L’ultimo Caravaggio ritrovato

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L’ultimo mistero di Caravaggio si nasconde a Madrid, in calle de Alcalá 52. A pochi passi dalla sede spagnola di Sotheby’s, c’è un’altra casa d’aste: Ansorena, specializzata in antichità nazionali dal 1845. Qui, dallo scorso 18 marzo, sono in mostra come sempre, in vista della vendita di primavera, porcellane d’epoca, nature morte, ritratti di aristocratici, santi e madonne addolorate. C’è solo un lotto che, improvvisamente, è scomparso dal sito ufficiale, ma non dal catalogo diffuso anche online. Il numero 229 è stato ritirato appena in tempo perché non figurasse più nell’asta in programma alle 18 dell’8 aprile. Lo Stato spagnolo lo ha vincolato. Una volta acquistata, l’opera non potrà uscire dai confini. 

Si tratta di un Ecce Homo del XVII secolo: dipinto a olio su tela, misura 111 centimetri per 86, è stato attribuito al “Círculo de José de Ribera” e stimato appena 1.500 euro. Gli ultimi due dati, però, sono decisamente da aggiornare. Perché su questo quadro buio che avrebbe bisogno di un restauro si sono concentrate le curiosità degli storici dell’arte e gli interessi di collezionisti avvertiti. L’immagine è stata condivisa nelle chat degli smartphone di mercanti ed esperti e persino qualche museo si è fatto avanti. A partire proprio dal Prado, che dista appena un chilometro e mezzo dall’oggetto del desiderio e spera nel colpo. Insomma, questo Cristo che emerge dall’ombra ha tutta l’aria di essere un Caravaggio ritrovato, candidandosi ad aprire un nuovo clamoroso capitolo nella storia del pittore maledetto, morto a 39 anni, il 18 luglio 1610 sul litorale tra Lazio e Toscana, in attesa di essere graziato dalla condanna per omicidio. Si tratta della prima attribuzione plausibile dopo quella della Maddalena in estasi ritrovata da Mina Gregori e annunciata su Repubblica sette anni fa. 

La ricostruzione dei fatti è ancora frammentaria. Ma Maria Cristina Terzaghi, studiosa di Caravaggio, è stata tra i primi studiosi del maestro del Seicento a raggiungere la capitale spagnola per visionare l’opera, sfidando la pandemia. E adesso non ha dubbi: “È lui!”, racconta al telefono da Madrid. Professoressa associata di storia dell’arte moderna a Roma Tre, nel 2019 Terzaghi è stata la curatrice di Caravaggio Napoli al Museo di Capodimonte, una delle mostre recenti più importanti dedicate a Merisi. “Il manto di porpora di cui viene rivestito il Cristo ha la stessa valenza compositivo del rosso della Salomé del Prado di Madrid”, spiega. Sul suo occhio non è possibile avere troppi dubbi: “Quest’opera intrattiene un legame profondo con i dipinti redatti al principio del soggiorno napoletano”, precisa. Anche il Ponzio Pilato barbuto in primo piano richiama un altro personaggio di Caravaggio: il San Pietro martire della Madonna del Rosario del Kunsthistorisches di Vienna.

La scelta dello Stato spagnolo di bloccare l’asta è la chiara prova che la nuova attribuzione risulta largamente condivisa. Adesso i fortunati proprietari confidano in un’insperata lievitazione del prezzo di un’opera anonima che potrebbe valere centinaia di milioni di euro e che si considerava essere tuttalpiù della scuola di Jusepe de Ribera, artista spagnolo di grande talento che incrocia la pittura di Caravaggio a Napoli. Sono troppe le coincidenze e i particolari che hanno attirato l’attenzione degli studiosi. A cominciare da un dato sicuro: la tela si trova in Spagna da quasi quattro secoli. E raffigura lo stesso soggetto di un quadro certo di Michelangelo Merisi arrivato a Madrid nel 1659, poi sparito nel nulla e identificato con poche certezze da una parte della critica nella versione di Palazzo Bianco, a Genova. Riavvolgiamo allora, ancora una volta, il nastro della storia.

Come rilevato dai documenti, si sa che a Roma, nel 1605, Caravaggio dipinge un Ecce Homo per il cardinale Massimo Massimi. Lo stesso soggetto risulta inventariato nel 1631 nella collezione di Juan de Lezcano, ambasciatore di Spagna presso la Santa Sede, e contrassegnato da una stima molto alta di 800 scudi. È il primo elemento che avvicina il quadro al regno dei re cattolici. Ma fino a quella data il dipinto si trova ancora in Italia. Rieccolo infatti a Napoli, registrato nel 1657 nella raccolta dei beni di García de Avellaneda y Haro, conte di Castrillo e viceré di Napoli dal 20 novembre 1653 all’11 gennaio 1659. L’inventario lo descrive così: “Mas otro quadro de un Heccehomo de zinco palmos con marco de evano con un soldado y pilato che ensena al Pueblo es original de mano de Mi Cael Caravacho”. Ovvero: “un Ecce Homo di cinque palmi con un soldato e Ponzio Pilato che indica Cristo al popolo”. Sono gli stessi tre personaggi raffigurati sulla tela appena ritirata dall’asta di Madrid. Il viceré di Spagna conte di Castrillo, fiduciario di Filippo IV, era ben inserito nel mercato dell’arte della seconda metà del Seicento e doveva amare molto la pittura di Caravaggio. Prova ne è il fatto che possedeva un altro “original de Caravacho”: la Salomé con la testa del Battista, compagna di collezione dell’Ecce Homo.

Entrambi i quadri viaggiano con il loro proprietario verso la Spagna, nel 1659. Il primo dipinto, inserito tra i beni reali già dal 1666, finirà al Museo del Prado, dove si trova esposto tuttora. Il secondo, con buona probabilità, è questo affiorato tra gli oggetti all’incanto di calle de Alcalá. E che adesso è il sogno proibito dello stesso tempio dell’arte di Madrid. 

Che un Caravaggio autentico sia rimasto per secoli dimenticato dai proprietari può stupire. Eppure non si tratta della prima volta. Il caso più recente è la Maddalena in estasi, attribuita da Mina Gregori, decana della critica caravaggesca, ed ereditata da collezionisti non esperti. Persino la chiesa di Sant’Ignazio di Dublino custodiva per anni inconsapevolmente una tela di Merisi. La Cattura di Cristo è stata riconosciuta come opera del pittore maledetto soltanto nel 1990, grazie all’iniziativa di Sergio Benedetti, curatore della National Gallery irlandese, e agli studi di Francesca Cappelletti e Laura Testa. Per il quadro spagnolo la storia si sta ripetendo. Si attendono altri colpi di scena.

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