Michela Murgia e il tumore senza speranza. I medici: “Ma oggi da un quarto stadio non è impossibile guarire”

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“Dal quarto stadio non si torna indietro” dice la scrittrice Michela Murgia parlando del suo tumore. Questa porta chiusa di fronte a ogni speranza ha colpito il medico Roberto Burioni, che ha cercato su Facebook di ragionare sul concetto di malattia ineluttabile. Ed è riuscito a smussare qualche angolo, ad aprire piccoli spiragli.

“La medicina sta facendo passi da giganti” spiega l’immunologo del San Raffaele. E cita uno studio su Lancet che descrive una nuova terapia: 3 pazienti sugli 87 arruolati sono guariti da un tumore al colon metastatico e resistente alle terapie. Guariti vuol dire che il loro cancro è scomparso. “Tre pazienti sono indubbiamente pochi – ragiona l’immunologo del San Raffaele – ma vuol dire che anche in casi che prima erano senza speranza oggi abbiamo degli strumenti. Prima o poi riusciremo a ottenere un risultato simile per molte altre persone”.

Ma non c’è bisogno di arrivare al traguardo massimo – la guarigione – per parlare di speranza. “Murgia ha ragione. Tornare indietro da un tumore con tante metastasi, cervello incluso, non è quel che normalmente avviene” sostiene Pier Paolo Di Fiore, professore all’università di Milano e direttore del programma di nuovi metodi di diagnosi all’Istituto europeo di oncologia. “Ma questo non vuol dire che non ci siano cose da fare. Guarire non è infatti l’unico obiettivo. Ci sono trattamenti in grado di rallentare il tumore, di aggiungere mesi e qualità alla vita che resta da vivere. In quei mesi, non è escluso che si presentino nuove possibilità di trattamento”.

Michele Maio, professore di oncologia all’università di Siena e direttore del centro di immuno-oncologia alle Scotte, è specializzato in immunoterapia, la cura che oggi sta forse dando la maggior iniezione di speranza al campo dei tumori (e che anche Michela Murgia sta ricevendo). Si tratta di un trattamento che funziona solo in una quota di pazienti, ma che ha la capacità di piegare una prognosi nel verso buono senza effetti collaterali particolarmente gravi.

“Fino a qualche anno fa sarei stato d’accordo con la frase di Murgia” spiega Maio. “Oggi abbiamo nuovi farmaci e abbiamo dimostrato che si può tornare indietro anche da un quarto stadio”. L’aspetto che più sgomenta della malattia della scrittrice è sicuramente il cervello invaso dalle metastasi. “Fino a 4-5 anni fa avevamo un dogma: le metastasi al cervello non possono guarire. Ora abbiamo cominciato a erodere anche quello” prosegue Maio. L’anno scorso il suo gruppo ha partecipato a uno studio portato avanti in parallelo in tre nazioni. “Abbiamo usato l’immunoterapia nel melanoma con metastasi al cervello. L’anno scorso sono usciti i risultati. A 5 anni dall’inizio della terapia il 50% dei nostri pazienti è ancora vivo. Una parte è privo di segni di malattia. E parliamo di persone che sarebbero vissute solo pochi mesi senza il trattamento”.

Parte del merito Maio (che presiede la fondazione Nibit) la assegna alla ricerca non profit. “Per l’industria un paziente con metastasi al cervello e prognosi generalmente negativa rappresenta soprattutto un rischio di fallimento del proprio trattamento. Sono state soprattutto le associazioni a portare avanti i farmaci per malati così difficili. E i risultati ci sono stati. Oggi le metastasi al cervello non equivalgono necessariamente a una condanna, anche se ovviamente non per tutti e non per tutte le malattie”.

La medicina, di fronte ai tumori, oggi agisce come la goccia che scava la pietra. “Ogni anno guadagniamo l’1,5% di sopravvivenza” spiega Di Fiore. “Sembra poco, ma ci ha portato a una sopravvivenza che all’inizio del Novecento era del 4% e oggi ha raggiunto il 53% circa”. Guadagnare mesi o anni di vita vuol dire lasciare tempo di agire a qualche goccia in più. “Io spero – è l’augurio di Burioni – che per Michela (e per tutti gli altri pazienti) quei mesi guadagnati siano molti e possano servire a ottenere cure migliori che a loro volta serviranno a guadagnare ancora altro tempo che servirà a curare con successo questa malattia”.

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