Matrimoni ed eventi, gli operatori in piazza: “Fateci riaprire, in un anno persi 30 miliardi di fatturato”

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ROMA – Trenta miliardi di fatturato e oltre altri 30 di indotto, un milione di dipendenti tra lavoratori a tempo indeterminato e a chiamata,  con una quota maggioritaria di donne, tra il 2,5 e il 3 per cento del Pil italiano, una tradizione legata alle feste per i matrimoni, i battesimi, le cresime, tutti i tipi di eventi privati, anche aziendali, che rischia di perdersi per sempre portando via dall’Italia una fetta importante di turismo, quella degli sposi che arrivavano da ogni parte del mondo, sopratutto nelle città d’arte e nelle Regioni del Mezzogiorno, per festeggiare con amici e parenti. Oggi gli operatori del settore matrimoni ed eventi sono scesi in piazza per protestare contro la mancata riapertura: “Il Cdm ci ha esclusi dal calendario, nonostante la Conferenza delle Regioni avesse già trovato l’accordo per il protocollo di sicurezza”, contestano le associazioni a cui fanno capo le 90 mila aziende del settore, Unanime, Assoeventi, Federmep e Feu, coordinate da “Insieme per il wedding”. I flashmob si sono tenuti a Milano, Torino, Udine, Venezia, Genova, Bologna, Firenze,Campobasso, Bari, Palermo, Cagliari, Napoli, Catanzaro. A Roma davanti a Montecitorio c’erano anche sposi in abito da cerimonia e sacerdoti: la cancellazione dell’85% dei matrimoni nel 2020 coinvolge anche la Chiesa, hanno spiegato gli organizzatori.

Gli operatori della filiera lamentano cali del fatturato tra l’85 e il 90%. E temono di perdere per sempre una fetta importante di turismo, quel milone e mezzo di arrivi annui che ultirmamente era legato agli sposi che da ogni parte del mondo venivano in Italia per festeggiare il proprio matrimonio, portandosi dietro anche un numero cospicuo di invitati. Oppure di essere sostituiti dagli abusivi, che non si preoccupano dalla normativa antiCovid.

Michele Boccardi, presidente di Assoeventi

“Per noi inspiegabilmente non è prevista alcuna riapertura. Visto che la maggior parte degli eventi che ci riguardano non erano stati cancellati, ma rinviati al 2021, avevamo pensato che questo potesse essere per noi l’anno del rilancio. Poi è arrivata la terza ondata di marzo, e ci ha bloccati di nuovo. Comunque abbiamo messo a punto un calendario, realizzato come progetto pilota della Regione Puglia, e passato alla Conferenza Stato Regioni per essere approvato e adottato su base nazionale. E invece poi mercoledì scorso il Consiglio dei Ministri ha considerato tutto, palestre, piscine, congressi, meeting, cinema, teatri, e noi siamo rimasti gli unici untori del coronavirus, chiusi. Ci siamo subito attivati e messi in contatto con la ministra Gelmini per dirimere questa questione, ma ancora niente. Ecco perché abbiamo deciso di scendere in piazza in tutta Italia: è la prima volta che lo facciamo, ma i rischi per il nostro settore a questo punto sono gravissimi, si rischia di perdere tutto, noi siamo chiusi da 14 mesi, anche chi l’anno scorso è riuscito a riaprire in estate ha lavorato solo un paio di mesi, il nostro settore ha bisogno di tempi lunghi per organizzarsi. I nostri sono eventi che si programmano almeno 6 mesi prima. Io ho due aziende di organizzazioni matrimoni, l’anno scorso avevo 246 eventi già fissati, ne sono stati tenuti solo 11. Del resto poi il 13 ottobre a causa della pandemia ha richiuso tutto.

