Mimma Guardato, mamma di Fortunata la piccola abusata e lanciata da un palazzo di Caivano: “Quella città è un inferno. Ho scelto di scappare via”

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Quando sua figlia, quell’angelo biondo di Chicca, all’anagrafe Fortuna Loffredo, venne abusata e lanciata dal tetto del palazzo, Mimma Guardato era una trentenne. Oggi è una donna che ha girato pagina per gli altri due figli, due maschi, a cui insegna che le donne, di qualsiasi età, vanno rispettate. Vive a Faenza, Mimma, con la madre, che allora le fu molto vicina: è stato don Patriciello, il parroco di Parco Verde ad aiutarla a scappare dagli orrori che avevano invaso la sua vita.

Due nuove vittime di violenza a Caivano, dove lei ha vissuto la sua tragedia. Che cosa pensa?

«Altre due ragazzine, proprio come mia figlia. Non posso non essere addolorata. Sto rivivendo quei giorni pieni di atrocità. Se là dentro, in quell’inferno, non si combatte, non si sa che cos’altro può avvenire. Non conosco quelle ragazzine, ma sono madre e ho perso mia figlia in una situazione molto simile. Almeno, loro due sono vive».

Sono passati dieci anni. Che cosa è cambiato, in lei e in quei luoghi?

«Lì non è cambiato niente. Dopo l’ultima udienza del processo per la mia bambina, ho preso i miei figli, ho fatto le valigie e me ne sono andata. E ora è tutto diverso: ero disoccupata, mentre qui lavoro in una grande impresa di pulizia. Stiamo bene. L’angoscia c’è sempre, ma dopo tanto dolore si deve ricominciare».

Non è più tornata a Caivano?

«Ci vado solo per andare al cimitero. Di quel palazzo degli orrori non voglio saperne più niente».

La storia di Antonio Giglio secondo lei è stato un incidente?

«Non si è trovato niente. Per forza. Cinque anni dopo la morte di quel bambino, su quel corpicino di appena 4 anni, pure lui caduto da una finestra, che ci si aspettava di trovare?».

Ora vive in Emilia Romagna, l’ha scelto lei?

«Avevo mia sorella qui e ho fatto trasferire tutta la famiglia».

Come si trovano i suoi due figli?

«Uno ha 18 anni e andrà all’università, l’altro 13, è in terza media. Per il momento vogliono solo studiare. E chissà se in quel posto orribile ci sarebbero mai riusciti. Hanno l’accento del nord, Ora sentono parlare in napoletano solo me».

Che cosa serve per salvare Parco Verde?

«Ci vuole lo Stato, che lì non c’è. Non si può lasciare uno come don Patriciello a combattere da solo».

I fratelli ricordano Chicca?

«Sempre. Non si aspettavano che potesse fare quella fine. Ma noi non ne parliamo quasi mai. Basta che ci guardiamo negli occhi. A loro devo nascondere la mia sofferenza».

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