L’operatore chiede di pagare 230 euro per la disdetta. È normale?

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In linea generale non è normale, ossia non è comune una cifra così alta. Così come non è comune ricevere tante lettere che evidenziano lo stesso problema: utenti che non si riescono a spiegare costi costì alti. Tutto questo a distanza di anni che imporrebbero agli operatori una trasparenza sui costi di disdetta già in fase di sottoscrizione di contratto. Possibile inoltre che all’utente non sia dato sapere, senza perdere tempo e dover fare giri di telefonate al call center, il dettaglio di costi che portano a quella cifra?

Un elemento è certo. I costi per la disdetta sono stati ormai ridotti all’osso dalle recenti misure Agcom. Il costo di disdetta base non può più superare quello del canone mensile di quell’offerta, quindi ormai si aggira intorno ai 20 euro (contro i 40 di pochi anni fa). Il costo di disdetta anticipata (prima di 24 mesi) pure è stato ridotto; quello per il recupero degli sconti offerti all’utente non può più, allo stesso modo, superare il canone mensile.

Come si arriva quindi a 230 euro? Non è possibile essere precisi non sapendo né il nome dell’operatore né l’offerta, ma sembra di capire che è di tipo business, dove ci sono al solito costi più alti. Ad esempio questo si legge nell’offerta Tim Business: “In caso di recesso, il Cliente sarà tenuto a corrispondere a TIM, in applicazione di quanto previsto nella Delibera n 487/18/CONS, la commissione dovuta per le prestazioni di disattivazione per un importo pari a 28,84€ i.e. per ogni singolo collegamento, in caso di cessazione della linea, o per un importo pari a 19,51€ i.e per ogni singolo collegamento, in caso di migrazione verso altro Operatore”.

Non sappiamo quanti collegamenti erano attivi, nel caso del lettore. In più, “con riferimento al Contributo di Attivazione, il Cliente sarà tenuto a corrispondere a TIM le eventuali rate residue, il cui importo è indicato alla Tabella 3, mantenendo attiva la rateizzazione prevista, fino alla scadenza del 24° mese, salvo che il Cliente abbia richiesto, nella comunicazione di recesso, o anche in un momento successivo di pagare tali rate residue in un’unica soluzione”.

Significa che l’utente dovrebbe continuare a pagare le rate residue che in questo caso sono di 15 euro al mese per 24 mesi. Più eventuali rate residue se c’era un router Wi-Fi incluso nell’offerta.

Si notino però due elementi, a favore dell’utente. Il primo è che ha diritto a continuare a pagare queste rate residue mensilmente (anche se l’operatore ci prova sempre e comunque ad applicare il costo in un’unica soluzione, spesso dando scarsa trasparenza all’utente su questa possibilità).

Secondo: non è più scontato che l’utente debba pagare le rate residue dell’attivazione. Non dopo una recente delibera Agcom che vieta questa pratica, in virtù del principio secondo cui un operatore non può fare pagare un servizio per cui non avrebbe percepito alcun compenso se l’utente fosse rimasto legato al contratto fino alla fine.

Bisogna però analizzare quello specifico contratto. Il divieto si applica solo se il costo di attivazione viene annegato nel canone e diventa evidente all’utente solo nel caso di disdetta.

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