Mafia, il fedelissimo di Messina Denaro esce dal carcere e riorganizza la rete del superlatitante. Blitz dei carabinieri nel Trapanese, 35 arresti

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Tre anni fa, era stato scarcerato dopo l’ennesima condanna. Francesco Luppino, ritenuto uno dei principali portavoce di Matteo Messina Denaro, non ha perso tempo: da Campobello di Mazara, cuore della provincia di Trapani, è tornato a tessere la sua rete di relazioni. E in poco tempo ha ricostruito un nuovo gruppo di fedelissimi attorno alla primula rossa di Cosa nostra, che sembra diventata imprendibile dal giugno 1993. Non è sfuggito ai carabinieri del Ros e ai colleghi del comando provinciale di Trapani: l’indagine coordinata dalla procura distrettuale antimafia di Palermo ha fatto scattare stanotte un blitz con 35 arresti. Il pool coordinato dal procuratore aggiunto Paolo Guido ha disposto anche una settantina di perquisizioni in tutta la provincia di Trapani. La caccia a Messina Denaro non si ferma, ma lui resta un fantasma.

Oggi ha 60 anni, e deve scontare diverse condanne all’ergastolo: per le stragi Falcone, Borsellino, per le bombe di Roma, Milano e Firenze. Nella stagione dell’attacco allo Stato, era il “pupillo” di Totò Riina, il capo dei capi. Oggi, è diventato il regista della nuova Cosa nostra, che ha riconvertito ad holding sempre impegnata ad investire. Per questo le indagini continuano ad essere piene di imprenditori piccoli e grandi che fanno da prestanome. Ma lui dov’è finito?

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Le intercettazioni

In un’intercettazione di qualche anni fa, i carabinieri sentirono il figlio di uno storico mafioso che diceva: “Iddu veniva a Trapani… lo accompagnava Mimmo alla stazione». Mimmo, Domenico Scimonelli, l’imprenditore che andava ad esporre il suo Cataratto Chardonnay “Il Gattopardo – La luna” al Vinitaly e poi pure in Svizzera. In un’altra intercettazione, un imprenditore di Campobello di Mazara era stato intercettato mentre diceva di buon mattino nel suo casolare di campagna: “Matteo susiti“. Matteo alzati. Partirono subito i controlli, ma nel casolare non c’era nessuno. Per certo, Messina Denaro viaggia molto. E da anni, ormai, è lontano dal suo regno. Era la primavera del 1993 quando lo videro sfrecciare in Porche verso il lido di Marina di Selinunte. Foulard al collo, pantaloni Versace e rolex Daytona. Quattro anni dopo aveva attrezzato un covo nella borgata marinara di Aspra, alle porte di Bagheria – più che un covo era un nido d’amore per incontrare una delle sue amanti – ma qualcuno lo avvertì per tempo che la Criminalpol era ormai vicinissima. E fuggì.

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L’indagine

Ora, l’ultima inchiesta condotta dai sostituti della Dda di Palermo Francesca Dessì, Pierangelo Padova e Alessia Sinatra prova a ricostruire la rete dei favoreggiatori e dei complici. Una strategia giudiziaria che prosegue ormai da tempo: negli ultimi anni, sono finiti in carcere circa 200 persone. Anche la sorella del superlatitante, il nipote prediletto Francesco Guttadauro, i cognati. Ma fino ad oggi lui non ha mai fatto un passo falso. E resta un fantasma. Messina Denaro è lontano, ma “sarebbe ancora in grado di impartire direttive funzionali alla riorganizzazione degli assetti della provincia mafiosa trapanese”, hanno scritto i carabinieri in un comunicato. Le intercettazioni hanno confermato che Luppino sarebbe stato in stretto contatto con il latitante per la gestione del territorio. In ballo, c’erano nomine e affari fra Campobello, Mazara del Vallo e Marsala.

I pizzini

“Io non andrò mai via di mia volontà”, scriveva anni fa in un biglietto rimasto nella rete delle indagini: “Ho un codice d’onore da rispettare. Lo devo a Papà e ai miei principi. Io starò sempre nella mia terra fino a quando il destino lo vorrà e sarò sempre disponibile per i miei amici”. Il padre, Francesco Messina Denaro, era il vecchio capomafia di Trapani che nei giorni delle stragi fece un passo indietro, affidando il governo mafioso al figlio. E il giovane è cresciuto: è stato killer, mafioso manager e anche padrino che si dava arie di filosofo del crimine: “Mi dispiace le condizioni in cui ti trovi – scriveva al ‘collega’ latitante Sandro Lo Piccolo – so cosa vuol dire perché anche io ho cominciato da giovane, ed ormai sono passati tanti anni, capisco che la gioventù vorrebbe essere passata in altri modi, ma purtroppo un uomo non può cambiare il suo destino. Un uomo fa quel che può fino a quando il suo destino non si compia, l’importante è vivere tutto con serenità e con dignità”.

I ricatti di Matteo Messina Denaro

Con Lo Piccolo e suo padre Salvatore aveva grandi progetti fra Trapani e Palermo: il 5 novembre 2007, Messina Denaro stava andando a incontrare i Lo Piccolo a bordo di una Panda guidata proprio da Luppino. A un certo punto, però, fecero una veloce retromarcia, quando si accorsero degli elicotteri della polizia stavano girando attorno alla villa dei padrini palermitani, a Giardinello. Così la primula rossa scampò un’altra volta alla cattura.

Ora, l’ultima indagine della procura racconta il rinnovato attivismo di Francesco Luppino.

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