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Malika Ayane a Sanremo: “Ora che mi sono sfogata posso tornare al Festival”

Sanremo ha segnato molto la sua strada: il suo esordio al Festival nel 2009 con Come foglie, scritta da Giuliano Sangiorgi, ha trasformato il suo sogno di diventare una delle più apprezzate cantanti italiane in una realtà. Malika Ayane a Sanremo è tornata altre volte, ha vinto il premio della critica, ha accumulato successi. Di certo, però, non si può dire che il suo sia stato un percorso “sanremese”, anzi, tra canzone d’autore, flirt con il jazz e il pop più raffinato, le sue presenze nella “città dei fiori” sono state più delle tangenti che delle necessità. Nel 2021, dopo ben sei anni di assenza dal Festival, Malika a Sanremo ci ritorna, e con una canzone, Ti piaci così, che, spiega lei, “è sulla consapevolezza di sé, sullo scoprirsi risolti, sullavere voglia di vivere con gusto. Arriva un momento in cui comprendi che giudicarsi severamente non ha senso, ma chiaramente nemmeno giustificarsi a prescindere”, dice Malika, “Questa canzone può essere considerato un invito ad accettarsi: ballare scalzi, cantare a squarciagola o scegliere di cambiare strada per scoprire qualcosa di nuovo. Un invito a celebrare se stessi per il solo fatto di essere al mondo”.

L’ultima volta a Sanremo è stata nel 2015. In questi anni sono cambiate tante cose.

“È cambiato moltissimo, tanto il festival, quanto il mondo e tantissimo la musica. Tornare a Sanremo mi farà l’effetto che mi ha fatto tornare in Marocco dopo tanto tempo, dove invece di vedere i taxi con le Fiat Uno ho visto le macchine elettriche cinesi. Un bel colpo se vai in un posto che pensi di conoscere bene…”.

E quest’anno, con le regole della pandemia e l’assenza di pubblico sarà davvero particolare.

“Sarà molto strano. Già lo è, direi. Ho fatto la prima prova e c’ero solo io e il pianista nella green room. È ovvio, sul palco con l’orchestra e i tecnici è diverso, c’è il solito marasma, ma non si può fare finta che non sia strano, sembra il giorno dopo la festa o appena prima, tutto ha il senso di malinconia delle commedie che presentano al Sundance. Speriamo che nei giorni del Festival ci sia almeno un po’ di traffico, se non altro per dare un senso di riconoscibilità alle cose”.

Anche la sua canzone è diversa dal solito.

“Questo brano rappresenta la voglia di divertirsi, è nato in modo animalo, una session con un dj e un’autrice, Alessandra Flora che ci metteva un giro e io che improvvisavo con la voce. È un brano in cui sto molto bene, mi sento libera e leggera. Del resto cosa devo dimostrare ancora? Sono adulta e faccio musica, mi piace da morire e ho voglia di cantare a braccia aperte, come quando canto a squarciagola mentre guido. Il testo quindi è una necessaria didascalia, un contorno per spiegare meglio uno stato d’animo in cui mi sento molto bene. Ho un bel lavoro, faccio dischi, concerti, posso ritenermi soddisfatta della mia vita e di me stessa. Penso ad essere felice, quindi, senza colpevolizzarmi o lodarmi troppo”.

E anche il testo risente di questo cambiamento?

“Proprio perché ho lavorato con tanti autori molto in gamba ho fatto un lavoro diverso, mettendo delle parole che fossero davvero mie. Volevo dare senso al mio bisogno di osservare le cose, di sentirle, senza cantare troppo o troppo poco, concentrandomi sull’uso di parole troppo ricercate per esprimere qualcosa che invece ha la sua poesia proprio nella semplicità”.

Le piace la nuova scena italiana?

“Mi piace, anche se, di fatto, la musica è sempre stata in cambiamento. È vero che c’è un ricambio generazionale, ma è interessante a patto che non proclamiamo il miracolo a prescindere. Sembra che tutto debba essere per forza una figata, ma è anche vero che non dobbiamo buttare via tutta la trap solo perché qualcuno non la capisce. E comunque a Sanremo c’è anche un buon numero di ‘giovani vecchi’, come Dimartino e Colapesce o Willie Peyote, che finalmente sono dove devono essere. Perché non esiste più solo il mainstream, e molti si sono affermati da soli, con lo streaming, con il passaparola, con il live, con canali diversi e senza l’ossessione della classifica. Il che dimostra che chi semina bene raccoglie benissimo. È un momento bello anche perché il pubblico ascolta con curiosità tante cose diverse”.

E cosa è cambiato per lei da ‘Domino’ del 2018 a oggi?

“Ho attraversato un periodo importante. Domino è un disco che ho amato alla follia ma che ha venduto pochissimo, non aveva dei singoli considerabili ‘forti’. Ma è andato benissimo nei concerti, non come quando hai un singolo primo in classifica, ma molto bene. In quel tour ho fatto teatri e club, ho iniziato a cambiare suono, mi sono espressa, ho soddisfatto il mio bisogno di fare ricerca, perché avevo nelle mani un disco superpop, ma allo stesso tempo il più sperimentale dei miei lavori. Quindi mi sono sfogata, ho fatto quello che ho voluto e la gente è venuta, restando, attenta, quasi tre ore nei teatri e due nei club. Vedevo le signore nei club punk e mi sono ricordata di me stessa, avevo capito che correvo il rischio di non riconoscere più la bellezza, quindi dopo molta paura mi sono rilassata e mi sono sentita pronta per fare un lavoro sul filo dell’autenticità e semplificare le cose. Un lavoro d’appartamento, un bello studio dove suonare tutti insieme nella stessa stanza, forse di nicchia ma credibile e convinto, con il giusto bilanciamento di suoni freddi e caldi, di armonie e melodie, di ritmi e colori. Non vedo l’ora che il pubblico lo ascolti”.

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Cosa l’ha ispirata di più?

“Il clima che si è creato nella musica italiana. I ragazzi che arrivano in scena adesso non chiedono il permesso a nessuno, alcuni esagerano, altri sbagliano, ma comunque non si pongono nessun problema, vanno dritti al dunque. Io invece consegno un lavoro, controllo se ho sbagliato qualcosa, se non piace ai discografici mi chiedo cosa posso cambiare per migliorare. Invece il nuovo ha l’arroganza di non chiedere, che è un atteggiamento molto positivo, non permettono a nessuno di entrare con una valutazione che rischia di ledere una creazione con argomenti che con l’arte non c’entrano niente. Il disco che uscirà è pieno di brani forti da un punto di vista emotivo, è un disco intenso e carico. Penso che la libertà ce la dobbiamo prendere anche se è faticoso, e so che quando ci sono state interferenze l’unica a pagare sono stata io, e la musica alla fine non veniva bene, non arrivava all’ascoltatore nella maniera giusta. Quindi ho deciso di fare di testa mia”.

E cosa sarà dopo Sanremo?

“Per ora nessuno di noi lo può sapere per certo, con le condizioni attuali. Per me, devo dire che alle volte ho paura e mi sembra di camminare sulle uova. Ma appena mi ricordo chi sono, che so cantare e che con questa voce ho fatto tutto quello che ho, la paura mi passa e penso che continuerò sempre a cantare, anche senza microfono…”.



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