Campanelli d’allarme sono già arrivati il mese scorso con temperature come quelle solitamente registrate a luglio ed agosto in Spagna, Portogallo, Marocco e Algeria, mentre il Vietnam con 44,1 gradi ha subito un picco storico, alla stregua del Sud-Est asiatico.
“Le temperature medie globali sono destinate a continuare a salire, portandoci sempre più lontani dal clima a cui siamo abituati”, ha avvertito Leon Hermanson, scienziato del Met Office che ha coordinato lo studio. Tuttavia, la soglia di 1,5 C per l’innalzamento della temperatura media del pianeta, l’obiettivo più ambizioso posto dall’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) e fissato dall’Accordo di Parigi per cercare di limitare l’entità del cambiamento climatico, non dovrebbe essere raggiunto in modo durevole.
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Secondo i previsori, il rischio che la temperatura media quinquennale superi questa soglia è limitato al 32%. Nel 2022 l’aumento della temperatura è stata contenuta a 1,15 grado rispetto all’era preindustriale, ovvero la media calcolata tra il 1850 e il 1900, da ricollegare al fenomeno climatico La Niña, l’inverso di El Niño, che ha moderato l’aumento del mercurio per l’intero Pianeta. La prospettiva dei prossimi cinque anni in termini di temperatura – che potrebbe superare solo temporaneamente la soglia del grado e mezzo – viene attribuita al ritorno del fenomeno climatico El Niño, anticipato per la fine dell’anno, in particolare da fine agosto, dall’Australian Bureau of Meteorology, con gli effetti cumulativi delle emissioni di gas serra. Ad ogni modo, secondo i modelli, la temperatura media ogni anno è compresa tra 1,1 C e 1,8 C al di sopra della media dell’era preindustriale.
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L’aumento del riscaldamento già osservato nell’Artico dovrebbe continuare nei prossimi cinque anni, dove la temperatura dovrebbe aumentare tre volte più velocemente rispetto alla media del periodo 1991-2000. Altre conseguenze sono previste, in particolare un aumento del regime delle precipitazioni, tra maggio e settembre, nel Sahel, nel Nord Europa, in Alaska e nel Nord della Siberia.
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Al contrario, è prevista una diminuzione delle precipitazioni nel bacino amazzonico e in alcune parti dell’Australia. Inoltre, secondo gli scienziati della WWA (World Weather Attribution) che analizzano i fenomeni climatici estremi, molti eventi non si sarebbero potuti verificare senza che il cambiamento climatico fosse già all’opera. È il caso della recente ondata di caldo nella penisola iberica, della catastrofica siccità dall’ottobre 2020 nel Corno d’Africa e delle piogge estreme associate al ciclone Gabriel in Nuova Zelanda lo scorso febbraio.
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