Manchester City, Foden è già più stella che stellina. Ecco il talento che fa impazzire Guardiola

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LONDRA – I giornali britannici lo chiamano “il bad boy che è diventato il più forte di tutti”. Per gli italiani invece è una mezz’ala alla Marchisio, anzi, un Barella inglese e mancino: scheggia impazzita, irrefrenabile motorino di qualità, quantità, un madornale Bacco per le difese avversarie. Citofonare Anfield Road, dove ieri il Liverpool è stato affettato dagli inserimenti e dalla classe di questo 20enne, che gioca con Manchester City da quando aveva 9 anni, che ieri ha postato la foto da bambino di quando all’Etihad faceva il raccattapalle per ammirare Jovetic e la squadra per cui ha sempre tifato da bambino. E che di nome fa Phil Foden.

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Un gioiellino della nuova generazione

Foden, chi era costui? Inchinatevi, tutti. Non solo per il missile terra-aria del 4-1 che ieri ha silurato il Liverpool e un orrendo Alisson. Chi segue la Premier League lo conosce bene. Classe 2000, figlio della nuova generazione di gioiellini inglesi come Mason Mount del Chelsea (pure lui in gol domenica sera dopo il pentito Tuchel che lo aveva accantonato), o anche dei 25enni Maddison e Grealish. Foden è qualità accelerata, realtà aumentata, palla incollata allo scatto come un videogame. Per Guardiola è “più di un centrocampista. Ed è speciale: anche se non è potente, anche se non è alto”. Ieri Foden lo ha dimostrato: il primo gol Gundogan – altro moloch del City di oggi – lo segna su respinta di Alisson su Foden. Il secondo ancora grazie al giovane topazio di Manchester, che stavolta decide di sgusciare tra due colossi del calcio moderno come Henderson e Robertson e mandare in porta il tedesco. Poi il quarto gol di Foden, di una bellezza spietata e mondiale. 

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Bad boy ma non troppo…

Ma perché “bad boy”? Why always me? No, Foden non è un altro Balotelli del City. Ma lo scorso settembre ha fatto una stupidaggine. Reykjavik, Islanda, ritiro della nazionale inglese: Foden e l’altro giovane del Manchester United, Mason Grenwood, vengono beccati con due ragazze in albergo, con l’aggravante delle restrizioni anti Covid. Tutti e due rispediti a casa, dove la promessa del City affronta la compagna Rebecca Cooke, anche lei 20 anni, fidanzati da teenager, e un figlio a 18 anni, Ronnie, con il quale Foden ripete sempre di voler passare più tempo, anche perché “dorme, non mi sveglia mai la notte”. Ronnie, come l’amato e omonimo nonno del centrocampista, morto a 47 anni, di qui il numero 47 sulla maglia. E comunque no, Foden, con quegli occhi azzurri e i capelli limati alla Stockport, la periferia di Manchester dove è nato e cresciuto, non è un bad boy, e nemmeno un cattivo ragazzo. L’anno scorso ha fatto una sciocchezza, si è scusato e Rebecca, wag rara perché evita i riflettori come la peste e il suo account Instagram è privato, lo ha perdonato. 

Guardiola stravede per lui

Guardiola va pazzo di Foden. Lo ha lanciato giovanissimo, e perciò oggi è il più giovane giocatore inglese a esser partito titolare in Champions (17 anni), il primo a farlo della classe 2000 e anche il più giovane a vincere la premier League. Un predestinato. Pallone d’oro ai Mondiali Under 17 nel 2017, e questo è già il quarto anno in prima squadra al City. Il tecnico catalano da un lato sottolinea che Foden ovviamente “può crescere ancora molto” e che, come ieri sera, “quando finisce risucchiato in mezzo al campo deve ancora capire che posizione prendere”. Dall’altro, il tecnico catalano paragona la sua importanza a quella dell’artista indiscusso della squadra, Kevin De Bruyne: “Si muove perfettamente, da mezz’ala e da ala, nel secondo tempo ieri sera è stato fenomenale, la sua qualità è venuta fuori. Ha solo 20 anni ma è sempre molto calmo”. Difatti il suo hobby è la pesca, tramandatogli dal padre tifosissimo dei rivali dello United. “Vuole imparare”, e per Foden, ipse dixit, i maestri sono sempre stati il 35enne Fernandinho per mentalità e senso tattico e David Silvia per classe in mezzo al campo. Ma anche Foden “ha una grande mentalità”, continua Guardiola, “è sempre concentrato e quando è vicino all’area ho sempre la sensazione che possa accadere qualcosa. Siamo fortunati ad averlo, anche perché è da sempre tifoso del City. È una gioia per noi”.

Stella della nazionale inglese

I risultati si vedono. In questa stagione Foden, appena passato il giro di boa, ha già giocato 28 partite (di cui 11 da titolare) con 1926 minuti giocati, 10 gol e 6 assist. In tutto l’anno scorso invece 38 match, 1741 minuti, 8 gol e 9 assist. E la stagione prima 26 partite, 1112 minuti, 7 gol e 2 assist. “Non è cambiato molto quest’anno”, ha notato però lui alla vigilia del trionfo contro il Liverpool, “la vera differenza è che gioco più avanti”. Insomma, la crescita è esponenziale è forse è solo l’inizio di un lungo e glorioso cammino in nazionale e nel Manchester City. Dove lui, da ragazzo semplice e senza troppi sogni esotici, ha già promesso di voler rimanere qui a vita: “Non mi vedo in un’altra squadra”. Esaltazione collettiva, è nata una stella. A cosa serve Messi con questo Foden?, titola oggi il Sun. Per ex ct della nazionale Graeme Souness “è il miglior centrocampista che abbiamo, meglio di Grealish e Maddison”. Per l’ex attaccante Chris Sutton sarà “la star della nazionale a Euro 2021”. Profezie. Anche religiose. Liam Gallagher degli Oasis e ultras del City, ieri a fine partita ha twittato il discreto “FODEN IS GOD”. Ecco, Dio magari no. Ma tutto il resto forse sì.

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