N’drangheta, sequestrato l’impero dei tre fratelli Perri: ville, Ferrari e il centro commerciale più grande della Calabria

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CATANZARO – Una Ferrari, una squadra di volley e una di calcio, auto, moto e ville di lusso, terreni che erano veri e propri feudi, ipermercati e uno dei più grandi centri commerciali della Calabria. Da una bottega di Lamezia Terme, i fratelli Francesco, Pasqualino e Marcello Perri hanno costruito un impero da 800 milioni di euro che va dallo sport alla grande distribuzione, dall’edilizia all’intermediazione finanziaria, passando per commercio, produzione alimentare e smaltimento rottami. 

Per ordine del Tribunale di Catanzaro, adesso è tutto finito sotto sequestro perché per i magistrati quelle fortune sono anche cosa dei clan. E i fratelli Perri sono “gli imprenditori di riferimento delle cosche operanti nel comprensorio lametino, in quanto asservendo le aziende di cui sono titolari agli interessi e alle esigenze dell’associazione ‘ndranghetista, sono legati a quest’ultima da un illecito accordo a prestazioni corrispettive, di reciproco e mutuo vantaggio”.

Traduzione, sono soci alla pari. E da tempo. Perché i rapporti fra i Perri e i clan sono antichi, affondano le radici negli anni Ottanta, quando il padre dei tre imprenditori, Antonio, è entrato nell’orbita delle famiglie del lametino. Per inquirenti e investigatori, è grazie a loro che ha costruito la sua fortuna. Troppo grande e repentina per non dare nell’occhio e non ingolosire altri clan, che in zona  hanno il grilletto facile. 

Perri padre è stato ucciso a colpi di pistola in un locale di sua proprietà nel 2003, pochi mesi dopo la sua bara è stata fatta sparire. Per quell’omicidio non c’è ancora un responsabile, ma per più di un pentito la firma è quella del clan Torcasio. Uno sgarbo, una minaccia e un ricatto insieme, che però non ha cambiato “gli orientamenti” di famiglia. Al contrario. 

A prendere le redini dell’impero dopo la morte del patriarca, il figlio Francesco – attualmente imputato nel processo Andromeda e ritenuto il vero dominus della galassia imprenditoriale Perri – avrebbe stretto legami ancor più solidi e coesi con gli storici rivali dei Torcasio, i Iannazzo. Anche in virtù di un debito di riconoscenza. 

Sono stati loro a permettere a Francesco di recuperare la bara del padre. “L’ingresso dei Iannazzo nelle attività della famiglia Perri – dice il pentito Giovanni Governa – è stato successivo alla morte di Antonio Perri, alla sottrazione della bara avvenuta tra la fine del 2004 e gli inizi del 2005, e al recupero della salma, avvenuto nel 2008, in cui i Iannazzo ebbero un ruolo determinante”. 

Pur di recuperare quelle spoglie, i Iannazzo, raccontano i collaboratori, hanno persino puntato i piedi e bloccato ogni trattativa di pace per l’ennesima volta in corso fra i litigiosi clan del lametino. “Avevano posto come condizione un vero e proprio vincolo. Non avrebbero partecipato a nessun accordo con le altre famiglie sino a che non fosse stata restituita la bara dell’imprenditore” ha messo a verbale il pentito Giuseppe Giampà. 

Da allora, secondo i magistrati della procura antimafia di Catanzaro, diretta da Nicola Gratteri, il clan sarebbe entrato a pieno titolo nelle società del gruppo, incassando anche il 30 per cento degli utili macinati dal centro commerciale “Due Mari”. E dall’indagine minuziosa della Finanza, salta fuori che nei supermercati di Perri ci lavorano parenti e amici dei Iannazzo, sempre loro forniscono latte, frutta e altri generi alimentari, c’è sempre uno di loro o sponsorizzato da loro nella compagine societaria delle mille ditte che orbitano nella galassia Perri. 

In cambio, l’imprenditore avrebbe avuto a disposizione un vero e proprio esercito mafioso privato, a cui ha chiesto persino di gambizzare il fratello. Una punizione – raccontano i pentiti – per il fiume di denaro dilapidato con un’esistenza da viveur, come per la decisione di uscire da una serie di società di famiglia, ovviamente dietro cospicuo indennizzo. 

Una pretesa – ha confermato Marcello Perri ai magistrati – che il fratello non gli ha perdonato. “Tutti questi fatti lo hanno sicuramente indotto a rivolgersi alla criminalità organizzata per compiere l’azione di fuoco nei miei confronti” si legge in quel verbale. Ma la violenza militare del clan serviva soprattutto per incutere terrore a qualsiasi imprenditore che si azzardasse ad aprire un’attività troppo vicina e troppo simile a quella dei Perri. Come Eurospin, che a dispetto di intenzioni e investimenti,  è stata obbligata a non aprire nel lametino. 

Elementi in parte già emersi nel procedimento Andromeda, che  già in passato era costato alla famiglia il sequestro del 90 per cento del patrimonio, poi restituito dal Tribunale del Riesame. Adesso il procedimento è diverso, ad avallare la misura è la sezione Misure di prevenzione del Tribunale sulla base di nuove e approfondite indagini della Finanza, che numeri alla mano hanno dimostrato come dietro l’impero dei Perri si stagli netta l’ombra dei clan senza i quali la spaventosa crescita non sarebbe mai stata possibile. Il loro è un patrimonio immenso. Ai giudici sono state necessarie tredici pagine per elencare tutti i beni da mettere sotto sequestro. 

Nel dettaglio si tratta di 22 complessi aziendali, incluso il centro commerciale “Due Mari”, 19 ipermercati, attività di commercio di autoveicoli e di rivendita di motocicli e ciclomotori, attività operanti nei settori della costruzione di edifici residenziali e non residenziali, società di intermediazione finanziaria, di recupero e riciclaggio di cascami e rottami metallici, di produzione di gelati, di gestione di impianti polivalenti e locazioni immobiliari; partecipazioni in 34 società attive nei settori della grande distribuzione alimentare, rivendita di autovetture, ottica, commercio al dettaglio di generi alimentari, ristorazione, immobiliare, ed anche 26 fabbricati fra cui 2 ville di lusso; 42 terreni; 19 autoveicoli tra i quali una Ferrari; 4 motoveicoli di lusso; una ditta individuale, operante nel settore della ristorazione; tutti i rapporti bancari intestati o riconducibili ai Perri e ai loro familiari. Adesso passa tutto in mano agli amministratori giudiziari, che fin da oggi – ha fatto sapere il tribunale – garantiranno l’apertura di tutte le attività, a partire dal centro commerciale.

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