Nel governo Draghi c’è Franco in pole all’Economia, Salvini punta all’Agrigoltura

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ROMA — Uno strano intruglio di ambizioni dissimulate e potenziali delusioni: c’è un’aria frizzante, nei partiti. Si avvicina il giorno della lista dei ministri del governo Draghi e continuano a circolare i nomi dei papabili. Non perché il premier incaricato si sbilanci, anzi: solo la figura di Daniele Franco sembra blindata per l’Economia e quella di Marta Cartabia per la Giustizia. Il resto è un puzzle ancora tutto da comporre.

Il Movimento è epicentro di un pesante braccio di ferro. Luigi Di Maio punta agli Esteri, pare aver avuto la meglio su Giuseppe Conte, ma deve sopportare un problema: Matteo Salvini continua a sostenere in giro che se entra il grillino, allora lui pretenderà di fare lo stesso. Di più: ambirebbe alla Difesa o all’Agricoltura. Nel Carroccio, in realtà, svetta in queste ore Giancarlo Giorgetti, che è in rapporti stretti con Draghi e che potrebbe rivestire il ruolo di responsabile dello Sviluppo economico o delle Infrastrutture. Circola pure l’ipotesi di Erika Stefani, che punterebbe agli Affari regionali.

Anche Nicola Zingaretti è seriamente tentato di chiedere l’ingresso in squadra, consapevole però che la scelta non è del tutto nelle sue mani. Peggio: se dovesse decidere di diventare ministro, aiuterebbe paradossalmente la battaglia di Salvini per guidare un dicastero. Impossibile o quasi sostenere questo scenario, per il Pd, che è già alle prese con i suoi problemi interni. Nella sede del partito i nomi in lizza aumentano di ora in ora. Alcuni sindaci premono per schierare il presidente dell’Anci Antonio Decaro, mentre si fa spazio anche il nome di Graziano Delrio. Ma in pole, si sa, ci sono innanzitutto i capi corrente: Andrea Orlando, Dario Franceschini e Lorenzo Guerini. Quest’ultimo, in alternativa alla Difesa dove circola anche l’ipotesi di Vincenzo Camporini – già comandante dello Stato maggiore dell’Aeronautica e della Difesa – potrebbe essere dirottato alla delega ai Servizi. Se poi al Nazareno venisse sfilato il ministero dell’Economia, come sembra probabile, allora potrebbe partire la richiesta del ministero dello Sviluppo economico o dell’Interno. Il Viminale, però, fa parte della “quota Draghi”, vale a dire di quei dicasteri che il premier potrebbe sottrarre allo scontro politico.

Anche i centristi provano a ottenere uno spazio, con Carlo Calenda o Benedetto Della Vedova. Nessuno, però, può dirsi sicuro di farcela, anche perché non si conosce il numero esatto di politici che l’ex presidente della Bce potrebbe eventualmente coinvolgere, né ancora è certo che lo faccia davvero.
Si agitano molti, come detto. Se dovesse passare lo schema di un esecutivo tecnico, ad esempio, pensa di potersi giocare delle chance un “non politico” come Gaetano Manfredi, ministro uscente dell’Università, dove però potrebbe finire la rettrice della Sapienza, Antonella Polimeni. E anche nel Movimento c’è fermento. Tre ministre 5S cercano la riconferma: Paola Pisano, Fabiana Dadone e, nonostante le polemiche che hanno accompagnato il suo lavoro, Lucia Azzolina. Una sfida, per quest’ultima, ai limiti dell’impossibile.

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