Marta Cartabia alla Giustizia: una vita da giurista tra l’Italia e il mondo

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Si sa tutto di Marta Cartabia, classe 1963, fino alla sua elezione plebiscitaria, l’11 dicembre 2019, al vertice della Consulta, prima donna a ricoprire quell’incarico dopo 45 presidenti al maschile. È noto come abbia mescolato la sua vita di accademica, con un’attenzione specifica al diritto costituzionale europeo, con quella di moglie e di madre di tre figli. Sappiamo che è anche una sportiva, corre tutte le volte che può e ama la montagna, anche se alla fine del suo mandato alla Corte ha scelto di riposare per una settimana a Favignana. L’inglese è la sua seconda lingua. Ha vissuto negli Usa e lì è nato il rapporto con un “professorone” come Joseph Weiler che di lei vanta “la straordinaria erudizione” e al contempo “l’originalità e creatività”.

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Sappiamo altresì che ha scritto di giustizia, con Luciano Violante, il saggio “Giustizia e mito” nel 2018 (Il Mulino) e ancora, appena l’anno scorso, con Adolfo Ceretti, un volume con un titolo che di sicuro piace ai garantisti, “Un’altra storia inizia qui, storie di giustizia riparativa” (Bompiani). Ed è la giurista che sulla giustizia, a Repubblica, appena eletta presidente della Corte costituzionale dice: “La giustizia deve sempre esprimere un volto umano: ciò significa anzitutto, come dice l’articolo 27 della Costituzione, che la pena non deve mai essere contraria al senso di umanità, ma che la giustizia deve essere capace di bilanciare le esigenze di tutti”. “Una cura che salvi insieme assassino e città”, come diceva il cardinale Martini.

Marta Cartabia: “La giustizia deve avere sempre un volto umano. E stop ai processi troppo lunghi”

Ma c’è la Cartabia di questo ultimo anno, quella post Consulta, che definisce i dettagli del suo ritratto. Eccola, il 18 agosto dell’anno scorso, mentre tiene una lectio su Alcide De Gasperi nel paese in cui nacque, Pieve Tesino. Lei ragiona su “Costituzione e ricostruzione”, giusto mentre a Rimini, al Meeting di Comunione e liberazione, c’è Mario Draghi che cita a sua volta lo statista democristiano. È cattolica Cartabia, certo, non ne ha mai fatto mistero, ma i laici la stimano, tanto da conferirle nell’agosto 2020, il premio Spadolini per i suoi studi sull’Italia in Europa. Alla Consulta, tutti sottolineano la sua capacità di ascolto e di attenzione alle posizioni degli altri, senza pregiudizi, anche sui temi più delicati.

È una giurista che dedica molta attenzione alla scuola e all’università, al futuro dei giovani, dei quali parla a Pisa, quando il Collegio Sant’Anna le assegna il dottorato honoris causa e lei tiene una prolusione dal titolo indicativo, “Per l’alto mare aperto: l’università al tempo della grande incertezza” e dice: “I giovani devono tornare a essere la priorità tra tutte le priorità di questo inaspettato presente e devono essere preservati come bene essenziale perché qui si gioca una partita decisiva anche per la società e la democrazia di domani”. Era il 9 dicembre, ma è impossibile non cogliere la consonanza con le parole appena pronunciate da Draghi sul rilancio della scuola.

Chiuso il lungo novennato alla Consulta Cartabia torna al suo mondo, l’università. Lei, che ha insegnato a Milano Bicocca prima di diventare giudice costituzionale nel 2011, passa alla Bocconi. In inglese, agli studenti del quarto anno, tiene il corso di Costitutional justice ed è soddisfatta perché, come dice, “erano tutti motivatissimi e partecipativi e nonostante la didattica a distanza rispondevano benissimo”. Alla fine, agli esami, hanno preso anche ottimi voti.

Il diritto è la sua vita, da sempre. Nel 2017 la chiamano a far parte della Venice Commission, la commissione del Consiglio d’Europa che dà pareri tecnici del tutto indipendenti su questioni di diritto costituzionale ai paesi che ne facciano richiesta. In passato, aveva già fatto parte, come esperto indipendente, dell’Agenzia dei diritti fondamentali che ha sede a Vienna. Il 25 gennaio ha presentato il report dell’Agenzia con il direttore Michael O’Flaherty. Un testo che evidenzia come l’Italia, insieme ad altri quattro paesi della Ue, non ha una National Human Rights Institution pur richiesta dalle Nazioni unite sin dal 1993.

Ma quando Cartabia parla dei suoi incarichi ci tiene a sottolineare che hanno tutti “una caratura tecnica, e mai politica”. È il suo profilo, quello di una giurista. È lei che ha fondato, nel 2009, la prima rivista di diritto costituzionale in lingua inglese, l’Italian Journal of Public Law, assieme a Giacinto della Cananea. Da luglio prossimo sarà co-presidente dell’International Society of Public Law, l’associazione che riunisce gli accademici del diritto pubblico a livello mondiale.

Infine, il diritto e le donne, un tema che la appassiona soprattutto da quando è arrivata alla Corte costituzionale, unica donna con 14 uomini. Proprio alle donne ha dedicato numerose puntate su Rai Storia e ci ha tenuto a raccontare la vicenda della prima donna divenuta prefetto – si chiamava Rosa Oliva – proprio grazie a una storica sentenza della Corte. Basta sentire quello che dice a Reggio Emilia, il 4 dicembre dell’anno scorso, quando con Violante commemora la figura di Nilde Iotti: “Quel suo richiamo a misurarsi nella vita delle istituzioni è innanzitutto un richiamo rivolto alle donne; un richiamo a non ritrarsi davanti alle responsabilità: con stile, con classe, ma anche con tenacia come la sua esperienza personale testimonia anche agli uomini e alle donne di oggi”.

 

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