Marco Mengoni, il nuovo album è un “Prisma” che ci rispecchia: “Siamo tutti minoranze. Il governo lo dovrebbe capire”

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È (anche) un disco politico il nuovo Materia (Prisma) di Marco Mengoni e lo stesso cantante non nasconde la sua preoccupazione per le affermazioni che ogni giorno arrivano dal governo e dai rappresentanti della maggioranza. E nei testi delle canzoni che compongono il disco, Mengoni manifesta una sempre più alta – e nobile – attenzione nei confronti delle (cosiddette) minoranze, “che poi siamo tutti minoranze – spiega – perché ognuno è diverso dall’altro”.

Una attenzione resa esplicita dalla bandiera Lgbtqi+ sventolata insieme al tricolore davanti alle telecamere dell’Eurovision di Liverpool. Forse il gesto più forte e incisivo visto su quel palco, fra tanti personaggi alla ricerca di visibilità con costumi, acconciature e gesti bizzarri.  

E nel disco (in uscita il 26 maggio) di cui si dice più soddisfatto, fra i tre album che compongono il percorso inaugurato a dicembre 2021 con Materia (Terra) – triplo platino – e proseguito ad ottobre 2022 con Materia (Pelle), ha chiamato a cantare accanto a sé Elodie, Ernia, Jeson. L’effetto di insieme è, appunto, un prisma “che è un oggetto magico – dice – filtra la luce bianca per restituire tutti i colori che la compongono. Io ho cercato di fare la stessa cosa, mettendoci dentro tutte le idee e le riflessioni che mi sono arrivate in 34 anni di vita e in 13 di carriera: gli spunti sulla società, sull’essere umano, sulle relazioni, sulle emozioni. Un disco pregno di significato e di amore”.

Tra le undici tracce che compongono la tracklist, trovano posto Due vite, con la quale ha vinto il Festival di Sanremo e ottenuto il quarto posto all’Eurovision, e un reggaeton dal ritmo molto estivo come Pazza Musica con Elodie. E c’è la sofferenza di The damned of the earth, un brano che parla in maniera esplicita di immigrazione, sofferenza e sfruttamento, con “l’uomo che ha passato il deserto / Il vento che gli sputa in faccia il mare aperto” e “la donna che la faccia nasconde / e parla al cielo e il cielo non risponde”.

Esistenze disperate, accomunate da un “camminare all’infinito” e contrapposte a “chi chiude gli occhi” che “è sempre in buona fede”. E poi “i campi violentati dal sole / I ghetti baraccopoli del meridione” e “i canti che bruciano tra i filari / Gonfiar lo stomaco dei caporali”. Il tutto culmina con il discorso di Nelson Mandela l’11 febbraio del 1990, quando fu scarcerato dopo 27 anni di prigione in Sudafrica: “Our march to freedom is irreversible, we must not allow fear to stand in our way”.

Mengoni, si sente un rivoluzionario?

“Io mi sento un ragazzo, e un uomo oramai, che vive la sua società. Sono una persona attenta, che ha delle idee e che ha un vissuto. Tutto questo vissuto, in alcuni casi è stato anche un po’ urlato e condiviso con gli altri. Forse al giorno d’oggi, dato che il condividere non è più la priorità, questo vuol dire essere rivoluzionari. Quindi, sotto questo punto di vista mi posso ritenere un rivoluzionario”.

È preoccupato per come stanno andando le cose nel nostro Paese?

“L’Italia può essere fiera, tantissime persone, tutte quelle che frequento, pensano all’inclusività come una cosa bella e positiva; volevo ricordare all’Europa che non siamo da meno e tanti italiani la pensano diversamente, si sentono molto più aperti mentalmente rispetto la paura verso alcuni temi che si stanno affrontando e come si stanno affrontando in Italia”.

E l’idea di portare la bandiera Lgbtqi+ sul palco dell’Esc?

“In Italia ci sono delle cose che non sto veramente capendo e vorrei capirle. Non vorrei andare contro. Vorrei capire e comprendere da dove viene tutto quello che sta succedendo, perché mi sembra anacronistico nel 2023. E quello era un palco molto importante per arrivare a tante persone e per far capire che l’inclusività e comunque quelle che vengono ritenute minoranze siano parte integrante di questa società”.

Quindi?

