto che il 90% di questo saldo s’involi verso uno dei sei paradisi fiscali comunitari: Olanda, Belgio, Cipro, Irlanda, Lussemburgo e Malta, come ha calcolato il ricercatore Gabriel Zucman in https://missingprofits.world/. Una delle evidenze rilevate dall’analisi appena diffusa è che i Paesi che fanno parte dell’Ocse (quindi “sviluppati”) o loro succursali sono ai primi sei posti nella lista dei maggiori facilitatori di abusi fiscali. In ordine decrescente, si allude Isole Vergini Britanniche, Cayman e Bermuda – territory britannici oltremare – e poi Olanda, Svizzera e Lussemburgo. Seguono Hong Kong, Jersey (ancora Britannica), Singapore e al decimo posto gli Emirati arabi.

L’appello alla Commissione Ue e le proposte a Mario Draghi

Per questo la ricerca parla di “un’elusione in larga parte legalizzata e in qualche modo protetta da Bruxelles, almeno finora”, e si appella alla giunta comunitaria per dare segnali di cambiamento. “A fine febbraio la presidenza portoghese del Consiglio europeo ha annunciato l’approvazione del public country by country reporting, l’obbligo per le multinazionali di pubblicare fatturato, profitti e imposte pagate in ognuno dei paesi membri in cui operano. Una misura di cui si discuteva da anni in Europa, volta a far emergere le pratiche di ottimizzazione fiscale. Tax Justice Italia crede che la lotta all’elusione fiscale debba ritornare al centro dell’azione del governo: gli ultimi dati sulla crescita della povertà assoluta, che riguarda 5,6 milioni di italiani, oltre 1 milione di persone in più dopo la pandemia, rendono ineluttabile dare una risposta a questa piaga che erode la capacità dello Stato di raccogliere risorse e di finanziare lo Stato sociale”. Un’altra proposta dell’organizzazione è introdurre un’imposta minima globale sul reddito delle imprese, Paese per paese, sul modello Usa, applicando un’aliquota di almeno il 21% “per assicurarsi che tutte le multinazionali italiane siano tassate in tutti i paesi in cui operano”, oltre a rimuovere l’incentivo del Patent Box, considerato “un indice di fiscalità aggressiva” all’italiana.

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