Mes, con l’effetto-Draghi scende la convenienza del prestito Ue per la sanità: ecco il calcolo

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MILANO – Prima responsabile di pesanti botta e risposta tra Partito Democratico e Movimento Cinque Stelle, poi aperto fronte di rottura con Italia Viva e quindi della caduta del governo Conte bis. Il Meccanismo europeo di stabilità, nella parte dedicata a finanziare gli investimenti sanitari dei Paesi Ue in risposta alla crisi Covid, è stato negli ultimi mesi il pomo della discordia che si è prestato a questa o quella interpretazione.

Crisi di governo: Mes, fisco e lavoro. L’intesa sul contratto è ancora lontana

Più volte oggetto di dietrologie e accuse incrociate, sembrava imprescindibile per Iv tanto da far saltare il banco del governo; ma d’altra parte soltanto pochi mesi fa il segretario Dem Zingaretti chiedeva che non fosse “liquidato con una battuta” e il Parlamento fosse investito delle decisioni sul tema. Da quando l’ex presidente Bce è stato incaricato dal Quirinale della formazione del governo, il Mes è finito sotto il tappeto. Molto si è parlato in questi giorni dell’effetto-Draghi che, insieme a una generale fiducia nei mercati in stimoli monetari e fiscali, ha appiattito lo spread Btp-Bund in area 90 punti e portato il rendimento dei decennali italiani a nuovi minimi: oggi siamo allo 0,45%.

Con il costo di finanziamento in discesa, per l’Italia conviene ancora il Mes?

“Come forma di finanziamento della spesa sanitaria con un orizzonte temporale di 10 anni, il Mes all’Italia conviene” ancora, ragiona Luca Tobagi, investment strategist di Invesco. “D’altra parte, è evidente che la decisione di richiederne l’attivazione sia politica. Fino ad ora si è scelto di non ricorrere al Mes per l’opposizione ad esso che ha caratterizzato alcune forze che hanno sostenuto i governi Conte, sia per la volontà di rifiutare la condizionalità, per quanto limitata alla spesa sanitaria, sia per il timore che potesse esservi uno stigma legato al fatto di essere il primo Paese a richiedere l’accesso allo strumento emergenziale”.

L’evoluzione di mercato ha sensibilmente ridotto questa convenienza. Il Meccanismo europeo di stabilità permette di ‘tirare’ risorse pari al 2% del Pil con la condizione di utilizzarle per la sanità (a differenza delle altre linee di credito, utilizzate ad esempio durante al crisi del debito sovrano dalla Grecia, non ci sono vincoli ulteriori). Per l’Italia è un’arma potenziale da 36-37 miliardi. Nessun Paese, finora, vi ha fatto ricorso.

Il costo annuale del denaro richiesto al Mes si può arrotondare allo 0,135%. Il Fondo Salva-Stati emette infatti a tassi negativi, forte del giudizio di massima affidabilità da parte delle agenzie di rating, ma il conto ribaltato sui Paesi sale leggermente perché ci sono (minime) commissioni da pagare per il servizio. “Anche ai tassi di oggi, minimi (il calcolo è stato effettuato sul Btp decennale allo 0,48%, ndr), il risparmio annuale, per ogni 10 miliardi di Mes richiesti, sarebbe di quasi 35 milioni di euro” rispetto a quel che l’Italia paga ai mercati per una simile scadenza decennale. Nell’ipotesi di ricorrere, dunque, a tutta la linea di credito da 36 miliardi il vantaggio sarebbe nell’ordine dei 125 milioni l’anno. “Anche Spagna e Portogallo avrebbero un vantaggio, ma minore, perché il costo del loro debito è più basso. La Germania e i Paesi con titoli dai rendimenti negativi fino a 10 anni non hanno interesse a ricorrere al Mes, ma il nostro caso è diverso”, aggiunge Tobagi.

I risparmi di aprile e quelli di oggi: il confronto sul Mes

I 35 milioni di potenziali risparmi attuali (ogni 10 miliardi) sono una frazione di quel che accadeva a inizio pandemia, quando la linea di credito sanitaria fu congegnata a Bruxelles e lo spread schizzò in area 300 punti base, prima che la risposta coordinata di Bce e Commissione Ue raffreddasse i timori degli investitori. Alle condizioni di fine aprile, infatti, ogni 10 miliardi richiesti al Mes generavano un guadagno di 160 milioni. Significa circa 585 milioni l’anno sull’intera cifra disponibile, da moltiplicare per dieci anni.

Ad oggi, “per avere accesso diretto a risorse finanziarie senza condizioni a un costo inferiore al Mes, l’Italia dovrebbe accorciare l’orizzonte temporale, emettendo titoli a 5 anni o più brevi, ma accollandosi il rischio di rifinanziamento. Con una scadenza a 7 anni, oggi, grazie all'”effetto Draghi”, il costo sarebbe più o meno lo stesso”, spiega ancora Tobagi.

Con lo spread a 50-60 punti ci sarà il sorpasso del Btp sul Mes

Il calcolo sarà vantaggioso a favore del Mes “almeno finché lo spread rispetto al decennale tedesco rimarrà sopra i 50-60 punti base”. Se dunque, come alcuni analisti credono, l’effetto-Draghi proseguisse grazie alle misure pro-crescita e alle riforme da inserire nel Recovery fund italiano, allora anche la calcolatrice farebbe tramontare definitivamente l’idea di ricorrere al Mes.

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