Morte della piccola Diana Pifferi, nel biberon nessuna traccia di tranquillanti. Verso il processo per la madre Alessia

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Nel biberon che era accanto al corpo di Diana Pifferi, la bimba di quasi un anno e mezzo morta di stenti dopo essere stata lasciata solo in casa per 6 giorni dalla madre Alessia Pifferi, non è stata trovata alcuna traccia di benzodiazepine, ossia di tranquillanti. E’ uno dei dati più significativi emersi dalla perizia, effettuata con la formula dell’incidente probatorio su richiesta dei difensori Solange Marchignoli e Luca D’Auria, e disposta dal gip di Milano Fabrizio Filice nell’inchiesta a carico di Alessia Piferri, la madre in carcere dal 21 luglio per omicidio volontario aggravato.

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L’incidente probatorio, disposto nei mesi scorsi, è stato effettuato sul biberon con del latte, che la madre aveva lasciato, e su una bottiglietta d’acqua trovati nel letto di fortuna della bambina ed era stato allargato anche alle analisi nell’appartamento, su un pannolino, su un cuscino e sul materasso. Da nessuna parte, come risulta dalla perizia, sono state trovate tracce di tranquillanti, salvo ovviamente su una boccetta di En (un tranquillante appunto) che si trovava nella casa. Sulla “tettarella del biberon” e sul “beccuccio della bottiglietta” d’acqua, si legge nella perizia (sarà discussa in un’udienza il 30 gennaio), “hanno permesso di individuare” solo “tracce di saliva riferibili” alla piccola. Mentre nel contenuto di entrambi non si è rilevata “la presenza di composti di interesse tossicologico”.

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L’accertamento sul flacone di En, poi, ha ovviamente confermato la presenza di tranquillanti nella boccetta. Altro dato, poi, che non cambia il quadro delle indagini è la presenza di paracetamolo “verosimilmente attribuibile ad una somministrazione del farmaco” alla bimba. Inoltre, uno dei pannolini è stato trovato privo di materiale compatibile con quello ritrovato nel lettino e nelle analisi medico legali. Dati questi che dimostrano la sofferenza della bimba in quei giorni. Il giudice aveva conferito lo scorso ottobre l’incarico al pool dei periti, tra cui Giorgio Portera, il genetista che si è occupato tra l’altro del caso di Yara Gambirasio.

Dagli esiti della consulenza medico-legale, disposta dalla Procura, e in particolare dall’esame del capello, erano emerse, invece, tracce di benzodiazepine. I vicini avevano raccontato di non aver mai sentito la piccola piangere in quei giorni. Tracce di tranquillanti, però, non sono stati rinvenuti nel biberon. Si può ipotizzare, dunque, anche una contaminazione involontaria, e non una somministrazione diretta, che ha portato poi a rilevare una certa quantità di benzodiazepine nelle analisi medico legali. Intanto, i pm Francesco De Tommasi e Rosaria Stagnaro nelle prossime settimane, entro la fine di febbraio, chiederanno il processo con rito immediato per la 37enne. Si andrà davanti alla Corte d’Assise, perché la donna rischia la condanna all’ergastolo. 

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“L’assenza di benzodiazepine nel biberon e nella bottiglietta di acqua dimostra che Alessia è sempre stata genuina nel suo racconto e, sul piano giuridico, che la premeditazione manca di elementi concreti, posto che sarebbe stato l’avvelenamento della piccola Diana”, è il commento dei legali. Pifferi, infatti, aveva sempre ripetuto a verbale di non aver mai somministrato benzodiazepine alla bimba. Era stato ipotizzato, invece, dagli inquirenti, anche perché nessuno dei vicini l’aveva mai sentita piangere in quei giorni. Inizialmente la Procura aveva anche contestato la premeditazione tra le aggravanti, ma poi il gip l’aveva esclusa nell’ordinanza cautelare.

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