Nel covo di Messina Denaro: la calamita “Il padrino sono io”, il poster di un leone e la Vucciria di Guttuso

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Era ormai un’ossessione, essere il capo dei capi di Cosa nostra. In cucina aveva sistemato pure dei gadget sul frigorifero: “Il padrino sono io”. In salone, Matteo Messina Denaro aveva invece appeso due poster, con Marlon Brando e Al Pacino, nelle magnifiche interprezioni del “Padrino”, il film che appassionava anche un altro capomafia, Bernardo Provenzano, tanto da farlo correre al cinema negli anni Novanta, nonostante la latitanza. Ora, la casa di via Cb 31, dove i carabinieri del Ros non hanno mai smesso di lavorare dopo l’arresto di lunedì, racconta la testa del superlatitante che aveva già trasformato Cosa nostra dopo le stragi del 1992-1993. In salone, aveva anche il poster di un leone, simbolo molto caro a Totò Riina, il punto di riferimento di Messina Denaro. E poi quello di una pantera con la bava alla bocca.

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Il capomafia arrestato lunedì dopo 29 anni di latitanza non aveva rinunciato al suo ruolo di capo e di simbolo della nuova mafia. Lo raccontano soprattutto gli appunti ritrovati sulla scrivania. E poi il suo telefono, che è pieno di messaggi vocali: sono i pizzini 2.0. Messina Denaro si sentiva sicuro a Campobello di Mazara, cuore della provinvia trapanese. E non era per nulla preoccupato del suo stato di salute. Il leone, la pantera e il padrino sono il segno che continuava a fare affari. Dentro una sua gabbia mentale, in cui c’era spazio anche per uno dei simboli più belli della Sicilia: la Vucciria di Renato Guttuso. C’era anche questo poster accanto a Marlon Brando nell’interpretazione del Padrino. Perchè la primula rossa di Castelvetrano non ha mai rinunciato al suo ricatto sulla Sicilia, che riteneva terra di conquista. Era l’idea di Totò Riina. Quella di costruire un regno della mafia. Impossessandosi anche della bellezza che esprime la terra di Guttuso. Ma l’ultimo padrino delle stragi, l’ultimo dei Corleonesi, non c’è riuscito.

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