Giovanni festeggia ma poi guarda il tabellone e lo sguardo felice viene attraversato da un lampo di delusione, perché alla sua gioia fa da contraltare la delusione di papà Diego. I Simeone e la Champions, che storia! Giovanni, che non aveva giocato un minuto nelle ultime tre partite del Napoli, chiuso tra la furia di ritorno di Osimhen e l’intelligenza tattica di Raspadori, in poco più di un quarto d’ora ha segnato una doppietta ai Glasgow Rangers, arrivando così a quota 4 gol nelle prime 4 partite di Champions giocate. Prima di lui c’era riuscito un solo argentino. Chi? Papà Diego, ovviamente. Che però non ricorderà il 26 ottobre 2022 come un giorno perfetto, anzi: perché a Madrid il suo Atletico ha pareggiato 2-2 col Bayer Leverkusen ed è stato eliminato dalla Champions: agli ottavi va il Porto, ormai inutile lo scontro diretto in Portogallo di martedì 1° novembre.
Giovanni Simeone, attaccante del Napoli, e Diego Simeone, allenatore dell’Atletico Madrid
Atletico, il rigore sbagliato a tempo scaduto
Ma le partite di calcio, quando ci sono di mezzo padre e figlio, Cholo e Cholito, sono thriller extralarge, altro che novanta, banali minuti. E così è stato anche al Wanda Metropolitano: ultima azione della partita, calcio d’angolo per l’Atletico, respinta, fischio finale. E invece no: il Var richiama l’arbitro Turpin al monitor, perché Hincapie del Leverkusen ha toccato il pallone con un braccio. Rigore: batte (male) Carrasco, Hradecky para, Saul Niguez riprende e, a porta vuota, centra la traversa. Ma non è finita qui: il pallone torna nel cuore dell’area, Reinildo lo calcia, il portiere questa volta è battuto ma lo stesso Carrasco, involontariamente, respinge sulla linea di porta. Partita finita: il Porto – che aveva appena vinto col Club Brugge in trasferta e che seguiva il finale del match su telefonini e tablet – festeggia in massa in aereo. Diego Simeone invece passeggia con lo sguardo perso a centrocampo.
Champions, Atletico-Bayer in campo solo per un rigore: l’arbitro richiama le squadre dopo il fischio finale
Simeone e il tatuaggio della Champions
A Napoli la partita è finita da un bel po’ e Giovanni è stato chiamato ai microfoni, a bordo campo, come uomo del match. Lui che a 14 anni, a Buenos Aires, si era tatuato sul braccio il pallone della Champions (che bacia a ogni gol) facendosi dare il permesso da mamma Carolina, perché papà Diego non voleva. Lui che “anche se non gioco sono felice, perché posso godere da spettatore di questo Napoli”. Parole ovviamente ispirate da Simeone senior, perché “se vai in panchina la colpa non è dell’allenatore che non ti capisce ma tua, che ti sei fatto preferire un altro”.
Simeone, niente incrocio agli ottavi tra padre e figlio
Giovanni guarda il tabellone dello stadio di Napoli si lascia scappare un “peccato per papà, sarebbe stato bello vederlo agli ottavi”. Il centravanti aveva vissuto una scena simile, sempre a bordocampo, sempre al Maradona, lo scorso 7 settembre: era entrato in campo col Liverpool al posto di Osimhen, aveva segnato dopo soli 3 minuti dal suo esordio in Champions, si era accasciato in lacrime sul prato dopo aver baciato quel tatuaggio. Poi, durante le interviste post partita, aveva seguito da lontano le evoluzioni di Atletico Madrid-Porto: 0-0 al 90′, 2-1 per gli spagnoli al fischio finale. Quella volta si era lasciato scappare un “Vamos, carajo!”, “E dai, c….!”, pieno di gioia. Sostituita, questa volta, da quel lampo di delusione. Un attimo, poi lo sguardo è tornato fiero, pieno di orgoglio, perché “anche papà sarà contento per la partita che ho fatto”.
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