Michel Houellebecq: “Su quel set porno come uno stupro”

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PARIGI – “Per la prima volta nella mia vita, mi sono sentito trattato, in assoluto, come il soggetto di un documentario naturalistico: è difficile dimenticare quel momento”. È il diario di una discesa nell’inferno, un “inferno multiplo”, quello che Michel Houellebecq descrive in “Qualche mese della mia vita”, breve racconto, appena cento pagine, in uscita nelle librerie in Francia e in Italia (il 26) da La nave di Teseo.

Houellebecq, impegnato tuttora nella battaglia giudiziaria per impedire l’uscita del film pornografico del collettivo olandese Kirac, comincia ricordando la recente controversia provocata dal dialogo con il filosofo Michel Onfray nel quale insultava i musulmani, riprendeva tesi sulla presunta sostituzione etnica e apriva all’idea della pena di morte. “Mi scuso” ribadisce Houellebecq, solo a proposito dei musulmani con il quale, aggiunge, ha l’abitudine di “bisticciare”. Non è la prima volta, e forse neanche l’ultima.

Ma l’evento mediatico “più grave”, per ammissione dell’autore, è l’affaire sul film girato da Stefan Ruitenbeek nel quale uno degli scrittori francesi più famosi al mondo è stato ripreso durante un amplesso. Houellebecq racconta il primo incontro a Parigi con Ruitenbeek, chiamato in tutto il libro “Lo scarafaggio”, mentre l’attrice con cui ha fatto sesso diventa “La scrofa”.

Come in una favola di La Fontaine, di cui però non si conosce la morale se non forse una sola, come conclude l’autore nell’enumerare i suoi vari errori di valutazione: “Ho raggiunto il culmine della coglionaggine”. Houellebecq ribadisce di essere stato truffato e poi ricattato dal regista olandese. Non che lui abbia mai avuto qualcosa contro il porno, anzi. È un genere che ha scoperto tardi, ma che predilige nella versione amatoriale dove, osserva, c’è una forma di “sincerità, generosità, e amore”.

Sognava di partecipare, almeno una volta. Complice anche la giovane moglie, che voleva esaudire il desiderio del marito, è stata accettata la proposta di Ruitenbeek di riprendere l’incontro con una giovane attrice olandese presentata come una sua ammiratrice. “Vanità da scrittore”, aggiunge Houellebecq. Tutto è andato storto. Le mascherine che dovevano indossare nell’amplesso erano “orribili” e non garantivano l’anonimato, il sesso “mediocre”, il contratto che lo scrittore ha ingenuamente firmato si è rivelato capestro, la mancanza di scrupoli del regista e del suo avvocato l’ha portato in un tunnel giudiziario da cui non è ancora uscito.

Difendersi, quindi. Contro i giornalisti “astiosi”, le femministe che continua ad attaccare (“danneggiano le relazioni”). Seguendo anche il consiglio dell’amico Gérard Depardieu, “l’unico che mi comprende”. L’attore, al centro di accuse di molestie, gli ha consigliato di “non rinunciare a nulla, di lottare fino allo stremo”.

L’esito della battaglia legale è incerto. Il libro-diario termina ad aprile, prima di una nuova sentenza in Olanda che ora gli permetterà di vedere il film di Kirac e chiedere qualche modifica.

Lo scrittore parla già di una storia al passato, come se la fine fosse nota, con una certa rassegnazione. “La sessualità era stata la gioia più grande della mia vita e, in maniera sorprendente, la più duratura in fin dei conti” racconta, spiegando di non essere mai riuscito a scrivere della sua intimità, ora invece documentata e forse presto anche pubblica. “Era atroce per me pensare che l’unica traccia che sarebbe rimasta della mia vita sessuale, la parte più vivace della mia vita, sarebbe stata un coito mediocre… Mi meritavo di meglio; chiunque si merita di meglio”.

Lo scrittore descrive un profondo disagio non solo mentale. “Avevo smesso di lavarmi, il mio consumo di alcol e tabacco erano aumentati e avevo persino qualche sintomo di bulimia” confida. Ponendosi come vittima, Houellebecq scrive: “Sentivo per la prima volta qualcosa che poteva assomigliare a quello che descrivono le donne vittime di stupro, con una dolorosa sensazione di essere privati del proprio corpo”. E anche se in questo breve racconto ha perso molta della sua ironia, si capisce che gli resta un’unica arma, forse spuntata. “Non si può dire che la lettura e la scrittura facciano veramente parte della vita – conclude – le offrono piuttosto un’alternativa”.
 

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