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Lo stress dei genitori aumenta il rischio di obesità infantile

Se i genitori sono stressati, i figli rischiano l’obesità. Un disagio emotivo provato da mamma e papà – infatti – può causare nel bambino un aumento di peso e di grasso corporeo quando avrà tra i 5 e i 14 anni. Lo dimostra una ricerca dell’University College of London, appena pubblicata sulla rivista Obesity.

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Peso corporeo del bambino: i primi anni di vista sono fondamentali

I primi anni di vita sono fondamentali per lo sviluppo sano del bambino anche per quel che riguarda il peso corporeo: la mancanza di un supporto sociale adeguato, fattori economici ed eventuali instabilità dal punto di vista emotivo in famiglia possono influenzare a lungo termine lo stato di salute dei figli. Nel Regno Unito, ad esempio, i bambini che vivono in aree disagiate hanno il doppio delle possibilità di sviluppare obesità attorno ai cinque anni rispetto a quelli che vivono in zone più ricche. Questo sembra essere un problema che si riscontra in tutte le società, come ci spiega la dottoressa Margherita Caroli, membro fondatore e nel consiglio direttivo dell’European Childhood Obesity Group: “L’obesità infantile è maggiore se le famiglie arrivano con difficoltà a fine mese e questo per vari motivi. Probabilmente vivono in zone molto urbanizzate, dove non si possono mandare i figli fuori a giocare per strada, non hanno i soldi per la palestra e acquistano alimenti meno ricchi dal punto di vista nutrizionale, con più calorie vuote e più lavorati. Sono nuclei familiari maggiormente influenzati dalle pubblicità negative e fanno ricorso allo junk food”.

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La sfera emotiva resta comunque un punto cardine. Alcuni studi hanno già dimostrato che uno stile di vita ansioso della madre durante la gravidanza e la prima infanzia era legato a un maggior rischio di sovrappeso dei figli. Ma anche lo stress materno post natale inciderebbe sull’indice di massa corporea del bambino. E la figura del padre? La stessa propensione ad un aumento rapido di peso si verifica anche se a soffrire di un disturbo da stress è il papà?

Il sondaggio

Per scoprirlo, i ricercatori dell’University College di Londra hanno utilizzato i dati del Millennium Cohort Study, sondaggio longitudinale del Centre for Longitudinal Studies dell’Università di Londra, ed effettuato lo studio su 19,000 famiglie con figli nati tra il 2000 e il 2002.

La prima ondata di raccolta dati è avvenuta all’età di 9 mesi, con follow-up all’età di 3, 5, 7, 11 e 14 anni, comparata con lo stato di stress nei genitori nello stesso periodo. Altri fattori considerati sono stati il reddito familiare, l’occupazione materna e paterna, il livello di istruzione e di indice di massa corporea, il peso alla nascita del bambino, la durata dall’allattamento.

Il 10 per cento delle madri e il 6 per cento dei padri hanno riferito di aver sofferto di ansia quando il figlio aveva 9 mesi. La percentuale poi è rimasta invariata per le donne ma cresciuta fino al 10 per cento per gli uomini quando il bambino ha raggiunto i tre anni.

L’indagine sugli effetti dello stress dei genitori

Secondo lo studio, l’effetto dello stress paterno nella prima infanzia porterebbe ad un aumento più rapido di massa corporea e di grasso sia nei maschi che nelle femmine, mentre quello delle madri riguarderebbe principalmente le ragazze. I maschi sembrano essere influenzati soprattutto dal padre e attorno ai nove mesi, mentre le bambine si sono dimostrate sensibili alle problematiche emotive patite sia dal papà che dalla mamma.

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L’obesità è una malattia multifattoriale, c’è sempre un po’ di tutto. E molto dipende dalla figura materna. “Spesso le madri depresse non riconoscono il linguaggio dei figli, non sanno distinguere il pianto per fame dalla richiesta di coccole o da quello ‘sono bagnato’ – continua la dottoressa Caroli – e per questo possono superalimentare il bambino o ipoalimentarlo.  E’ più semplice dare da mangiare a un bimbo che piange che chiedersi il perché lo faccia. In casi di depressione, poi, la tecnica più frequentemente messa in atto per risolvere l’ansia è farlo mangiare. E così ha inizio l’emotional eating, il mangiare emozionale. Il bambino confonde ogni sensazione negativa del suo corpo con fame e continua a mangiare per noia, per rabbia, per tutto”.

I risultati dello studio dell’University College di Londra, come dichiarato dai ricercatori, sono solo frutto di associazioni e non stabiliscono reali casualità, ma sono importanti per mettere a fuoco tutti gli elementi che contribuiscono ad aumentare il dilagante fenomeno dell’obesità infantile.

La situazione italiana

I dati relativi al 2019, presentati a novembre 2020 da OKkio alla SALUTE, sistema di sorveglianza italiano sul sovrappeso e l’obesità nei bambini delle scuole primarie, posizionano l’Italia tra i paesi europei con i valori più elevati di eccesso ponderale nella popolazione in età scolare, con una percentuale del 20,4% di bambini in sovrappeso e del 9,4% di obesi. Questa condizione sta portando anche alla comparsa di patologie finora poco frequenti nell’infanzia, come l’ipertensione e il diabete di tipo 2.

Per arginare il problema è indispensabile lavorare su più fronti: fornire un supporto psicologico e sociale ai genitori, indicare l’alimentazione corretta da seguire e invitare a incrementare il movimento, sia nel gioco che nello sport. Importante anche agire su comportamenti scorretti quali adoperare il cibo come premio o permettere ai più piccoli di rifugiarsi nel mangiare per sentirsi rassicurati e compensare così mancanza di attenzione o affetto.



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