“Molte coppie, stanche di rimandare, stanno già decidendo di sposarsi comunque, rimandando la cerimonia a un giorno che probabilmente non arriverà mai. Sarebbe la fine di una tradizione che ha dato vista a un’industria importante. Oppure potrebbero optare per strutture abusive, che non si pongono certo problemi di sicurezza. E poi c’è una terza questione legata al turismo: gli ultimi cinque anni sono stati per l’Italia, in particolare per Puglia Toscana, Campania, Sicilia e Sardegna le destination wedding più ambite, arrivavano da tutto il mondo per i matrimoni, un indotto che ci vedeva al top ella vetta mondiale delle destination wedding. Ma adesso il settore ha subito solo annullamenti, ma all’estero sono già ripartiti, si sono attivati con i vaccini molto più velocemente di noi, e quindi il rischio è che questo tipo di turismo si trasferisca verso altre mete, tipo la Grecia o la Slovenia”.

Carla Palombi, direzione eventi “VIlla Dino”

“Io gestisco da oltre 20 anni una villa meravigliosa sull’Appia Antica, a Roma, si chiama Villa Dino. Ci hanno chiesto i tamponi e li facciamo, sanifichiamo di volta in volta, eppure siamo ancora fermi. Non posso mandare in cassa integrazione nessuno, la sola manutenzione di Villa Dino ci costa 30 mila euro al mese, senza eventi: la villa è un gioiello, va mantenuta, ha 7 ettari di parco e 600 metri quadri di saloni. Non capisco perchè i ristoranti vicini a noi possono adesso cominciare a ospitare le prime comunioni e io non posso fare un evento neanche per 50 o 100 persone. Eppure al ristorante tu sei seduto vicino a uno sconosciuto, nei nostri eventi gli ospiti sono tutti tracciati.

Angelo Contino, International Catering

“Sono napoletano, ho un’azienda di catering nel viterbese e lavoro sopratttutto a Roma. Sono anche insegnante alla scuola alberghiera: quest’anno si sono dimezzate le iscrizioni, i ragazzi non vogliono più frequentare i nostri corsi. Lavoravo in media per 400 matrimoni l’anno, adesso non so più niente. RIcevo 30 telefonate al giorno tra dipendenti, sposi, e non so che dire. Si arrabbiano, mi dicono ‘ma com’è possibile che non sappiate niente’. Io riuscivo a impiegare in un anno anche 300 lavoratori occasionali.

Gianluca Palermo, sacerdote

“Seguo moltissime coppie nella nostra parrocchia, in provincia di Pistoria. Non sanno che fare, ci sono tante difficoltà, alcuni hanno rimandato in matrimonio più di una volta, sono scoraggiati”.

Angela Di Iorio, sposa

“Sono di Roma, ho rimandato il matrimonio già due volte: ero una sposa di ottobre 2020, ed è saltato per le chiusure, ci siamo spostati ad aprile 2021 ed è saltato di nuovo, adesso ci siamo organizzati per il 16 luglio di quest’anno, ma non abbiamo ancora certezze. Ho fondato un gruppo su Facebook che si chiama “Spose guerriere”, ci sono 3700 donne nella mia condizione. Io sono osteopata, lo so cos’è un protocollo sanitario. Come è possibile che riaprono le terme, e negli ambienti umidi il virus si trasmette con maggiore facilità, e non sia possibile festeggiare un matrimonio? Il banchetto di nozze non è un capriccio, è un momento fondamentale nella vita”.

SImone Masenga, catering

“Lavoriamo vicino ad Asti, per catering, banchetti e ristorazione. L’anno scorso abbiamo perso l’85% del fatturato, ma conosco anche colleghi che hanno perso il 100, perché molti eventi sono stati rinviati persino nel periodo in cui sarebbe stato possibile tenerli. Avevamo sia impiegati fissi che lavoratori a chiamata, adesso rischiamo di garantire solo qualche extra a chi prima lavorava con continuità, e per chi faceva gli extra non c’è cassa integrazione”.

Raquel, fotografa

“Sono spagnola, sono venuta in Italia, a Genova, nel 2019, perché fare la fotografa per i matrimoni in Italia era il mio sogno. Non ho avuto molta fortuna, perché dopo neanche un anno che ero arrivata ho smesso di lavorare. Io non voglio sussidi, voglio fare il mio lavoro: dateci una data di riapertura!”.

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