“Ho un po’ paura di come si stanno girando delle cose o comunque di alcuni discorsi che sento le azioni che vedo e quindi bisogna urlare più forte. E se hai la possibilità di farlo su un palco così importante, allora devi prenderti anche i commenti negativi urlati. Perché sennò, rimanendo comunque in silenzio, le cose passano e magari poi cambiano e cambiano in negativo ovviamente per me e la mia esperienza di vita”.

Ma cos’è esattamente che la turba?

“Ovviamente la posizione del governo attuale su determinati argomenti. Io non riesco a capire questo modo di approcciare ad alcuni temi. Io credo che ognuno debba avere una propria opinione e possa avere un giudizio diverso rispetto a tutto. Però io non riesco a capire proprio cosa c’è dietro. Cosa ti porta a dire questo, vorrei tanto capirlo. Poi ovviamente ognuno può rimanere della sua idea e opinione. Sono assolutamente aperto al confronto perché credo che la cosa più importante per comprendere perché non siamo arrivati allo stesso fine, allo stesso giudizio”.

“Questo non è un governo, è una apologia del fascismo quotidiana”, aveva detto in una delle tante polemiche una esponente del Pd.

“Quella parola (fascismo ndr) mi fa terrore… Lo ripeto: vorrei capire perché vengono dette determinate cose, se è un esercizio per richiamare un qualcosa di dittatoriale o magari è un qualcosa per far parlare di questi argomenti, sarebbe molto positivo se uscissero e se la società si potesse relazionare. Non mi sembra questo è il modo giusto per metterle sul tavolo e parlare di determinate cose”.

Ma qual è la cosa che la spaventa di più.

“È il fatto che su questi temi c’è un assolutismo, cioè che si arrivi a dire determinate cose come per certe, come se le persone che dicono e che parlano in un determinato modo di alcuni argomenti non vivessero per strada o non andassero nei supermercati. E’ come qualcuno che va in vacanza in un altro Paese, si mette una settimana dentro un hotel a sei stelle e poi dice: sono stato a Cuba. Ma hai parlato con qualcuno per strada, con i giovani? Hai parlato con le persone più anziane di quello che hanno vissuto? Ma, ovviamente, io non faccio politica, faccio musica, quindi porto delle emozioni e delle sensazioni che ho”.

I prossimi impegni

“Mi sembra di non aver mai finito. Ma non vedo l’ora di tornare”. Mengoni quest’estate sarà live negli stadi a Bibione (17 giugno), Padova (20 giugno) Salerno (24 giugno), Bari (28 giugno, già sold out), Bologna (1 luglio, già sold out), Torino (5 luglio), Milano (8 luglio, già sold out) e il 15 luglio al Circo Massimo per il gran finale. “Ovviamente non vedo l’ora. E pur essendo lo stesso tour – spiega – ho cambiato diverse cose dagli ultimi live, anche perché si aggiungono i brani di Materia (Prisma)“.

I live in Italia anticipano il primo tour di Mengoni nei grandi spazi europei in programma il prossimo autunno a Barcellona (18 ottobre al Sant Jordi Club), Bruxelles (21 ottobre al Forest National), Amsterdam (23 ottobre all’AFAS Live), Parigi (25 ottobre allo Zénith Paris), Francoforte (27 ottobre presso Jahrhunderthalle), Vienna (29 ottobre al Gasometer), Zurigo (31 ottobre presso Hallenstadion) e Monaco (2 novembre all’Olympiahalle). “Posti più grandi di quelli fatti finora. È una sfida emozionante”, dice Mengoni, che all’Eurovision ha macinato numeri importanti: Due Vita è tornato, post finale all’Esc, nella top 200 della classifica global di Spotify. Il video ufficiale ha superato i 60 milioni di visualizzazioni su YouTube ed è il videoclip più visto tra i brani presentati ad Eurovision 2023.

Anche la performance sul palco della Liverpool Arena è tra le più viste su tutti i social di Eurovision, incluso il profilo YouTube ufficiale della manifestazione. “Ma la cosa più bella che mi hanno ripetuto i fan europei – racconta – è che anche se non capivano il testo in italiano, il significato e l’emozione della canzone arrivavano tutte”.

E se gli si chiede se per caso ha lasciato un brano inedito da mandare ad Amadeus per Sanremo 2024, si schermisce ridendo: “Mi volete morto? Io sto in vacanza al prossimo Sanremo! Posso fare un collegamento dalla Maldive”.

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