Marcello Fois: “Michela Murgia ha scelto di arrivare viva alla propria morte. Vi spiego la nostra queer family e perché non leggiamo i commenti social”

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Michela Murgia assente dall’Arena Robinson, dove doveva confrontarsi in un live con Marcello Fois, ma comunque molto presente nei racconti dello scrittore che, come rappresentante della sua queer family, “ramo bolognese” precisa lui, spiega: “Si è affaticata troppo, non sta bene, le abbiamo consigliato di restare in albergo e anche l’evento del pomeriggio all’Auditorium è in forse”. La folla assiepata non si alza e coglie l’occasione mancata per capire meglio cos’è la “queer family di Michela” e come stanno gestendo la sua malattia. “La stiamo vivendo con rispetto” dice a Sara Scarafia che lo accompagna sul palco e che gli chiede un giudizio sulla scelta di Michela di rendere pubblico in modo così dirompente il cancro – . Ognuno decide di usare la propria malattia come crede, ci sembra che la sua decisione sia utile sotto molti aspetti, utile per parlare di alcuni temi, come la necessità di eliminare lo stigma per chi ha avuto un male oncologico.”.

“E’ un modo per arrivare vivi alla propria morte”, sottolinea. “Ma abbiamo ancora tempo per questo, in queste ultime settimane si sono visti solo coccodrilli ma Michela è vivissima”.

Nella nostra famiglia, dice lo scrittore sardo, “io ho un ruolo un po’ patriarcale perché nelle queer family ci vuole tutto. Va detto la queer family di Michela non è in opposizione con la sua famiglia naturale. Spesso la vita ci porta ad altre possibilità, perché si scopre che è possibile trovare anche altrove un gruppo di cura. In un paese moderno e culturalmente avanzato questo tipo di rapporto va accettato, mentre il lockdown con le concessioni fatte solo ai consanguinei è stato un esempio al contrario”.

“Il depositario delle nostre volontà dobbiamo deciderlo noi, ma in Italia è difficile – racconta Fois – per questo motivo Michela ha scelto di sposare l’uomo con cui sta. Non ce n’era alcun bisogno ma questo Stato lo richiede. Questa è una battaglia importante da continuare a fare”.

Poi si rivolge direttamente a chi ha criticato Murgia giudicando eccessivo il battage fatto della sua malattia: “ Se pensate che questo atteggiamento di Michela abbia a che fare con la promozione del libro vi sbagliate, lei non ha messo in piazza la sua intimità, che resta perfettamente intatta. Il messaggio è che la malattia non è una vergogna. La sua non è un’esibizione, è un atto politico”.

Questo passaggio dell’intervento di Fois è stato accolto da applausi scroscianti, testimoni dell’abbraccio grande che l’Arena Robinson, piena come non mai, rivolge alla scrittrice assente. Non è lo stesso affetto che hanno rivolto a Michela i suoi haters. Ma perché questo è un paese che odia così tanto? “Stiamo disimparando alcune regole fondamentali come la vergogna di odiare stupidamente – risponde Fois -. L’indice di odio è rimasto intatto ma in passato ci sono state generazioni che lo filtravano socialmente, oggi questo filtro è scomparso. Non riconosciamo più le regole base. Odiamo peggio e senza vergogna”.

Dopo l’annuncio della malattia sul web Murgia è stata investita di insulti. “Come membro della queer family mi hanno vietato di guardare i social, eppure io leggo cose assurde tipo ‘Dio ti ha punito’ o ‘la Meloni ti ha dato una lezione di stile’. Il problema dell’istruzione in questo paese è cogente. La democrazia è un esercizio di pensiero che inizia a scuola e in famiglia, in qualunque modo essa sia”.

Tutti sono chiamati a un ruolo educativo. “Quando sono qui al Salone mi sembra di vivere in una società sana, poi esco e mi risveglio dal sogno”.
Ma non è tutto senza speranza: “Però va detto che questa è una nazione straordinaria: ci sono gli anticorpi, soprattutto quando non ci facciamo ingannare dai numeri. La democrazia è tale solo perché garantisce la minoranza. Altrimenti è paradittatura come quella che stiamo vivendo adesso. Tutti i giorni bisogna imporsi per dire la propria, il resto è dittatura. Dobbiamo scegliere”.

La malattia di Murgia, allora, diventa metafora proprio della reazione. “Quando abbiamo tutto da perdere – dice Fois – è quello il momento in cui dobbiamo investire. Dobbiamo comprare i giornali, vedere film, leggere libri. Siamo tutti fondamentali per la qualità delle cose che vengono prodotte nella cultura. Possiamo determinare le cose che succedono intorno”.

Bisogna impegnarsi individualmente, non ci sono altre strade. Si inizia da numeri piccoli. E dal voto. “Questo è un dato della democrazia: non piangere sul latte versato, se in Italia sta accadendo tutto questo qualche responsabilità ce l’abbiamo. Dobbiamo andare a votare. In democrazia chi non vota non esiste. Il partito degli astenuti non esiste. Vince chi vota”.

Infine un passaggio sul ruolo della letteratura. “Se non ricorriamo ai libri per abbiamo memoria, e leggiamo troppo poco per non aver paura della morte. La letteratura ti racconta che tu ci sei infinitamente. E Michela anche”.

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