Marco, bancario italiano: “Parto come soldato in Ucraina”

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Marco Schiara ha 53 anni e lavora in banca da 22 anni, a Torino, ha due figli, una di 5 anni e uno di 19. Ha chiesto di potersi arruolare in Ucraina per combattere l’invasione russa. “Voglio difendere i diritti dell’Ucraina e di tutta l’Europa”, spiega.  La sua famiglia ha già dato disponibilità per accogliere gli sfollati ma a lui non è sembrato abbastanza. “Bisogna fare tutto il possibile in questo momento”.

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Tutto il possibile, anche partire come combattente in una zona di guerra?

“Non dico che lo debbano fare tutti, dico che io sono disposto a farlo”.

Lei ha esperienza militare?

“Soltanto il servizio di leva che ho fatto quando ero ragazzo, come bersagliere  della compagnia controcarri Goito, di operatività diretta Nato. Poi ho il porto d’armi ma lo uso solo per sparare ogni tanto al poligono per puro spirito ludico. Sono un bancario, non un militare” .

Marco Schiana 

Quando ha deciso che sarebbe partito?

“Non so dire quale sia il momento esatto, ho negli occhi tutte le immagini che sono passate sugli schermi delle televisioni e sui giornali in questi giorni. Sull’onda emotiva di quello che sta accadendo ho preso contatti con l’ambasciata ucraina durante la manifestazione di piazza Castello di domenica. Ho dato la mia disponibilità ma non è scontato che parta, servono documenti e autorizzazioni”.

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Che tipo di documenti?

“Intanto devo fare il passaporto ma immagino che non sia poi tanto complicato di questo periodo averlo. Poi serve un visto rilasciato dall’Ucraina e l’autorizzazione delle autorità italiane a partire. Non voglio trovarmi nella situazione di tornare in Italia, se dovessi tornare, e avere dei problemi per essere stato a combattere in un altro paese, non voglio essere considerato un terrorista o un sorvegliato speciale. E poi devo parlare con il mio ufficio del personale per capire come fare con il lavoro. Ma questo lo farò subito perché molti colleghi mi stanno contattando in questi giorni, dopo che hanno saputo le mie intenzioni”.

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E cosa le  dicono?

“Sanno che sono una persona lucida e razionale, non un pazzo insomma. MI sostengono anche se gli amici continuano a chiedermi se sono sicuro della mia scelta, mi ricordano che ho una famiglia”.

Ecco, e la sua famiglia che dice?

“Mio figlio ha 19 anni, ne abbiamo parlato, lui avalla la mia scelta, mia figlia ha compiuto 5 anni l’altro giorno”.

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E sua moglie?

“Mi conosce meglio di chiunque altro, chiaramente non è contenta e non condivide la mia scelta ma non mi fermerà. Mi chiede solo di fare in modo che la mia scelta non vada contro gli interessi della mia famiglia, che vuol dire due cose: da un lato di cercar di tornare vivo, e di non creare problemi alla mia famiglia. Insomma io ho un lavoro consolidato, lei è una dipendente delle dogane, non voglio creare loro problemi”.

Non la spaventa la guerra?

“Se non mi spaventasse sarei un folle. Proprio perché mi spaventa sono disposto a partire. Putin sta dimostrando che le sue mire vanno oltre l’Ucraina, il conflitto potrebbe estendersi con conseguenze ancora più gravi. Se ci fosse un attacco nucleare non sarebbe più al sicuro nessuno, in tutto il mondo. Vivere a Torino o Kiev farebbe davvero poca differenza a quel punto. Purtroppo tanti segnali dicono che stiamo andando in quella direzione”.

Se riuscisse a partire entrerebbe in una sorta di legione straniera?

“Esattamente, la legione straniera esiste già, quello che vorrei chiedere io è una legittimazione civile per quel che voglio fare. Accetto di  mettere a rischio la mia vita, ma non voglio, in caso di ritorno, avere problemi per la mia scelta”.

Potrebbe ripensarci?

“Non credo. Però potrebbe capitare che nel momento in cui sarò pronto a partire, ottenuti tutti i documenti necessari, il conflitto sia finito. Ci credo poco ma è la mia speranza. Non per me, io sono convinto di partire e lo farò, ma è la speranza per l’Ucraina e per l’Europa intera”.

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