Milano, il retrobottega della città ora è un’oasi

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Si può camminare fiancheggiando un’apistrada dei fiori, una siepe lunga oltre tre chilometri percorsa da centinaia di api che si muovono da un alveare all’altro. Oppure immergersi nei bunker della Breda e ancora andare a caccia di specie endemiche. Parco Nord Milano sarebbe l’equivalente di Central Park a New York. Il paragone è un po’ scontato, se non addirittura provinciale. Entrambi sono stati costruiti dal nulla ma nel capoluogo lombardo, più che la corona dei grattacieli, è la natura la vera protagonista.

Parco Nord, quando i confini di Milano sono diventati un’oasi verde

Poi, bisogna dirlo, in questo parco nella periferia settentrionale di Milano può anche capitare di vedere campioni delle due ruote come Francesco Moser e Giuseppe Saronni pedalare in un velodromo ricavato da una vasca di laminazione delle acque reflue dei comuni di Cinisello Balsamo e Bresso. Insomma, ne vale la pena.

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Dalla stazione Garibaldi bastano sei fermate della linea lilla della metropolitana per immergersi negli ottocento ettari di superficie del parco. Qui, i progetti di conservazione della flora e la piantumazione di nuove specie vegetali si declinano con occasioni di coesione sociale come il recente progetto di Food Forest e gli orti comuni aperti a tutti i cittadini. Da retrobottega della città costruita, così come chiamavano quest’area quando era ancora occupata da orti spontanei e depositi di materiali, il parco è diventato oggi è un’oasi di biodiversità in un territorio che ha intrapreso un percorso di sviluppo ininterrotto a partire dagli anni Settanta.

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A caccia di specie endemiche

“Oltre il 10 per cento dell’area protetta è costituito da bosco con alberi che ormai hanno raggiunto buone dimensioni e un elevato tasso di rinnovazione naturale. – spiega Riccardo Gini, agronomo e direttore del Parco – Si tratta comunque di un habitat delicato che richiede, per mantenere il suo equilibrio, anche la partecipazione di tutti i cittadini. Come quando organizziamo i bioblitz con la Regione per monitorare le piante e gli animali presenti”.

Veduta aerea del Parco nord di Milano. 

La rarità da cercare, in questo caso, è una varietà della Scilla silvestre (Scilla bifolia) che a Parco Nord Milano ha fiori bianchi invece che gialli ed è uno degli endemismi del parco, così come il rospo smeraldino, un anfibio al centro di un progetto di tutela che ha previsto la costruzione di pozze artificiali e stagni per favorire la riproduzione delle fragili popolazioni di questo animale che ha un un canto inconfondibile, simile ad un trillo intermittente ed acuto. 

Il rospo smeraldino (Bufotes viridis

Altri progetti di conservazione riguardano le piante nemorali, quelle che vivono nel sottobosco: delle 32 specie censite ne sono state introdotte altre due, il dente di cane (Erythronium dens-canis) e l’erba lucciola (Luzula pilosa) i cui fiori sembrano illuminarsi quando sono ricoperti dalla rugiada. 

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Tra le specie spontanee meno comuni, almeno nelle foreste urbane di questo genere, ci sono anche il fiordaliso, una vera star dei prati oggi quasi scomparsa e il Garofanino dei Certosini (Dianthus carthusianorum) dai fiori rosati. Il parco è anche una stazione di sosta lungo le migrazioni di uccelli come il torcicollo (Jynx torquilla), un animale protetto in Italia perché in rapido declino. Ma sono presenti anche diverse coppie di sparviero e, da alcuni anni, anche di assiolo, un piccolo rapace notturno.

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Nei bunker della Breda e la foresta edibile

Il Parco ospita anche alcuni monumenti della Seconda Guerra Mondiale come i bunker Breda, una serie di camminamenti antischegge presenti in tutta la parte orientale dell’area verde e che sono stati recuperati in collaborazione con l’Ecomuseo Urbano Metropolitano di Milano Nord. Si tratta dei rifugi antiaerei della fabbrica di aeroplani bombardata dagli Alleati quasi al termine del conflitto e dove ansia e paura sembrano ancora immanenti.

Il teatrino Breda in piena fioritura primaverile. 

Un viaggio nell’oscurità che a breve potrebbe essere compensato da una merenda a base di frutta raccolta sul luogo. A gennaio di quest’anno è partito un progetto di Food Forest, una foresta edibile con specie autoctone da frutto, che crescono in equilibrio e che si trovano in natura spontaneamente. L’iniziativa, sviluppata in collaborazione con lo spin-off dell’Università di Padova Etifor, ha previsto la messa a dimora nell’area di Bruzzano di duemila nuove piante di specie arboree e arbustive tra le quali, ciliegi, meli e peri selvatici, noccioli, prugnoli, cornioli, sambuchi e biancospini.

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“Una parte importante delle attività riguarda l’Orto Comune Niguarda, un’area di cinquemila metri quadrati, un tempo molto degradata, riqualificata dal Parco tramite un progetto che coinvolge direttamente i cittadini nella realizzazione di un grande orto-giardino comunitario – conclude Gini – Oggi ci sono oltre cento persone che partecipano, tra residenti dell’area nord, migranti e famiglie da altri quartieri della città. Il Parco ha emanato un regolamento che obbliga i coltivatori a dedicare almeno il 20 per cento delle piantumazioni a specie ornamentali”.

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